Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 26/04/2011, a pag. 1-12, l'editoriale di Magdi C. Allam dal titolo "Il dovere di rompere l'assedio islamico".
Magdi Allam
Immaginate se un sacerdote diffondesse da un altoparlante issato sopra il campanile della chiesa il seguente appello per invitare i fedeli a prendere parte alla messa: «Testimonio che nostro Signore Gesù Cristo è l’unico vero Dio! Testimonio che il suo Vicario, il Papa, Sommo Pontefice della Santa Romana Chiesa Cattolica Apostolica, è l’unico custode della vera fede! Unitevi alla preghiera! Gesù Cristo è il nostro Signore! Non vi è altro Dio al di fuori di Gesù Cristo!». Immaginate se duemila cristiani irrompessero nello spazio antistante la Grande moschea di Roma o di Milano Segrate dopo aver forzato il posto di blocco delle forze dell’ordine e ferito cinque agenti, si mettessero a recitare il rosario con l’intenzione dichiarata di salvare le anime dei musulmani in quanto eretici, intonassero degli inni che affermano l’assolutezza della verità in Cristo e dessero alle fiamme delle bandiere islamiche con la mezzaluna. Ebbene, io non ho alcun dubbio. Tutte le Procure d’Italia interverrebbero per aprire fascicoli su fascicoli denunciando l’arbitrio di un sacerdote che, oltre a violare la quiete pubblica, diffonde dei contenuti fortemente lesivi della libertà e della pluralità d’opinione sancita dalla nostra Costituzione; così come evidenzierebbero una serie di reati perpetrati dai manifestanti cristiani, dall’assembramento e occupazione di spazio pubblico senza autorizzazione, aggressione alle forze dell’ordine, incitamento all’odio razziale nei confronti dei musulmani, offesa a un simbolo religioso. Tutto ciò è effettivamente accaduto a parti inverse, con i musulmani nel ruolo degli aggressori e noi italiani, al di là del nostro essere cristiani, credenti o praticanti, nei panni delle vittime. Ma, come era prevedibile, così come la Procura di Milano non intervenne quando il 3 gennaio 2009 gli islamici occuparono Piazza Duomo, almeno fino a questo momento la Procura di Milano- che è così solerte ad intervenire quando vuole - non ha aperto nessun fascicolo per appurare il fatto denunciato da Il Giornale nella domenica di Pasqua, 24 aprile, in un articolo dal titolo «Lo scandalo del minareto di Milano. Per la prima volta il muezzin invita alla preghiera di strada. E nessuno si indigna».
Piaccia o meno, dobbiamo prendere atto che nel nostro stato di diritto ci sono due pesi e due misure a seconda se a violare la legge siamo noi o se sono i musulmani. I fatti stanno a indicare che la certezza del diritto e della pena vale solo per noi, mentre per i musulmani vale solo la certezza di un diritto assoluto che culminanell’arbitrio e nell’illegalità senza alcuna sanzione.
Ecco perché è arrivato il momento di opporci a questa auto-discriminazione che, da un lato, ci impedisce di beneficiare del principio secondo cui «la legge è uguale per tutti » e, dall’altro, ci trasforma in vittime della schiera di magistrati, politici, banchieri, imprenditori, massoni, intellettuali che, pur di scagliarsi contro la civiltà giudaico-cristiana che esprime valori non negoziabili e certezza delle regole, finiscono per trasformarci sempre più in sudditi dell’islam qui a casa nostra.
È il momento di dire basta! Di chiedere quantomeno che i musulmani si attengano alle nostre leggi così come fanno gli ebrei, i cristiani o i buddhisti. Di esigere che le moschee operino con le stesse norme a cui sono sottoposte le sinagoghe, le chiese o qualsiasi tempio di culto eretto sul suolo italiano. Visto che la realtà delle nostre istituzioni è quella che abbiamo descritto, ebbene, è arrivato il momento di prendere noi cittadini italiani l’iniziativa, promuovendo una legge di iniziativa popolare, così come previsto dall’articolo 71, comma 2, della Costituzione, che consente ai cittadini italiani, attraverso una raccolta di almeno 50.000 firme, di presentare al Parlamento un progetto di legge, affinché questo sia poi discusso e votato.
Chiariamo subito che i principi che ci ispirano sono: 1) L’articolo 8 della Costituzione dove noi evidenziamo che «le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti», ma a condizione che «non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano ». Così come rileviamo che l’islam come religione, non avendo finora stipulato un’intesa con lo Stato per il profondo contrasto che persiste tra le associazioni islamiche, opera in un contesto di arbitrio giuridico non essendo stati definiti i rapporti con lo Stato.
2) La determinazione che qualsivoglia intesa tra lo Stato e le comunità religiose islamiche debba fondarsi sull’assoluto rispetto delle nostre leggi e delle regole fondanti della civile convivenza. Significa che le moschee devono essere delle case di vetro dove, al pari delle sinagoghe e delle chiese, si parla in italiano e si diffondono valori che ispirano alla vita, all’amore e alla pace, e dove chiunque possa entrare, sedersi, ascoltare e condividere una spiritualità comune al di là della fede diversa.
Questo non è affatto il caso dei predicatori d’odio, di violenza e di morte che si sono annidati in gran parte dei circa 900 luoghi di culto islamici presenti sul nostro territorio nazionale. Non possiamo più continuare a subire l’arbitrio degli islamici, il lassismo dei magistrati, la connivenza ideologica dei politici e degli intellettuali relativisti, laicisti, buonisti e islamicamente corretti che, odiando la civiltà giudaico- cristiana che tutela la loro vita, la loro dignità e la loro libertà, è come se odiassero se stessi. Siccome noi invece ci amiamo, non intendiamo rassegnarci.
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