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Ugo Volli
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Elezioni 15/05/2011

Elezioni



Cari amici, mentre leggete queste righe, probabilmente siete già andati a votare, o state per andarci – o magari avete deciso di astenervi. Fatti vostri. Anche se qualcuno si è dato da fare negli ultimi anni per convincervi che viviamo alla vigilia della marcia su Roma, o magari già nella Germania del '34, sono abbastanza sicuro che siete andati a votare (o non ci siete andati) abbastanza tranquillamente, non avete dovuto preoccuparvi della vostra incolumità mentre impugnavate la matita e facevate il fatidico segno sulla scheda. Essere per un candidato o per l'altro non aumentava le vostre chances, inesistenti, di essere impiccati, torturati, anche solo molestati. 

Volevate eleggere un sindaco o cercare di mandarne a casa un altro, appoggiare un certo consigliere comunale, magari cercare di silurare il governo nazionale e l'avete fatto senza disturbo alcuno, salvo magari un po' di coda. Non sapete se il vostro desiderio si avvererà, ma questo è proprio il bello. Certamente il vostro potere non è assoluto, dipende dalla struttura dell'offerta politica (che però può essere liberamente modificata da chiunque, come mostrano i numerosi partiti e partitini sorti negli ultimi vent'anni). E dipende da tutti gli altri che compiono lo stesso gesto, con intenzioni simili alle vostre, o anche diverse e magari opposte. Il risultato è statistico, il voto del genio conta nell'urna come quello dell'imbecille – ed è giusto così: si contano le teste in massa per non tagliarle.

Perché vi faccio questa predica, vi chiederete. Be', la ragione è semplice. Il voto è importante, tanto più se diventa una cosa banale. Insieme a poche altre caratteristiche di funzionamento (le garanzie individuali, l'impossibilità di usare la giustizia a fini persecutori, la libertà di stampa, di riunione e di associazione ecc.) costituisce la democrazia. La nostra è accettabile, ce n'è altre un po' migliori, o un po' peggiori, ma la differenza fra sistemi democratici non si può proprio riassumere nei gesti di questa giornata: la libertà di scelta, la sicurezza di poterla fare, l'influenza reale del voto, la sua imprevedibilità.

Bene, riflettete ora dove questo rito avviene in maniera più o meno analoga: in Europa, in Australia, nell'America del Nord, in buona parte di quella centrale (non a Cuba, ormai neppure in Venezuela...), in un paio di paesi dell'Africa, in qualche parte dell'Asia (India, Giappone, Corea del Sud, Indonesia, in parte in Turchia). Non nei paesi comunisti, ex- e post- questo è più o meno evidente. Certamente avviene alla stessa nostra maniera in Israele. Rivoluzioni o non rivoluzioni, non c'è un singolo paese del mondo arabo in cui i cittadini possano davvero decidere chi li governerà (neppure nel Libano, ormai, che sembrava avviato su quella strada). Comandano capi religiosi (Iran), comitati militari (Egitto, Algeria), re e loro famiglie (Giordania, Marocco, Arabia), consorterie religiose (Iraq), dittatori sanguinari (Siria, Yemen). Eccetera.

Lo sapevate già? Certamente, è noto. Israele è la sola democrazia in quell'area immensa che va dalla Spagna all'India, dalla Grecia al Sudafrica. Ma vale la pena di pensarci, è importante. Magari anche di pensarci scegliendo il vostro candidato sindaco. La democrazia è un bene prezioso, raro. Come l'amore funziona solo se lo si cura, lo si protegge, lo si ama. C'è bisogno di solidarietà. Ricordatevene: bisogna tutelare la democrazia israeliana, per non avere al suo posto un'altra dittatura islamica dove il voto, se proprio si pratica, è solo un pretesto per il gioco dei tre bussolotti.

Ugo Volli


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