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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
15.05.2011 Perchè le reazioni degli Usa davanti alla repressione di Assad sono tiepide
Moises Naim elenca cinque motivazioni, ma ne dimentica una

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 15 maggio 2011
Pagina: 9
Autore: Moises Naim
Titolo: «Perché l'Occidente non attacca Damasco»

Riportiamo dal SOLE 24 ORE di ogg, 15/05/2011, a pag. 9, l'articolo di Moises Naim dal titolo "Perché l'Occidente non attacca Damasco".


Moises Naim                  Bashar al Assad

Alle motivazioni elencate da Moises Naim, ne manca una. Per la presidenza Obama che aveva fatto di tutto per sdoganare la dittatura di Assad (riaprendo persino l'ambasciata in Siria) è difficile tornare sui propri passi senza rimetterci la faccia.
Ecco l'articolo:

Come spiegare il fatto che Stati Uniti ed Europa stanno bombardando Tripoli con i missili e Damasco con le parole? Perché tanto impegno nel rimuovere il tiranno libico dal potere e tanta cautela con l'altrettanto crudele collega siriano? Cominciamo dalla risposta più comune, e più sbagliata: a causa del petrolio. La Libia ne possiede molto e la Siria no. Pertanto, secondo tale spiegazione, il vero obiettivo dell'aggressione militare contro la Libia è costituita dai campi petroliferi. Il problema di questa risposta è che, in termini di accesso fidato al petrolio libico, Gheddafi era una scommessa più che sicura per l'Occidente rispetto alla situazione caotica e incerta provocata da questa guerra. Le imprese petrolifere occidentali lavoravano molto bene con Gheddafi: non avevano bisogno di cambiare nulla. Un secondo e comune modo di rispondere alla domanda è denunciando l'ipocrisia statunitense: Washington ci ha abituati a due pesi e due misure e alle sue contraddittorie relazioni internazionali. Nemmeno questa è una risposta molto utile poiché non ci aiuta a intendere la causa di tali contraddizioni.

Che cosa protegge allora il carnefice di Damasco da un trattamento come quello che si sta infliggendo al suo gemello libico? Le ragioni umanitarie che giustificarono l'attacco, che appoggiai, contro Gheddafi sono altrettanto o più valide nel caso della Siria. La brutalità genocida della famiglia Assad è tanto sorprendente quanto il coraggio suicida dei siriani. Da due mesi scendono in strada ad affrontare carri armati e pallottole senza altre armi se non il desiderio di cambiamento. Li massacrano, li torturano, imprigionano i loro familiari e malgrado questo... continuano le proteste. Seppure le città sono devastate dalle atrocità dei militari e delle milizie civili (le temute shabia) e dichiarate dal Governo «in situazione di calma» e «sotto controllo», le persone continuano a scendere in strada a protestare. E continuano a massacrarle. Nel frattempo, la reazione degli Stati Uniti e dell'Europa è, a dir poco, anemica. Di nuovo: perché?

Primo: perché la Siria è militarmente più forte della Libia. Le forze armate della Siria sono fra le più numerose, meglio equipaggiate e addestrate del Medio Oriente. Possiede inoltre armi chimiche e biologiche e le sue forze paramilitari sono fra le tredici più grandi al mondo. Questo non era il caso dei militari libici i quali Gheddafi manteneva frammentati e non molto ben attrezzati.

Secondo: la fatica. La Libia ha saziato il poco appetito che avanzava agli Stati Uniti per entrare in guerre che non fossero motivate da chiare minacce ai propri interessi vitali. I dissidenti siriani pagano le conseguenze delle lunghe e costose guerre degli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq e dell'incursione in Libia. Il sostegno militare di Washington a cause remote sarà d'ora in poi più limitato e selettivo. E per quanto riguarda le guerre, senza Washington l'Europa non esiste. Quindi gli eroici dissidenti siriani si ritrovano molto soli.

Terzo: i vicini. La Libia confina da un lato con l'Egitto e dall'altro con la Tunisia: i gioielli della primavera araba. La Siria confina con Libano, Israele, Iraq, Giordania e Turchia. Non serve aggiungere altro.

Quarto: gli alleati. Gheddafi non ha alleati e perfino i suoi figli volevano rimuoverlo dal potere. Con una decisione senza precedenti, la Lega Araba ha sostenuto l'intervento contro di lui. Invece, Bashar Assad ha alleati potenti dentro e fuori la regione, cominciando dall'Iran. E quindi Hezbollah e Hamas. Non è nemmeno chiaro se Benjamin Netanyahu e il Governo israeliano preferirebbero una transizione caotica in Siria o lasciare gli Assad al potere. Persino la rivista Vogue è stata attratta da questa famiglia e ha dedicato un glorioso servizio ad Asma Assad: «La più fresca e magnetica delle first lady... con i suoi occhi e capelli castani, collo lungo e grazia energizzante». È difficile bombardare qualcuno del genere.

Quinto: non abbiamo nessuno da sostenere e non sappiano chi siano. Tempo fa due alti funzionari della Casa Bianca dichiararono che la debole risposta del proprio Governo in merito agli eventi siriani è in parte dovuta alla mancanza di interlocutori validi nell'opposizione. Non sanno con chi parlare. Un altro alto funzionario statunitense, che ha preteso l'anonimato, mi sottolineò che la caduta nel caos del regime siriano e le uccisioni sarebbero molto peggiori di quanto lo sono state in altri Paesi arabi in cui è avvenuta una transizione.

Forse è così. Ma non pare che i siriani se ne siano resi conto. Loro continuano a scendere in strada a reclamare la libertà, a qualunque costo.

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