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Le contraddizioni dei palestinesi 17/05/2011

copia di e-mail inviata a Francesca Paci in merito al suo articolo sulla STAMPA (si veda IC di ieri)

 Gli scrittori palestinesi, da autentici pacifisti desiderosi del dialogo, hanno adottato, come simbolo, una carta della Palestina che comprende anche tutta Israele, con in sovrapposizione una penna ed un fucile. Ma andiamo oltre. Lo scrittore palestinese Samih al-Qasim è venuto a Torino, ospite acclamato del Salone del libro. Nell'intervista pubblicata da La Stampa egli dice testualmente: «Mi risulta per esempio che la democrazia americana odi due cose: il razzismo e i neri. Mi piacerebbe sperimentare una democrazia non discriminatoria che non distingua bianchi/neri, ebrei/arabi, arabi/berberi, ma valga per tutti». A questo punto una domanda si impone: al presidente dello Stato di Palestina che rifiuta la presenza, nel suo stato, degli ebrei, anche se solo facessero parte delle truppe di interposizione, che cosa direbbe il nostro scrittore? Forse che il suo presidente non sa che cosa sia la democrazia? Ma se poi, nel corso della stessa intervista il nostro dice ancora: «Il problema demografico esiste, alla lunga Israele sparirà comunque. Penso che sarebbe più conveniente per tutti superare il razzismo. Ma alla fine vanno bene anche due Stati lungo i confini del '67: Hamas e Fatah hanno accettato.. Israele che aspetta?», io avrei voglia di rispondergli: Israele aspetta che tra i palestinesi si incominci a pensare che Israele non deve sparire. Solo questo. E credo che sia molto più semplice da capire che non le sue parole menzognere secondo le quali Hamas avrebbe accettato i confini (?) del '67. Che cosa ci sarebbe dall'altra parte di questi confini, una volta sparito Israele?
Emanuel Segre Amar


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