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Libero Rassegna Stampa
30.04.2011 Marocco: una strage contro le riforme del re
Andrea Morigi intervista Souad Sbai

Testata: Libero
Data: 30 aprile 2011
Pagina: 13
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «La bomba di Marrakesh è contro le riforme del re»

Sull'attentato di Marrakesh, pubblichiamo da LIBERO di oggi, 30/04/2011, a pag.13, l'intervista di Andrea Morigi a Souad Sbai  dal titolo: "La bomba di Marrakesh è contro le riforme del re":


Quel che resta del ristorante                  Re Mohammaed VI


Si cerca ancora una spiegazione per l’attentato che giovedì a Marrakesh ha ucciso 15 persone. Certo, «è stato devastante per la prossima stagione turistica», sostiene Souad Sbai, parlamentare del PdL che in Marocco ha la sua terra d’origine, «ed è evidente che chi ha colpito sapeva bene cosa faceva, visto che l’Argana si affaccia sulla piazza centrale di Marrakesh e l’in - cubo terrorismo poteva così espandersi facilmente su tutto il territorio nazionale. Però non ci si può fermare qui». Negli altri Paesi del Mediterraneo, il terrorismo non ha colpito, infatti. Perché proprio il Marocco è diventato un bersaglio? «Per stroncare sul nascere ogni tentativo di riforma, ecco l’obiettivo vero, visto che il movimento riformista con in testa il Re stesso sta efficacemente percorrendo una strada di cambiamento che il mondo arabo non ha mai conosciuto. L’approvazione della rinnovata Moudawana, il codice del diritto di famiglia che vede grandi aperture, la decisione di Mohamed VI di delegare a breve tutti i poteri al primo ministro, realizzando quindi una riforma in senso costituzionale. Tutto questo evidentemente fa paura». A chi? «Venerdì scorso sono scese in piazza tre milioni di persone, pacificamente. Ed è dal 20 febbraio scorso che le dimostrazioni proseguono, nonostante vi sia l’abitudine nel Paese a manifestare. E molti vogliono andare oltre le riforme e cambiare gli assetti di governo». Sospetta che si tratti di una strategia della tensione? «Sottolineo che il Re esige molta chiarezza sull’attentato. Mi ha colpito la sua volontà decisa di conoscere la verità. La mia personale ipotesi è che si tratti di una strage di natura politica». Quindi escluderebbe la pista del terrorismo islamico? «Beh, nella regione sono praticamente tutti musulmani. E di certo è un atto di terrorismo. Detto questo, dietro la strage potrebbe esserci una mano straniera. Un attentato del genere non ha senso se parliamo dell’estremismo». Non crede alla pista di al Qaeda? «Potrebbe essere al Qaeda come una mano straniera. Tuttavia i salafiti non hanno interesse ad attaccare il Marocco, quanto a lavorare dietro le quinte. Non sappiamo chi sia stato, ma i fondamentalisti stanno vincendo un po’ dappertut - to, come per esempio i Fratelli Musulmani in Egitto e in Tunisia, ma anche in Libia e nello Yemen. Anche loro però hanno ripudiato la violenza. Quindi potrebbe anche trattarsi soltanto di un atto criminale ». Siamo nel quadro della guerra civile fra musulmani? «Diciamo che potrebbe essere opera di qualcuno che da fuori pensa di bloccare o al contrario di velocizzare le manifestazioni». Come influirà la strage? «Dall’esplosione la situazione è cambiata. Sono già in molti ad esprimere dubbi sulle manifestazioni. Ora si manifesterà contro il terrorismo. E sicuramente vi saranno maggiori controlli, come s’im - pone quando vi è una minaccia alla sicurezza. A partire dal 20 febbraio scorso, invece, stavano emergendo forze popolari nuove. Ma proprio mentre il terrorismo attacca e fastrage, il movimento moderato, che è patrimonio della stragrande maggioranza della gente, deve emergere con forza e approntare le difese affinché il fanatismo non faccia il passo decisivo, la penetrazione negli strati sociali, nelle masse, sfruttando la paura e il timore che il cambiamento porti solo morte e distruzione». È pessimista? «No, ma occorre essere attenti, perché la via delle riforme è tracciata e ben avviata ormai e questo atto vile altro non fa che consolidare la convinzione che solo con radici democratiche forti, che stanno già maturando, il Marocco potrà crescere e onorare sempre più la sua tradizione millenaria di “giardino del mondo”, culla di saggezza e di progresso all’interno di un mondo arabo sempre più scosso da enigmatici moti di rivolta».

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