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Libero Rassegna Stampa
28.04.2011 Terrorismo islamico, a Milano uno dei centri più pericolosi
Cronaca e intervista a Padre Samir di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 28 aprile 2011
Pagina: 10
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «Il centro islamico di Milano è il più pericoloso d’Europa - Il vero rischio sono i convertiti»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 28/04/2011, a pag. 10, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo " Il centro islamico di Milano è il più pericoloso d’Europa " e la sua intervista a padre Samir dal titolo " Il vero rischio sono i convertiti ", preceduta dal nostro commento.
Ecco i pezzi:

Andrea Morigi : " Il centro islamico di Milano è il più pericoloso d’Europa"


Andrea Morigi

Dieci luoghi al mondo rappresentano i punti caldi del terrorismo islamico. È una lista, diffusa da Wikileaks, in cui il Pentagono inserisce anche il centro culturale islamico di viale Jenner, a Milano. Più che una moschea, è il punto di riferimento di svariate reti del terrore che si sono succedute nel tempo, a partire dal gruppo del tunisino Essid Sami Ben Khemais, il veterano afgano - a cui fanno riferimento esplicito i Gitmo papers - che agiva con il Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento per finire con il libico Mohamed Game, l’aspirante attentatore suicida che si lanciò contro al caserma Santa Barbara di Milano nell’ottobre del 2010. E, a Guantanamo, sono stati detenuti molti terroristi in contatto con i frequentatori del luogo di preghiera milanese, tra i quali Ridah Bin Saleh Al Yazid, Adel Ben Mabrouk e Lufti Bin Ali. Dal Dipartimento del Tesoro statunitense, il centro di viale Jenner era stato definito «la stazione principale di al Qaeda in Europa», utilizzata per «facilitare il movimento di armi, uomini e denaro in giro per il mondo». Nell’elenco, pubblicato dal New York Times, denominato Matrix of Threat Indicators for Enemy Combatants, in pratica un termometro che segnava il livello di pericolo relativo a ogni singolo detenuto del carcere statunitense di Guantanamo, compaiono anche altri luoghi dove si sono svolte le attività più efficaci di reclutamento di Al Qaeda. Tra questi l’Università islamica Abu Bakr e la moschea Makki di Karachi, in Pakistan; la moschea Al Khair di Sanaa, nello Yemen; l’Isti - tuto Dimaj, sempre nello Yemen; la moschea londinese di Finsbury Park e il Club Four Feathers Youth, nel Regno ::: LA LISTA IN ITALIA Per il Pentagono sono dieci i punti caldi del terrorismo islamico mondiale. Tra questi il centro islamico milanese di viale Jenner. NEL MONDO Gli altri sono l’Università islamica Abu Bakr e la moschea Makki di Karachi (Pakistan); la moschea Al Khair di Sanaa e l’Istituto Dimaj (Yemen); la moschea londinese di Finsbury Park e il Club Four Feathers Youth (Regno Unito); la moschea Laennec a Lione (Francia); la moschea Al Sunnah Al Nabawiah di Montreal (Canada) e la moschea Wazir Akbar Khan di Kabul (Afghanistan). Unito; la moschea Laennec, a Lione, in Francia; la moschea Al Sunnah Al Nabawiah di Montreal, in Canada e infine la moschea afgana Wazir Akbar Khan, a Kabul. Sono oltre 700 documenti pieni di informazioni «classificate », secondo il portavoce delle Forze Armate Usa Geoff Morrell e l’ambasciatore americano incaricato della chiusura di Guantanamo, Daniel Fried. Entrambi lamentano la fuga di notizie, che comprende le schede di numerosi detenuti e i relativi interrogatori, temendo un loro utilizzo da parte dei legali dei carcerati che saranno processati nella prigione cubana. Si tratta di documenti riservati, precisano, che non potranno essere sfruttati per mettere a punto le loro linee di difesa. Emergono tuttavia anche numerosi particolari sugli obiettivi e le strategie di attacco di al Qaeda, intenzionata a colpire gli Stati Uniti anche dopo gli attentati dell’11 settembre 2001. A dirlo, sono gli stessi terroristi, bloccati prima di portare a termine il progetto e condotti a Guantanamo. Si trattava della cellula che faceva capo a Khaled Sheikh Mohammed, la mente degli attacchi all’America. Nei loro piani, era previsto l’utilizzo di armi di distruzione di massa. Uno di essi, Saifoullah Paratcha (un uomo d'affari di 63 anni tra gli attuali 172 detenuti di Guantanamo), pensava a come far entrare negli Usa del plastico nascosto fra indumenti per donne e bambini. In viale Jenner, ai tempi, non si progettava ancora la presentazione di una lista per le elezioni comunali di Milano. E nemmeno l’appoggio elettorale al candidato Giuliano Pisapia.

Andrea Morigi : " Il vero rischio sono i convertiti "


Samir Khalil Samir

Nel 2005, Padre Samir parlava della nascita di Israele come di una 'profonda ingiustizia' (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=6&sez=120&id=14865).  Lo pensa ancora ?
Ecco l'intervista:
 

Sembra utopistico auspicare che gli immigrati in Europa «non distruggano la cultura esistente, ma contribuiscano alla sua evoluzione integrando ciò che ècompatibile con essa, che è fondamentalmente costituita dalla cultura cristiana, quella dei diritti dell’uomo, della laicità come separazione dei diversi ambiti, e dei principi della Rivoluzione Francese». A esprimersi così è padre Samir Khalil Samir, gesuita egiziano, in Islam e Occidente. Le sfide della coabitazione (trad. ital., Lindau, pagg. 256 , 22 euro), che sintetizza così, conversando con Line Pillet, il suo pensiero su un’integrazione autentica. Da decenni, ormai, il religioso, che insegna all’Università Saint Joseph di Beirut, in Libano, si esercita nel tentativo di comporre opposti che storicamente si sono dimostrati inconciliabili, l’Illuminismo e il cristianesimo fra tutti, ma in una ricerca che rifiuta il relativismo etico e prosegue in un dialogo franco e aperto con gli interlocutori musulmani, di fronte ai quali ha il merito di non tacere quello che non gli pare condivisibile, allontanandosi così decisamente dall’irenismo di molti cattolici. Un avvertimento lo lancia anche agli occidentali:«Duesono dunquelecategorie di persone “pericolose”: da un lato gli europei convertiti e dall’altra gli imam. Questi sono davvero deleteri, non gli immigrati, che rappresentano più che altro facili vittime. Se non trovano lavoro o se finiscono in prigione verranno ben presto recuperati dagli imam radicali». Il tema centrale è il controllo dell’immigrazione: «Uno dei problemi dell’Europa, e su questo insisto, consiste nel non sapere come controllare questi imam prima del loro arrivo nel paese. Mi chiedo perché l’Euro - pa non pratichi controlli più severi», visto che«tutti,nel mondomusulmano,sanno che proprio gli imam sono persone a rischio, poiché esercitano un’autorità incontestabile su molti musulmani e poiché si sono formati nelle tradizioni islamiche più radicali». Questonon gli impedisce di individuare una convergenza con i musulmani, cioè «una formula nota ripresa da santa Giovanna d’Arco: “Messer Dio è il primo servito”. L’islam concorda pienamente su questa idea: il rispetto assoluto di Dio e la sua volontà prima di tutto. Il cristiano invece direbbe “la ricerca della volontà di Dio in tutte le cose prima di tutto”». Fra credenti, in effetti, è più facile il rispetto reciproco, che consente di indicare una strada a chi sta per iniziare una coabitazione con una società multiculturale: «Credo che la missione dei cristiani sia quella di fungere da intermediari, essi sono un po’ i fratelli maggiori dei musulmani e possono contribuire alla loro integrazione perché hanno vissuto tutto il processo della laicità, della secolarizzazione eccetera, ne vedono i vantaggi, ma anche i limiti». Se non bastasse, c’è tutto il magistero del prossimo beato Giovanni Paolo II, per chi intenda evitare la schizofrenia della separazione fra la fede e la vita.

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