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Giorgia Greco
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Jacques Chessex, Un ebreo come esempio 23/05/2011

Un ebreo come esempio              Jacques Chessex
Traduzione di Maurizio Ferrara
Fazi                                                           euro 14

La storia è vera, succede a Payerne, in Svizzera, il paese natale di Jacques Chessex, nell’aprile del 1942, quando lui aveva otto anni. In qualche maniera condiziona la sua visione del mondo e ci fa pensare, per forza, a come saranno segnati i bambini che vivono in paesi in guerra e che assistono a tante atrocità. Le immagini dell’Egitto, della Libia, di Israele si sovrappongono a quelle dell’Europa “messa a ferro e fuoco dalla guerra di Adolf Hitler. Payerne è un grosso borgo del cantone di Vaud, agitato da oscure influenze…Rurale, facoltosa, la città borghese vuole ignorare il recente crollo delle sue industrie e la gente, ridotta in miseria, cinquecento disoccupati che vi risiedono sui cinquemila abitanti originari… Malcontento, povertà, stupri, ubriachezza,accuse ostinate”. Di chi la colpa? Dei pezzi grossi. Ebrei parassiti, piovre,succhiatori di sangue; il colmo è che si arricchiscano a spese di chi li ospita. In Germania l’hanno capito da un pezzo, predica il pastore Philippe Lugrin. E’ un antisemita convinto, tiene comizi tra i disoccupati, i piccoli contadini rovinati nei caffè, nelle piazze, perché la chiesa l’ha allontanato dalla sua parrocchia. A finanziarlo ci pensa la legazione tedesca. Il pubblico ascolta i suoi comizi, capisce che bisogna sbarazzarsi della genia responsabile di tante umiliazioni. Tra i seguaci di Lugrin c’è Ischi, il garagista del villaggio, sogna di diventare il capo della sezione locale del partito nazista. Chessex mette in contrasto le pensate deliranti di questi e altri personaggi violenti e ottusi col paesaggio, producendo un effetto straniante. E fa male anche la descrizione di Joseph Bloch, l’ebreo retto, onesto, buon padre di famiglia, grassoccio, abitudinario, esemplare nel trattare gli affari. E’ il “capro espiatorio” perfetto: se la sua “esecuzione” viene accettata dalla gente, si potrà farli fuori tutti quei luridi porci. La polizia indaga sulla scomparsa di Bloch. Ischi confessa e anche i suoi complici, sicuri che i tedeschi stiano per arrivare a occupare la Svizzera. Lugrin, più astuto, ripara in Germania. La vedova di Bloch fa scrivere sulla lapide “Gott Weiss Warum”, Dio sa perché. “Parole che dicono ironicamente la sua fiducia e la sua sfiducia nelle decisioni dell’altissimo. E che l’oscurità domina”. Nel 1967 Chessex riconosce per caso Lugrin a Losanna. “Lei crede, giovanotto, di potermi intimidire con una storia vecchia?... Crede di farmi vergognare con la storia di quell’ebreo? Ho un unico rimpianto, badi bene. E’ non averne indicati altri ai miei amici. Ai miei amici, capito?” Il Foglio


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