sabato 21 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
21.05.2011 Bibi sfida Obama, i confini del '67 sono indifendibili
La cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 21 maggio 2011
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Duro confronto alla Casa Bianca»

Oggi, 21/05/2011, tutti i giornali ospitano cronache dell'incontro di ieri tra Bibi Netanyahu a Barack Obama a Washington. Scegliamo dalla STAMPA il pezzo di Maurizio Molinari, dal titolo " Duro confronto alla Casa Bianca ", a pag. 1/9, completo e accurato, che rende bene l'idea dell'atmosfera che l'ha contraddistinto.
Eccolo:


Pochi sorrisi                                 Maurizio Molinari

Netanyahu sfida Obama davanti al caminetto dello Studio Ovale in un summit durato un’ora più del previsto.
Al termine dell’incontro i due leader ammettono di avere delle «differenze fra amici» pur rinnovando «l’indistruttibile alleanza».

Già in volo verso Washington, il premier israeliano aveva replicato al riferimento ai «confini del 1967» fatto il giorno prima da Obama definendolo «la dimostrazione che a Washington non comprendono la realtà con cui abbiamo a che fare». Arrivato alla Casa Bianca, Netanyahu ha ribadito il rifiuto di negoziare i confini del nuovo Stato palestinese partendo da quelli precedenti alla Guerra dei Sei Giorni. Il disaccordo non avrebbe potuto essere più evidente e se il colloquio è durato assai più a lungo passando per la cancellazione di un ipotizzato documento congiunto - è perché entrambi hanno tentato di smussare le differenze. Ecco perché, mentre il colloquio faccia a faccia era in corso, i portavoce della Casa Bianca gettavano acqua sul fuoco definendo i due leader «phone buddies», amici che si parlano al telefono «più spesso di quanto non si creda».

Quando le porte dello Studio Ovale si sono aperte entrambi avevano il volto teso ma si sforzavano di sorridere. È stato Obama il primo a parlare sottolineando le convergenze sul «momento di opportunità» dovuto alle rivolte arabe, sui pericoli che vengono da Siria e Iran come sulla richiesta all’Autorità palestinese di «dare risposte chiare sul patto con Hamas, un’organizzazione terroristica che non riconosce Israele». «Condividiamo l’obiettivo ultimo della pace in Medio Oriente, due Stati in pace e sicurezza uno a fianco all’altro» ha aggiunto Obama, ammettendo però «l’esistenza di differenze come avviene fra amici» e ribadendo l’impegno a perseguire una «giusta pace che consenta a Israele di essere sicura».

A illustrare lo spessore delle «differenze» è stato l’ospite israeliano che dopo aver ringraziato Obama per la «calorosa accoglienza» ed espresso condivisione per «il discorso importante sulla democrazia in Medio Oriente» ha ripetuto in pubblico quanto 30 ore prima aveva detto in privato a Hillary Clinton: «Per durare la pace deve essere fondata sulla realtà e Israele non può tornare indietro sulle linee del 1967 perché sono indifendibili e per i cambiamenti democratici che sono intervenuti» senza contare che «abbiamo bisogno di una presenza militare di lungo termine nella Valle del Giordano» contro il rischio di invasioni «visto che la nostra profondità strategica è inferiore alla lunghezza di alcune strade di Washington».

Contraddire il Presidente degli Stati Uniti nello Studio Ovale, in diretta tv ed a un giorno di distanza dal discorso al Dipartimento di Stato dà lo spessore dell’intenzione di Netanyahu che martedì parlerà al Congresso - di trattare di persona con Obama i singoli aspetti del negoziato, sviscerando subito i disaccordi. A confermarlo c’è il finale della dichiarazione di Netanyahu, che mette sul piatto la questione dei profughi sebbene il giorno prima Obama avesse suggerito di «rimandarla assieme a Gerusalemme trattandosi di temi emotivi». Anziché rimandarla, Netanyahu ha detto: «I palestinesi devono prendere atto che la questione dei rifugiati sarà risolta nell’ambito del loro nuovo Stato» perché «nel 1948 vi furono due emergenze profughi e l’altra, quella degli ebrei cacciati dai Paesi arabi in numero quasi uguale, è stata assorbita da noi». E ad Abu Mazen, leader dell’Anp, manda a dire: «Devi scegliere se fare la pace con noi o con Hamas».

 Per inviare alla Stampa la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.


direttore@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT