Gerusalemme non può sacrificarsi in nome di una pace impossibile 21/05/2011
Libero-Angelo Pezzana:"Gerusalemme non può sacrificarsi in nome di una pace impossibile"
Oggi a Sderot, domani su tutta Israele ?
Che Barack Obama abbia pronunciato il discorso sbagliato non deve stupire, ci saremmo semmai dovuti meravigliare del contrario. Da quando guida l’impero americano l’unico risultato positivo che è riuscito a portare a casa è l’eliminazione di Osama Bin Laden, ma se ne è preso il merito senza peraltro averne titolo, essendo stata l’operazione chirurgica opera di ben altri dottori. Per il resto è un fallimento dopo l’altro. La Casa Bianca è stata assente quando le piazze iraniane si sono ribellate contro la feroce dittatura dei mullah, cavandosela con ipocrite parole di incoraggiamento, con il risultato che a Teheran nulla è mutato. Sulla cosidetta ‘primavera araba’ l’atteggiamento è stato a dir poco schizofrenico, dall’abbandono di Mubarak, alleato fedele, fino ad appoggiare una ‘rivoluzione’ che, come molti avevano previsto, sta conducendo l’Egitto nelle mani dell’islam fondamentalista. Tra Gheddafi di Libia e Assad di Siria, la scelta è stata di appoggiare la caduta del primo mentre sul secondo, invece di bombe, sono caduti inviti alla moderazione, facesse stragi un po’ più contenute, quasi una supplica. Che Assad sia nella regione mediorientale il vassallo di Ahmadinejad non preoccupa l’inquilino della Casa Bianca, meno ancora che attraverso la Siria passi il traffico di armi che riforniscono Hamas e Hezbollah, visto che ritiene sufficienti gli ammonimenti in stile Piazza San Pietro. Poteva dunque non applicare a Israele la politica del doppio standard, dei due pesi-due misure ? Ad Obama va riconosciuta, nell’errore, la coerenza. Sin dal suo primo discorso, quello del Cairo, nel quale rese esplicita la sua sottomissione all’islam – era mancata solo la genuflessione – non ha fatto altro che ripetersi, arrivando adesso a sconfessare gli impegni verso Israele sottoscritti dai suoi predecessori. Mentre George W.Bush scatenava una guerra per disarcionare Saddam Hussein, nel tentativo generoso di credere che fosse possibile creare un governo arabo democratico, o almeno tentarne l’esperimento, Obama si propone l’opposto, ignora il pericolo rappresentato dal regime di Hamas a Gaza, evita di dare fastidio ad Assad in Siria, si disinteressa del Libano, dove è Hezbollah a dare gli ordini, continua a credere che il futuro stato palestinese sarà pacifico e smilitarizzato, quando è ormai chiaro a tutti che l’Anp si adeguerà agli ordini di Hamas, e ripropone, quale soluzione, il ritorno ai confini di prima della guerra dei sei giorni. Obama non è un presidente ignorante, qualche libro di storia mediorientale l’avrà pur letto, se questa è la strada che indicherà a Bibi Netanyahu si prepari ad affrontare un alleato che non ha nessuna intenzione di sottostare a un diktat che significa la fine del proprio paese. In tutti i conflitti internazionali, a una tregua sono seguiti gli accordi di pace, nei quali il compromesso si basava sulla condivisione di nuovi confini. E’ quello che Israele cerca invano da anni, era il progetto di Arik Sharon, che aveva deciso nel 2005 l’uscita da Gaza, senza chiedere alcuna contropartita, nella speranza che il suo gesto portasse ad un accordo definitivo per i territori della Cisgiordania. Sappiamo come è andata a finire. Israele, non importa quali forze politiche siano al governo, ha messo definitivamente fine all’illusione che la pace si raggiunga attraverso la perdita di territori indispensabili per la sicurezza dell’intero paese. Se lo Stato ebraico è oggi l’unica oasi democratica in una regione governata da dittature, l’una peggio dell’altra, questo lo si deve al fatto che gli israeliani hanno imparato che delegare ad altri il loro futuro è la strada maestra verso il suicidio. Obama non si faccia illusioni, Israele è sempre disponibile a sedersi la tavolo della pace, ma non rinuncerà mai a mettere in discussione la propria sicurezza. Dal 1948 ad oggi, ventitremila vite di giovani soldati sono state sacrificate per impedire una seconda Shoà, anche questa volta nella pressochè totale indifferenza dell’Occidente, mista, va detto, a complicità. Gli stati islamici imparino i valori democratici, quelle società ne avranno da guadagnare, e la smettano, come invece continuano a volere, di cercare la fine di Israele. Riconoscano Israele come lo Stato degli ebrei, perchè se è vero che la pace si fa con i nemici, è impossibile farla con chi ha come obiettivo finale la tua distruzione. Obama ripensi alla storia di Davide e Golia, la ambienti a Washington, e ne tragga le debite conclusioni.