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Anche Stalin era un pacifista 21/04/2011

Noi che amiamo i palestinesi .

Alla morte di Stalin l’Unità, lo stesso quotidiano che ci parla di Arrigoni come un uomo di pace, titolò “ E’ morto il più grande benefattore dell’umanità” .
Le vittime dei gulag, il cui numero è dell’ordine di decine di milioni, sono ologrammi, come le vittime del terrorismo islamico.
Non hanno né faccia, né nome non compaiono in nessun film. (unica eccezione il bellissimo Il Concerto).
Ma quanto dovevano odiare i russi quelli che hanno scritto questa idiozia? Se lo chiedevano anche Alexander Solgenitzkin e Natan Sharanski dal fondo dei loro gulag: ma quanto dovevano odiare i russi, la loro vita, la loro spiritualità, il loro diritto alla più elementare umanità coloro che amavano il potere che ha massacrato loro per primi nel delirio di trasformarli in una macchia di guerra? Se lo chiedevano i dissidenti, le vittime, chiunque fosse dotato di un brandello di mente oltre che di anima.
Per inciso: anche Stalin era un pacifista, il più grande dell’umanità, appunto. Una volta conquistato il mondo, grazie a un popolo ipermilitarizzato, il mondo sarebbe stato in pace. La pace del mondo passava quindi per l’asservimento dell’occidente realizzato mediante il disarmo monolaterale.
Essere pacifisti, secondo questa logica, voleva dire pretendere il disarmo monolaterale. Ogni forza militare, ogni arma, ogni proiettile dell’occidente erano definiti criminali dai pacifisti e dai moralmente superiori.
I deportati dei gulag, dei lagoi, dei tostadores, i campi di sterminio per dissidenti e omosessuali di Che Guevara, ci raccontano l’orrore di vedere pacifisti, intellettuali, moralmente superiori in coda per abbracciare i loro aguzzini, o almeno stringere loro la mano.
E tutti costoro, pacifisti, intellettuali, moralmente superiori, erano tutti individui la cui vita, il cui benessere, la cui sessualità erano al sicuro, protetti nelle loro democrazie, grazie a quelle armi che loro disprezzavano così profondamente. Noi che amiamo i gli uomini e le donne,ma soprattutto i bambini, che hanno avuto la ventura di nascere in Cisgiordania e Gaza, vorremmo per loro, come per tutti i popoli della terra, un destino di prosperità, un destino di vita, la possibilità di vivere in una cultura di vita e non di morte, una cultura dove i bambini sognano di fare il pompiere o la mamma o l’astronauta o il veterinario, non il terrorista suicida, siamo addolorati che la cultura di morte del nazismo islamico abbia ridotto queste persone al martello dell’antisemitismo mondiale. Gli israeliani sono vivi, vivono in una cultura di vita. I palestinesi sono morti viventi, che gioiscono quando i loro stessi figli diventano terroristi. Il terrorismo islamico sacrifica i propri stessi bambini.
Il mito nazifascista del bambino soldato è stato ulteriormente incrudelito. Un popolo che invita i propri bambini al terrorismo è un popolo che ha perso la propria anima.
Perché è stato ucciso Arrigoni? Perché per il nazismo islamico lui era sempre e comunque un cristiano e un occidentale, cioè un nemico a prescindere. Certamente.
Perché era allineato con l’antisemitismo di Hamas ma non con la sua omofobia? Probabile. Perché dove tutti sono pazzi c’è sempre la cellula più pazza, che ammazza anche quello che li ama ?
Certo, ma non è vero che Arrigoni amasse i palestinesi. Odiava gli israeliani certo, ma non amava i palestinesi, voleva per loro un destino di miseria e di guerra, voleva per i loro figli la morte dell’anima, un’infanzia senza sogni salvo quello di distruggere.
Se li avesse amati, avrebbe detto altro, avrebbe fatto altro. Noi che li amiamo facciamo quello che possiamo , tutto, per far tornare a casa Shalit, perché se questo succedesse, vorrebbe dire che la pace e la prosperità sono il destino più facile, se questo succedesse la terza guerra mondiale verso cui stano scivolando, una guerra che vedrà gli israeliani, certo, ma quindi anche i palestinesi come prime vittime, sarebbe scongiurata per sempre.
Silvana De Mari


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