Solo la letteratura salverà l'uomo Mario Bernardi Guardi recensisce 'Un cuore intelligente' di Alain Finkielkraut
Testata: Libero Data: 17 aprile 2011 Pagina: 28 Autore: Mario Bernardi Guardi Titolo: «Solo la letteratura ci può salvare»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 17/04/2011, a pag. 28, l'articolo di Mario Bernardi Guardi dal titolo "Solo la letteratura ci può salvare".
Alain Finkielkraut, Un cuore intelligente (ed. Adelphi)
L’uomo moderno è assediato dai barbari. Si chiamano violenza ideologica, fanatismo integralista, egualitarismo livellatore, divinizzazione della tecnologia, banalizzazione della morte, irrisione dei valori tradizionali, relativismo, pensiero debole e pensiero unico. Chi ci salverà? Dio? Il filosofo francese Alain Finkielkraut pensa che ci guardi, ma che se ne stia lontano, in silenzio. E che ci possa salvare la Storia, quella con la esse maiuscola, c’è da dubitarne, dopo i fasti e i nefasti del secolo scorso, quando, spietata, ha dominato. E allora? Allora la salvezza verrà dalla letteratura. Perché è la letteratura che può donarci «un cuore intelligente ». Così si intitola l’ultima fatica dello scrittore (Un cuore intelligente, Adelphi, pp. 224, euro 20, traduzione di Francesco Bergamasco), che ha tratto l’intuizione da Hannah Arendt, a sua volta ispirata dalla Bibbia. Un «cuore saggio e intelligente» è quello che Dio dona a Salomone, davanti alla sua preghiera. Ed è quello che tutti noi dobbiamo cercare di ridestare, reagendo all’as - salto del conformismo, dell’intolleranza e della volgarità. Destra intellettuale A questo tipo di combattimento, del resto, Finkielkraut ci è abituato. Sessantadue anni, ebreo, figlio di un deportato ad Auschwitz, docente di Filosofia e Storia delle idee alla École Polytechnique, collaboratore di Le Monde e Libération, è uno degli esponenti più vivaci di quella destra intellettuale che sfida totem e tabù della modernità, non temendo di attrarre su di sé gli strali dell’indignazione progressista. Come avvenne nel 2005, quando, di fronte alla rivolta delle banlieu, pur scavando nel disagio reale che stava dietro quell’esplosione di furore, osò l’inosabile, quanto a scorrettezza politica, perché mise in evidenza l’odio francofobo e il razzismo alla rovescia che animavano buona parte dei manifestanti. E certe cose, si sa, non si possono dire. Ma Finkielkraut, formatosi sui libri di Hannah Harendt e Simone Weil, di Martin Heidegger e di Paul Ricoeur, di Emmanuel Levinas e di Charles Peguy, dunque aperto alle più differenti (ma alla fine convergenti) suggestioni spirituali e libertarie, le dice. In nome della letteratura, che è attenzione all’uomo e a tutto ciò che avviene in lui. Dunque, all’«avvenimento come metodo supremo di conoscenza », secondo un’intui - zione condivisa da don Giussani (cfr. su Tracce del gennaio 2010 l’intervista rilasciata a Fabrizio Rossi, allorché il pensatore venne a Milano per presentare Un coeur intelligent, da poco apparso nelle Edizioni Stock/Flammarion). Ma torniamo al libro. Dunque, la salvezza - che è soprattutto conquista di uno “stile” - procede dall’incontro virtuoso di intelligenza e cuore. Infatti, l’una, lasciata a se stessa, diventa l’ossessione del funzionalismo, della ragione strumentale, della burocrazia; l’altro si abbandona alle passioni esclusive e totalizzanti, con in cima l’ideologia, che di tutte è la più funesta, soprattutto quando chiede all’intelligen za ogni possibile strumento di controllo e di repressione contro la libertà di pensare e di emozionarsi. L’orwelliano Grande Fratello docet. Gusto della ricerca E allora facciamo sì che intelligenza e cuore, insieme, esplorino la contraddittoria ricchezza dell’animo umano, affrontino il mistero del male, insegnino a porre interrogativi, a deporre ogni forma di intolleranza, a ritrovare, anche nel fondo più profondo, il senso antico di ciò che è buono e giusto, o, quanto meno, il gusto della ricerca. Impariamo l’atten - zione, ascoltiamo il cuore intelligente mentre parla e fa lievitare la nostra coscienza, lasciamoci educare. Finkielkraut sceglie nove maestri, leggendo per noi, con noi, altrettante opere che raccontano l’umana avventura e «illuminano l’esi - stenza»: Milan Kundera (Lo scherzo), Vasilij Grossman (Tutto scorre), Sebastian Haffner (Storia di un tedesco), Albert Camus (Il primo uomo), Philip Roth (La macchia umana), Joseph Conrad (Lord Jim), Fëdor Dostoevskij (Memorie del sottosuolo), Henry James (Washington Square) e Karen Blixen (Il pranzo di Babette). Sono autori diversi, ma tutti ci raccontano «la difficoltà di abitare nel mondo», vittime della storia, di noi stessi o degli altri. Uno scialo di inquietudini e pene, illusioni e disamore, con un insegnamento: tanto in un gulag quanto nel “sottosuolo” dell’anima la partita con i dèmoni è aperta. A noi giocarla, grazie a un «cuore intelligente ».
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