Una testa, un voto... una volta
Marshal Mohamed Hussein Tantawi
Cari amici, che bella cosa è la democrazia, una testa, un voto, contare le teste invece di tagliarle eccetera eccetera. Per questo le rivolte arabe di questa primavera non possono non piacere, quando cercano di abbattere i tiranni, come in Siria. Ma c'è anche una versione islamica di questo principio, brillantemente applicata da Hamas, che ancora si vanta di aver raggiunto una maggioranza (in realtà era il 45%, Fatah al 41%) nelle elezioni del gennaio 2006, dunque abbondantemente ormai scadute, ma mai riconvocate per non sprecare un così bel risultato. Eccolo: una testa, un voto, una volta.
Sulla strada di questo principio si sta muovendo anche l'Egitto, come mostra un recente sondaggio, che in fondo è quasi un'elezione. Sapete qual è l'uomo più popolare oggi in Egitto? Ma naturalmente il leader della giunta militare Marshal Mohamed Hussein Tantawi, una persona totalmente sconosciuta all'estero e anche in Egitto fino a un mese fa, ma che ora ha il 90% di approvazione: miracoli del potere, si tratti del servilismo dei sondaggisti o degli egiziani. Segue quella vecchia volpe anti-israeliana del presidente della Lega Araba Amr Moussa, futuro presidente di facciata, che ottiene giustamente appena "un'idea di meno" (come dicevano le nostre nonne, l'89%: a volte il servilismo può essere anche preventivo; l'ex prsidente Hosni Mubarak è naturalmente sceso nei sondaggi come nel potere e ora raggiunge solo il 13%. La fratellanza musulmana, per parlare di cose serie, ottine il 75% dei consensi; per fare un confronto, solo il 22% approva l'influenza dell'America di Obama - che in fondo è la prima responsabile del successo della rivolta- sull'Egitto e un bell'80% ne ha un'opinione sfavorevole e il 60% non ha fiducia personale in Obama. Per finire il 54% sono favorevoli ad abrogare il trattato di pace con Israele – immaginiamo per far partire una bella guerra. (http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=217883).
Qualcuno sta iniziando ad accontentarli, perché stanotte nel Sinai c'è stato un nuovo attentato al gasdotto che porta il metano in Israele e Giordania, già chiuso per qualche settimana a febbraio in seguito a una bomba. Essendo il principale legame economico fra Egitto e Israele, l'attentato ha un impatto evidente sulle relazioni fra i due paesi (http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=218033).
E dato che vi ho seppellito di numeri, vi riporto anche i risultati più importanti di un sondaggio recente fra gli arabi israeliani. Sapete quanti fra loro, educati in scuole finanziate dallo stato ebraico, con tutti i diritti politici e sociali crede che questo stato abbia diritto ad esistere? Il 41 %, un numero più o meno pari a quelli che dall'altra parte credono che la Shoà non sia mai accaduta, il 40,5 %. (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3717323,00.html) e se volete non distante dal numero degli egiziani che NON vorrebbero abrogare il trattato di pace con Israele. Coi numeri si può giocare fin che si vuole, e quindi non insisto. Ma è chiaro che in Medio Oriente la pace è a rischio. Se ne rendono conto quelli che giocano al riconoscimento all'Onu di uno stato che non c'è e che non ha i requisiti per esistere come la Palestina?
Ugo Volli