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Informazione Corretta Rassegna Stampa
23.04.2011 Diffamare Tzahal, le menzogne che IL FATTO spaccia per verità
le firma Giampiero Calapà

Testata: Informazione Corretta
Data: 23 aprile 2011
Pagina: 1
Autore: La Redazione di IC
Titolo: «Le menzogne che IL FATTO spaccia per verità»

Non seguiamo abitualmente il FATTO, un quotidiano che dedica poca attenzione agli esteri. Facciamo eccezione oggi, 23/04/2011, perchè a pag.13, con il titolo " I ragazzi del muro d'Israele e le colpe dei leader palestinesi" di Giampiero Calapa, si tocca il massimo della disinformazione abbinata ad una professioonalità uguale a zero.
Calapà inizia il pezzo scrivendo di un avvenimento che non è mai esistito, la morte per asfissia causta dai gas lacrimogeni dell'esercito israeliano, di una donna palestinese durante una manifestazione dello scorso dicembre a Bil'in. Risultò immediatamente che la donna non solo non aveva partecipato alla manifestazione, ma che era morta perchè malata terminale di cancro, come testimoniò persino la famiglia.
Calapà invece scrive l'esatto opposto.
Ieri, nella rubrica dei lettori, abbiamo pubblicato una mail nella quale ci veniva chiesto di confermare se Marco Travaglio era effettivamente amico di Israele e, per questo, dissentiva dal suo sodale Michele Santoro. Abbiamo risposto che un tempo Travaglio lo era, non sapevamo se tale amicizia apparteneva al passato o esisteva ancora oggi.
Bene, oggi siamo in grado di affermare che Travaglio non ha purtroppo più alcun titolo per dichiararsi tale, visto che co-dirige un giornale che pubblica simile spazzatura.
Aprendo il link sottostante, si va ad una pagina dell' 11 gennaio 2011 di IC nella quale i fatti, quelli veri, sono raccontati:

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=38050

ecco l'articolo:

Il corteo procede verso il Muro. La punta più avanzata è appena arrivata lì  sotto quando si sente il primo boa-to. Lacrimogeni seguiti da proiettili di gomma. La manifestazione dei palestinesi del villaggio di Bil'in non ha fatto neppure in tempo a vederlo da vicino questo maledetto muro che subito è stata spezzata. La gente retrocede, gli occhi lacrimano, non si vede più nulla, pare che manchi il respiro. Folate di vento portano anche più indietro i gas dei lacrimogeni atterrati altrove. I più sfortunati restano vittime di questi lanci dei soldati israeliani. Due ambulanze della Mezzaluna rossa fanno avanti e indietro nella piccola stradina che dal promontorio scende fino al muro. Per dare assistenza immediata. Un manifestante palestinese viene colpito alla gamba, un altro alla testa. Solo pochi minuti per la medicazione sull'ambulanza per loro, poi per terra, seduti sui sassi a cercare di riprendersi. E i gas lacrimogeni sparati dall'esercito israeliano possono uccidere. E'successo lo scorso dicembre a Jawaher Abu Rahma, 36 anni. Aveva inalato troppi gas sotto il Muro, nel corteo del 31 dicembre. E' stata portata all'ospedale di Ramallah, ma niente da fare: morta per avvelenamento il giorno in cui il mondo ha festeggiato l'anno nuovo. Suo fratello Bassem era stato ucciso nel 2009, sempre durante una protesta del movimento di resistenza popolare di Bil'in.

Ieri la senzazione è stata quella di una gabbia in cui il corteo finisce per cacciarsi. Dall'altra parte c'è l'insediamento dei coloni israeliani di Modi'in iIlit, e il Muro è servito qui per dare terra alla colonia privando gli abitanti del villaggio di appezzamenti che fino a 5 annifa erano loro. L'esercito ha ordine di respingere. Basta il primo sasso tirato da un bambino palestinese di solito, ieri la reazione è¨ stata addirittura preventiva. Mentre altri militari salivano dalla destra nel corridoio così detto No man's land , usato come zona cuscinetto, accerchiando i manifestanti, partivano i primi getti degli idranti. Un liquido puzzolente che infierisce sulla testa di un corteo di trecento persone al quale hanno preso parte anche cittadini europei, soprattutto francesi e italiani. La manifestazione è ripetuta dagli abitanti del villaggio ogni venerdì. Ma una volta l'anno, in concomitanza con la chiusura della Conferenza internazionale di resistenza popolare, registra la partecipazione di un maggior numero di persone, provenienti anche dall'este-ro. Non mancano gruppi di giovani anarchici israeliani, pronti a manifestare in solidarietà  e protezione dei coetanei palestinesi. Alcuni di questi, insieme a altri palestinesi, hanno provato a forzare la No man's land, scavalcando la recinzione. Subito le camionette dell'esercito li hanno fermati, un ragazzo in- vestito in pieno si rialza per miracolo aiutato dai compagni. Poco più in là  agenti con divise diverse, scure. è la temibile polizia di frontiera, armata di tutto punto. Se intervenissero loro sarebbe una carneficina.

Fortunatamente l'occasione non si presenta. Qualche bambino continua il lancio di pietre, ma il corteo arretra, sconfitto per l'ennesima volta, fino a disperdersi. Quale futuro per una resistenza palestinese che pare non avere sbocco, proprio come nella gabbia disegnata attorno a Bil'in dal Muro? Provano a dare una risposta i giovani, tra cui molte ragazze, vent'anni o poco più, del Movimento 15 marzo. Nato per chiedere l'unità  tra Cisgiordania e Gaza, se- parate oltre che dall'occupazione anche dalla faida tra Fatah e Hamas: Questa classe dirigente palestinese non ci rappresenta minimamente, chiediamo che il Consiglio nazionale venga riformato. Sentono parlare di dichiarazione di settembre, quando l'Anp (Autorità  nazionale palestinese) dovrebbe annunciare la nascita dello Stato di Palestina, ma non ci credono: Che cosa vorrebbe dire? Una gabbia un po' più bella. La soluzione dei due Stati non ci convince. Vogliamo libertà , giustizia e uguaglianza. Propongono un rilancio della resistenza: Non parliamo di violenza o di armi, i nostri modelli sono Gandhi, Mandela e il movimento per i diritti civili degli Usa. La comunità  internazionale deve sanzionare Israele per i suoi crimini. Mentre noi dobbiamo farci forza e scendere in strada a manifestare: cosa succederebbe se 50 mila persone si ritrovassero davanti al check point di Kalandia (l'accesso a Gerusalemme, ndr)?. Le voci di Syheir, Ashira, Hurriyah, Saradat, universitari che sognano di portare anche in Palestina la primavera araba, per oggi si spengono sotto il lancio dei lacrimogeni.

per scrivere al FATTO: segreteria@ilfattoquotidiano.it


Marco Travaglio, vice direttore


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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