Che sia uno ‘scontro di civiltà’?
di Zvi Mazel
(Traduzione di Laura Camis de Fonseca)
Zvi Mazel
Dove sono il sollievo e la gioia nel mondo arabo ed islamico per la fine di Bin Laden? Per anni autorevoli esponenti dell’Islam in tutto il mondo ci hanno detto che l’Islam è religione di pace e di tolleranza, che Bin Laden ed i suoi imitatori sono colpevoli di distorcere il vero messaggio coranico di giustizia e carità per i deboli ed i poveri. Ci saremmo aspettati che folle entusiaste - dal Pakistan al Marocco - mostrassero la loro soddisfazione ora che gli Stati Uniti le hanno liberate da chi ha provocato la morte di decine di migliaia di persone, per la maggior parte di fede islamica, e ha inferto un colpo quasi mortale a quello che si presenta come l’Islam moderato sulla scena mondiale.
Invece c’è stato uno strano silenzio pieno di orrore e dolore, non soddisfazione. Con qualche eccezione. Il Libano si è espresso in modo positivo, e così ha fatto Salam Fayyad a nome dell’Autorità Palestinese. L’agenzia di stampa dell’Arabia Saudita ha emesso un comunicato ufficiale che auspica che l’eliminazione di Bin Laden sia un passo avanti nella guerra contro il terrorismo. L’Egitto non ha fatto commenti: chiaro segno che i nazionalisti che attualmente detengono il potere mirano a ricostituire un fronte arabo unito sul modello di quello di Nasser. Più loquaci sono state le organizzazioni islamiche. A Gaza Hamas ha definito Bin Laden ‘ santo guerriero dell’Islam’; il capo del gruppo meridionale del Movimento Islamico in Israele, Ibrahim Sarsour, ha dichiarato che l’uccisione di Bin Laden è stata fatta per favorire la rielezione di Obama. Decine di organizzazioni jihadiste in tutto il mondo hanno promesso di vendicare il loro martire.
In realtà non c’è da stupirsi. C’ è una frattura profonda fra l’Islam e l’Occidente, quella stessa frattura che Samuel Huntington ha ben illustrato nei suoi articoli e nel suo libro sullo scontro di civiltà e le guerre di religione.
Dalle notizie giornalistiche si rileva che le operazioni terroristiche di Bin Laden e di organizzazioni che seguono il suo esempio hanno ucciso più di diecimila persone: uomini, donne e bambini. Circa 3000 persone l’11 settembre negli Stati Uniti, altre centinaia a Madrid, Londra, Mumbai (India); ma molti attacchi terroristi hanno avuto luogo in paesi musulmani come l’Iraq, il Pakistan, l’Afghanistan, e anche a Istanbul, a Jerba in Tunisia, a Bali in Indonesia, in Marocco e altrove. A questo cumulo di sangue occorre aggiungere i milioni di persone uccise in nome dell’Islam nel sud del Sudan, in Darfur, in Algeria, India, Pakistan e Bangladesh. Ma ben pochi seguaci dell’Islam sono pronti a riconoscere la realtà. E’ molto più facile sostenere che gli attacchi terroristici sono la risposta legittima alla guerra che l’Occidente fa all’Islam, oppure che alla radice delle infelici condizioni del mondo arabo e della sua violenza c’è il conflitto fra palestinesi e israeliani.
Un miliardo e duecento milioni di persone vivono in un mondo islamico che non conosce democrazia. Dittature, corruzione, povertà estrema, analfabetismo e disoccupazione non lasciano spazio al progresso. Vediamo le masse iniziare a ribellarsi contro i governanti, senza per ora avvicinarsi alla democrazia. I vecchi demoni dell’Islam radicale e nazionalista sono all’opera per rivolgere le rivoluzioni a proprio favore. Non abbiamo ancora visto il rafforzamento delle forze liberali nei paesi islamici ed arabi. Il cammino sarò ancora molto, molto lungo, prima che sorgano nuovi regimi basati sulla libertà di opinione, il rispetto dei diritti della persona, l’uguaglianza delle donne e la fine della discriminazione contro le minoranze.
Alla base del problema c’è l’educazione. Ai bambini di questi paesi viene insegnato fin dall’infanzia che l’Islam è superiore alle altre religioni. Può esserci un po’ di rispetto per il Cristianesimo e l’Ebraismo in quanto monoteismi basati sulla rivelazione divina, ma non fino al punto di legittimare i loro adepti, dato che l’Islam è l’unica religione vera.
L’educazione islamica segue ogni studente anno per anno, instilla i suoi comandamenti, i suoi miti e soprattutto la convinzione della sua superiorità nel profondo dei cuori. Così viene metodicamente plasmata l’identità di base delle persone negli stati arabi. Il risultato finale di tale educazione è dunque la discriminazione verso le minoranze religiose ed etniche. Ma poi queste persone plasmate nella certezza della superiorità dell’Islam si trovano davanti a una realtà sgradevole: gli stati arabi sono fra i più poveri del mondo, mentre l’Occidente prospera. La contraddizione porta ad una dura crisi di identità; uno degli esiti di questa crisi è l’ardente desiderio di imporre l’Islam agli ‘infedeli’, inclusi i regimi arabi troppo secolarizzati, anche con mezzi estremamente violenti. Ecco la chiave per capire Bin Laden e la reazione d’imbarazzo del mondo arabo davanti alla sua eliminazione.
Purtroppo sarà impossibile o quasi impossibile istituire democrazie basate sulla libertà e sulla tolleranza nei paesi arabi ed islamici, finchè questi paesi non riformeranno radicalmente il loro sistema educativo. Libere elezioni possono facilmente dare il potere a estremisti islamici o nazionalisti che stabiliranno nuove dittature: libere elezioni non significano democrazia.
Zvi Mazel è stato ambasciatore in Romania,Egitto e Svezia. Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta.