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Il Giornale Rassegna Stampa
21.05.2011 Islam in Europa: l'opinione di Daniel Goldhagen
Nell'intervista di Matteo Sacchi

Testata: Il Giornale
Data: 21 maggio 2011
Pagina: 29
Autore: Matteo Sacchi
Titolo: «L'arrivo dell'islam in Europa ? Un pericolo»

Sul GIORNALE di oggi, 21/05/2011, a pag.29, con il titolo "L'arrivo dell'islam in Europa ? Un pericolo" Matteo Sacchi intervista lo storico Daniel Goldhagen.


Daniel Goldhagen

Daniel Jonah Goldha­gen (Boston, 1959) è uno dei più noti storici americani. Già profes­sore associato di scienze politi­che e studi sociali alla Harvard University, lavora ora al Minda de Gunzburg Center for Europe­an Studies della stessa università. Ha ottenuto fama internazionale per due libri particolarmente po­lemici sulla Shoah: I volonterosi carnefici di Hitler (Mondadori 1997), che è diventato un bestsel­ler in tutto il mondo, e Una que­stione morale (Mondadori 2003) che ha suscitato un forte dibattito con gli ambienti cattolici. Que­st’anno è in Italia al festival éSto­ria dove parlerà di politica e geno­cidi, quel mix che lui definisce «Peggio della guerra».
Professor Goldhagen il suo li­bro più famoso in Europa è
I volenterosi seguaci di Hitler .
Come mai lei si è dedicato a stu­diare il complesso rapporto

tra i comuni cittadini del Reich e la «soluzione finale»?

«All’inizio volevo studiare le vi­te di chi aveva perpetrato diretta­mente l’Olocausto, perché per quanto possa sembrare incredibi­le, la maggior parte dei ricercatori di storia ha ignorato questo tipo di ricerca. Ma compiendo questo tipo di studio ho riscontrato che, al di là dei più comuni miti relativi all’Olocausto,il numero dei tede­s­chi che parteciparono al genoci­dio era molto alto nell’ordine di diverse centinaia di migliaia. E la maggior parte non erano SS ma cittadini comuni. Molti dei quali non solo uccisero ma furono terri­bilmente
sadici...».
Cos’è secondo lei che spinge persone normali ad accettare l’idea di uno sterminio?

«Il dato comune a tutti i genoci­di è l’esistenza di credenze diffu­se in un popolo che lo spingano a credere che determinati altri indi­vidui siano un fondamentale ostacolo al benessere o, più fre­quentemente, addirittura che sia­no una minaccia nascosta e sub­dola. Questi pregiudizi sono tipi­ci, in fondo molto comuni in una società. Il problema è quando vengono fomentati dalla politica. Quando qualcuno inizia a sugge­rire l’idea dell’eliminazione, del­l’espulsione, dell’imprigiona­mento... Quando ciò accade i poli­tici si accorgono che utilizzando questi argomenti otttengono fa­cilmente una mobilitazione di massa, insomma trovano un nu­mero enorme di volenterosi».

Hannah Arendt ha parlato di
«banalità del male». È questa la base della violenza di massa di dittature come quella nazista o quella comunista?
«No, questa è una nozione che la Arendt si è inventata basandosi sul falso presupposto che Adolf Ei­chmann fosse semplicemente un burocrate esecutore di ordini. Non lo era, Eichmann credeva che sterminare gli ebrei fosse un atto eroico. Perpetrare un genoci­dio non è mai qualcosa fatto da persone che non abbiano esatta­mente idea di quello che stanno facendo. Per fare un genocidio bi­sogna essere dei veri credenti».

Nel suo libro
Worse than War
lei ha studiato il ruolo dei geno­cidi nel nostro recente passa­to. Perché nel Novecento il ge­nocidio è diventato uno stru­mento
politico?
«Negli ultimi cento anni molta più gente è stata uccisa nei genoci­di che du­rante le operazioni mili­tari convenzionali. Parliamo pro­babilmente di più di cento milio­ni di persone. Ma sono dati su cui non riflettiamo quasi mai, sono virtualmente sconosciuti, non ci pensiamo mai. Sono fatti politici, non eruzioni vulcaniche, e se vo­lessimo potremmo prevenirle».

Secondo lei esistono rischi di genocidio?Vede crescere nuo­vi movimenti antisemiti?

«C’è stata un’enorme crescita dell’antisemitismo negli ultimi vent’anni, in Europa e in giro per il mondo. Ma di certo il fenome­no più rilevante è rappresentato dall’antisemitismo simil-nazista che si è sviluppato nei paesi arabi
e nelle nazioni islamiche, un anti­semitismo che ora viene reimpor­tato in Europa...».
Pensa che l’odio per Israele crei in medioriente una frattu­ra politica insanabile?

«In quei paesi gli Israeliani e gli ebrei vengono dipinti con le stes­se immagini demonologiche che possono essere trovate nel reper­torio della Germania nazista. Ad esempio Hamas attribuisce agli israeliani la responsabilità prati­camente di tutti i conflitti del glo­bo ».

Le migrazioni di massa in Euro­pa potrebbero portarci a nuo­vi conflitti etnici e rinforzare i sentimenti anti semiti?

«Sicuramente la crescita della popolazione islamica in Europa ha riportato nel continente un nuovo e intenso antisemitismo, anche se questo sentimento ha le sue robuste radici europee... E en­trambi questi fatti sono un infa­mia per i governi europei contem­poranei che non hanno detto la verità sul ritorno di questo pregiu­dizio mortale sui loro territori, suonano l’allarme, e proteggen­do a sufficienza i loro cittadini.

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