L'Iran sfrutta la guerra in Libia per pianificare un attacco a Israele analisi di Pio Pompa
Testata: Il Foglio Data: 18 maggio 2011 Pagina: 3 Autore: Pio Pompa Titolo: «Così il disastro libico sta aiutando il piano jihadista dell’Iran»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 18/05/2011, a pag. 3, l'articolo di Pio Pompa dal titolo " Così il disastro libico sta aiutando il piano jihadista dell’Iran ".
Pio Pompa, la 'soluzione finale' di Ahmadinejad
La Repubblica islamica d’Iran è ormai convinta di essere a una svolta cruciale nel suo disegno di potere in medio oriente, che passa attraverso l’annientamento dello stato d’Israele, e gli accadimenti di questi giorni, complice l’occidente, sembrano darle ragione. Questa consapevolezza ha tratto forma e sostanza da una attenta analisi della crisi libica divenuta, per Teheran, il “nakba” (disastro) dei promotori della guerra “umanitaria”e delle Nazioni Unite, che ne hanno sostenuto l’iniziativa. La doppia morale, che ha posto su due discrimini oggettivamente diversi il regime libico e quelli iraniano e siriano, fornendo a quest’ultimi una sorta di immunità, ha definitivamente sancito il disastro politico e tattico-strategico della missione internazionale “umanitaria”, e con essa delle speranze riposte nella primavera araba. In Siria l’annuncio di un mandato di cattura internazionale per il colonnello libico Muammar Gheddafi (assieme a suo figlio e a un fedelissimo del regime), mentre Bashar el Assad appare intoccabile, ha inferto un duro colpo al morale dei rivoltosi e di tutti coloro che, in Iran e in altri paesi mediorientali, avevano fatto affidamento ancora una volta sui proclami e sulle iniziative della comunità internazionale e dei suoi organismi. A ciò va aggiunto lo scetticismo e la superficialità, mostrati dalla coalizione che partecipa all’operazione “Unified Protector”, sul concreto profilarsi di una nuova guerra contro Israele, preceduta da sollevazioni jihadiste e da attentati terroristici, promossa dall’Iran attraverso il braccio armato di Hezbollah, Hamas e il neocostituito esercito dei “mercenari del jihad”composto da reduci, soprattutto dei conflitti iracheno e afghano, reclutati e retribuiti da alcune organizzazione non governative iraniane. L’aggressione concentrica subita da Israele domenica scorsa, nel giorno del disastro palestinese, il “nakba day”, non è che il primo atto dell’affondo iraniano nel cuore del medio oriente. La sua intelligence è attualmente impegnata su tre livelli nella preparazione del nuovo conflitto contro Israele. Primo: raccolta di manovalanza jihadista palestinese, siriana e libanese per mantenere sotto pressione l’esercito israeliano a Gaza, nell’intera Cisgiordania e lungo i confini siriano e libanese. Secondo: supervisione e coordinamento strategico- operativo di Hezbollah, Hamas e dei “mercenari del jihad”. Terzo: organizzazione di attentati terroristici avvalendosi di una struttura centralizzata e segretissima, dislocata in Iran, dove vengono indottrinati e addestrati kamikaze ed esperti di esplosivi. Persistere nella sottovalutazione di un simile scenario significa abdicare totalmente al regime iraniano, alle sue mire di potenza nucleare, finendo con il porre in ragione di causa ed effetto il “nakba” della missione internazionale in Libia con quello predisposto dal quartetto Iran, Siria, Hezbollah e Hamas per Israele.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante