Sul CORRIERE della SERA di oggi, 24/05/2011, a pag.42, con il titolo " Se antisemitismo fa rima con islamofobia", Luigi Manconi e Tobia Zevi affrontano i due temi in un pezzo che trasuda ambiguità. Nell'ansia di apparire 'politicamente corretto' l'articolo paragona due atteggiamenti che poco hanno in comune. Non ci dilunghiamo sulle cause dell'antisemitismo, essendo un argomento che IC affronta da sempre e che nulla ha a che vedere con l'islamofobia, che ha basi ben diverse, causate al 99% dei casi dalla diffusione del fondamentalismo islamico. Che l'Europa, e il mondo intero, siano sotto attacco non è una invenzione degli 'islamofobi', ma un progetto che soltanto i cieci, o gli sciocchi, possono negare. O sottovalutare, come sta facendo l'Europa, tranne poche, rare eccezioni.
Manconi e Zevi fanno un'insalata mista degli ultimi avvenimenti, nel tentativo di occultarne il pericolo, ignorando che gli ebrei della diaspora si sono sempre assimiliati nei paesi nei quali vivono, le sinagoghe non sono mai state centri di terrorismo, nessun ebreo ha mai predicato la ebraizzazione del mondo. Ritenere che l'islam vada interpretato sulla linea dell'ebraismo è una forzatura tipica del pensiero debole, che ha come capofila in Italia quel Gianni Vattimo che tre anni fa sosteneva, tra le altre diffamazioni di Israele, che era ora di tornare a leggere i " Protocolli dei Savi di Sion".
Ecco l'articolo:

L a provvisoria vittoria dell’America di Obama su Al Qaeda, celebrata nell’immenso cantiere di Ground Zero, non può cancellare i molti detriti di quella tragedia tuttora presenti nelle società occidentali. Anche sotto la forma antica dell’ansia da complotto e del sospetto verso i possibili autori. A partire dalla fobia antisemita: gli ebrei si sarebbero tenuti lontani dalle Torri Gemelle in quel fatidico undici settembre, perché informati dell’attacco, se non coinvolti in esso. Da quel giorno, poi, l’islamofobia si è nutrita della minaccia del terrorismo, della confusione tra straniero e musulmano, della presunta i n a d a t t a b i l i t à (meglio: inconciliabilità) dell’Islam rispetto ai costumi occidentali. Quella data fornisce dunque una suggestione importante: anti-semitismo e anti-islamismo, diversi per storia e contenuto, hanno molti punti di contatto. Un sentimento che ha attraversato tragicamente la storia europea e un’ostilità che negli ultimi anni ha preso quota con particolare veemenza e capacità di diffusione. Secondo una ricerca recente, commissionata dal comitato torinese «Passatopresente» (discussa lunedì 16 maggio alla Camera dei deputati, tra gli altri da Gianfranco Fini e Adriano Prosperi), la sovrapposizione tra i due fenomeni all’interno della società italiana risulta tanto intensa da apparire sorprendente. Sono le stesse persone a provare avversione, più o meno accentuata, verso ebrei e musulmani, una maggioranza di intervistati che si riconosce in alcuni connotati specifici (etnocentrismo, autoritarismo, sfiducia). L’islamofobia sembra oggi più capillare e radicata dell’antisemitismo, sempre più concentrato su Israele e sul conflitto israelo-palestinese che non sugli stereotipi classici dell’antigiudaismo europeo e cristiano. Le due pulsioni sono trasversali agli orientamenti politici: anche a sinistra è fortissima la diffidenza nei confronti dei musulmani, mentre a destra non manca una fetta consistente che si dichiara favorevole allo Stato d’Israele, ma che rivela tracce preoccupanti di antisemitismo. Si evidenziano, inoltre, alcuni meccanismi comuni. Sia l’Islam sia l’ebraismo godono di una simpatia maggiore rispetto ai singoli membri delle due comunità, il che contraddice l’ipotesi ottimista per la quale il pregiudizio va sradicato moltiplicando le occasioni di incontro. Non sempre è così. Peraltro, la parte più consistente del campione intervistato è persino favorevole alla costruzione delle moschee, bersaglio di molta agitazione xenofoba. La maggioranza degli italiani ritiene che le due tradizioni siano state importanti nella costruzione dell’identità europea, ma crede che i due gruppi siano tendenzialmente chiusi (pertanto disponibili al complotto) e conservatori, poco affidabili sul piano della lealtà nazionale, sfruttatori della loro condizione di vittime, e ne teme la dimensione non stanziale. Tutto ciò induce a una breve considerazione politica. La destra, che tende a blandire l’ostilità nei confronti di stranieri e musulmani, si trova oggi a dover «sorvegliare» un sentimento talmente diffuso da rivelarsi non più solamente incivile, ma addirittura pericoloso, nel momento in cui l’afflusso straordinario di persone dal Nord Africa deve essere comunque gestito. Ma anche la sinistra deve fare i conti con quel fenomeno: sebbene l’insieme degli elettori la consideri meno affidabile nell’affrontare il tema dell’immigrazione, la maggioranza di chi sceglie quella parte politica coltiva un pregiudizio radicato nei confronti dei musulmani (e, per altro verso, di Israele). Un bel grattacapo per tutti.
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