Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 04/05/2011, a pag. 24, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Hamas e Fatah firmano la pace ".
Khaled Meshaal con Abu Mazen
Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere la 'Cartolina da Eurabia' di Ugo Volli pubblicata in altra pagina della rassegna
Dopo quattro anni di lacerazioni, la leadership palestinese ha voltato ieri pagina con la firma al Cairo di un accordo fra Hamas ed al Fatah che eccita la popolazione nei Territori - in vista della possibile proclamazione di uno Stato indipendente, a settembre all’Onu - mentre desta la massima apprensione in Israele.
L’accordo - fortemente voluto dalla nuova leadership in Egitto - «assesta un colpo alla pace» ha avvertito Benjamin Netanyahu che ieri ha lanciato un appello in extremis ad Abu Mazen affinché si fermi sull’orlo del baratro. Con Hamas «che vuole la distruzione di Israele e che loda perfino l’arciterrorista Bin Laden» non sarà possibile, secondo Netanyahu, lavorare a nuovi accordi fra Israele e l’Anp. Al Cairo, dove ieri sono giunti Abu Mazen e il leader di Hamas Khaled Meshal, le obiezioni israeliane sono state accantonate con fastidio e qualificate come «ingerenze inaccettabili» in questioni interne palestinesi.
Interpretando anche il nuovo spirito che anima i giovani nei Territori (il «Movimento 15 Marzo», per l’unificazione dei vertici politici) Abu Mazen e Meshal si rimboccano adesso le maniche nel tentativo certo non facile - di edificare strutture unitarie per i palestinesi della Cisgiordania e quelli di Gaza. Il nuovo governo sarà composto da tecnocrati illustri, senza alcuna affiliazione politica. In primo luogo esso dovrà organizzare entro 12 mesi elezioni presidenziali, politiche e per il rinnovamento del Parlamento in esilio (Pnc).
Il governo dovrà poi trovare un’intesa per l’ingresso nell’Olp di Hamas, un movimento che negando il diritto alla esistenza di Israele non può sentirsi vincolato dagli accordi di Oslo del 1993. Un’altra questione spinosa è legata alla necessaria fusione degli apparati di sicurezza dell’Anp (addestrati e seguiti dagli Usa) e quelli di Hamas (un mini-esercito che si avvale dell’esperienza degli Hezbollah libanesi e che è dotato anche di armi iraniane).
Ieri Netanyahu è partito per la Gran Bretagna e la Francia per chiarire, fra l’altro, che Israele non vedrà un partner nel nuovo esecutivo palestinese fintanto che esso riconoscerà lo Stato ebraico, rispetterà gli impegni internazionali dell’Anp e ripudierà la violenza. Fra gli impegni dell’Anp, dice Israele, vi è lo smantellamento delle «infrastrutture terroristiche». Tradotto in termini pratici, Netanyahu esige che a Gaza il nuovo governo palestinese distrugga i bunker dei razzi e dei missili di Hamas.
In attesa di ulteriori chiarimenti, Israele ha già sospeso unilateralmente il trasferimento a Ramallah di tasse e dazi raccolti a favore dell’Anp. «Un vero atto di pirateria finanziaria» ha protestato un consigliere di Abu Mazen, mentre in Cisgiordania migliaia di funzionari restano adesso in attesa del versamento dei loro stipendi. Le casse del premier uscente Fayad sembrano quasi vuote.
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