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Ugo Volli
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I poveri 'profughi' e la loro logica 16/05/2011

I poveri 'profughi' e la loro logica



Cari amici, avrete letto, probabilmente, degli incidenti provocati da masse di sedicenti "profughi palestinesi", organizzati da vari regimi e movimenti terroristi (il governo siriano, Hamas, Hezbollah, l'Autorità Palestinese, Fatah) che ieri hanno cercato di "rivendicare i loro diritti storici" premendo sulle frontiere israeliane e in qualche caso sfondandole. Se non l'avete fatto, ne troverete certamente informazione sulla rassegna di Informazione Corretta, per cui non insisto sui fatti.

Una riflessione però ci vuole. C'è una cosa in comune fra queste manifestazioni, la flottiglia dell'anno scorso e quella che si prepara, i missili da Gaza, il rapimento di Gilad Shalit, la strage della famiglia Fogel, l'assassinio del ragazzo sullo scuolabus del mese scorso e infiniti altri atti terroristi, indietro fino alla strage degli atleti israeliani a Monaco, i dirottamenti aerei e la strage della strada costiera, quella in cui furono ammazzati una trentina di passeggeri innocenti di un autobus compresi molti bambini, che viene continuamente celebrata dall'Autorità palestinese come un eroico atto patriottico. Sono gesti molto eterogenei, condotti motivazioni dichiarate più o meno diverse, con mezzi diversissimi, da svariate organizzazioni. Ma hanno un elemento in comune, anzi due, che i commentatori e i politici occidentali non sempre capiscono.

Il primo è questo,  ovvio ma importante, tanto che bisogna sottolinearlo. Le vittime sono sempre ebrei. Quando in una di queste azioni i terroristi hanno modo di scegliere, per esempio nel dirottamento dell'Achille Lauro del 1985 (http://www.focusonisrael.org/2008/04/14/dirottamento-achille-lauro-7-ottobre-1985/) in cui fu ucciso un anziano ebreo americano handicappato, o nei dirottamenti aerei, negli attentati a Roma ecc., i terroristi hanno cura di cercare di ammazzare solo ebrei.  Selezionano, come facevano i nazisti ad Auschwitz. Qualche volta sbagliano e ammazzano una cristiana "che non c'entra" come è accaduto il mese scorso con la bomba alla stazione degli autobus a Gerusalemme. Ma il loro obiettivo non sono gli israeliani (per esempio non gli arabo-israeliani e non i drusi, che pure fanno il servizio militare): sono gli ebrei. Bella sfida per chi ha l'ipocrisia di distinguere fra antisionismo e antisemitismo.

Il secondo è che tutti implicano una violazione di frontiere, confini, domicili, quartieri. I terroristi non incontrano di solito le loro vittime nelle zone che controllano. Non ci sono ebrei a Gaza, in Libano, in Siria – se ne sono andati. Quando hanno tirato una bomba a Roma e hanno ammazzato un bambino piccolo, sono andati a farlo davanti alla sinagoga, nella vecchia zona del ghetto. Shalit lo hanno rapito in territorio israeliano, i Fogel sono andati a cercarli dietro le barriere purtroppo insufficienti che dovevano difendere Itamar. L'ultima variante (la flottiglia, queste manifestazioni di massa) sfruttano sapientemente l'effetto mediatico di folle "disarmate" (in realtà non tanto disarmate, l'abbiamo visto), che sfidano i confini e i limiti stabiliti da Israele. Il quale ha due scelte: o li ferma, e allora per i media aggredisce dei civili inermi, o non li ferma e non solo apre una strada per i terroristi, ma rinuncia alla sua sovranità.

Resta questa violazione dei confini, questo sfondamento delle porte. Vi ricorda qualcosa? A me sì, i rastrellamenti nazisti, i pogrom, le violenze dell'Inquisizione e del Papato. I nemici degli ebrei non si sono mai accontentati di rinchiuderli, per evitare il loro pericoloso contatto, e di lasciarli vivere la loro vita nel piccolo ghetto in cui erano confinati. No, li andavano a cercare, casa per casa. Nel peggiore dei casi li prendevano per ammazzarli sul posto o nei campi, nel "migliore" si limitavano a rapire i loro figli, come nel caso Mortara. Lasciare qualcuno in pace (in inglese si dice "lasciarlo solo", let him alone) vuol dire accettarlo, in un certo senso riconoscerlo e comunque farlo vivere. Quel che mostrano le invasioni di ieri, e tanti altri gesti di questo tipo è che, se anche Israele fosse ridotto alle linee armistiziali del '49 ("i confini del '67, come dicono loro), la sostanza del problema non cambierebbe. Le masse di invasori organizzate dal regime siriano non volevano andare a "Ramallah occupata", ma a "Yaffo occupata", cioè a Tel Aviv, per rivendicarne la proprietà. Non c'è scambio di terra contro pace che regga, gli arabi antisemiti che si definiscono palestinesi, anche se per caso hanno avuto solo un bisnonno nato nell'attuale territorio israeliano e immigrato anche lui ci verranno comunque a cercare come facevano i nazisti. E non ci lasceranno mai vivere in pace, se non li sconfiggeremo di nuovo nella prossima guerra. E magari in quelle che seguiranno ancora.

Ugo Volli


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