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La Stampa Rassegna Stampa
17.04.2011 Ecco un buon candidato per le elezioni in Usa
Alberto Simoni intervista John Bolton

Testata: La Stampa
Data: 17 aprile 2011
Pagina: 15
Autore: Alberto Simoni
Titolo: «Nessun dialogo con i capi di Gaza. Sono terroristi»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 17/04/2011, a pag. 15, l'intervista di Alberto Simoni a John Bolton dal titolo " Nessun dialogo con i capi di Gaza. Sono terroristi ".


John Bolton (a destr) con Fiamma Nirenstein e Josè Maria Aznar. Insieme hanno vinto il premio Friends of Israel (http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=115&sez=120&id=39217).
Ecco l'intervista:

Che facciamo, ora trattiamo Hamas non più come una compagine radicale solo perché il cooperante italiano è stato assassinato, forse, da presunti esponenti di un gruppo salafita? Non è una gara per vedere chi è più estremista». John Bolton, ex ambasciatore americano alle Nazioni Unite con George W. Bush e già al Dipartimento di Stato con Colin Powell dove si era guadagnato l’etichetta di «falco», scansa le distinzioni. Sembra preferire l’associazione: Gaza uguale Hamas. Quello che accade nella Striscia ricade sotto l’ombrello del movimento sorto agli albori della prima Intifada, nel 1987.

Hamas prese il potere nel 2007 promettendo fra l’altro maggior sicurezza. La garantisce ancora nella Striscia di Gaza?

«Hamas è un’organizzazione terroristica che sponsorizza e pratica la violenza contro Israele. Questa strategia ha avuto una certa forza attrattiva sulla popolazione di Gaza convinta che tutti i loro guai fossero ascrivibili allo Stato ebraico. Evidentemente non è così. Hamas resta una compagine radicale, fondamentalista islamica, magari divisa in gruppuscoli più o meno estremisti, chiamamoli pure salafiti. Ma è il suo radicalismo la causa del fallimento dell’azione di governo. Che uno straniero, che si definisce amico dei palestinesi, sia rapito e ammazzato nel cuore di Gaza City ne è una prova».

Che margini d’intesa ci sono fra Hamas e Fatah al potere invece in Cisgiordania?

«Nessuno. A meno che Fatah non decida di uniformarsi al credo di Hamas».

In cosa in particolare?

«Alla negazione dell’esistenza dello Stato ebraico. Per Hamas è un pilastro fondamentale. Ovviamente se Fatah decidesse di adeguarsi sarebbe la fine di qualsiasi processo di pace. Negoziare con Hamas è di per sé già un’idea pericolosa.

Gli Usa, pur ponendo alcune condizioni, sembrano comunque disposti ad avvicinarsi al movimento di Gaza.

«Scelta assurda, pericolosa e controproducente».

Perché?

«Cosa vogliamo, elezioni? Fino a quando ci sarà un’organizzazione terroristica che predica e semina odio, non si possono fare consultazioni democratiche e libere nei Territori».

Un segnale d’apertura sarebbe l’alleggerimento dell’embargo sulla Striscia. È una via praticabile?

«No, significherebbe solo aprire le porte ad altri fondamentalisti. Non dimentichiamo che Hamas è alleato dei Fratelli musulmani egiziani. E la fine dell’era Mubarak ha aperto scenari ancora indecifrabili e imprevedibili».

Quindi lei teorizza un proseguimento dello status quo?

«No, la situazione è insostenibile. Israele non tollererà questo clima aggressivo e di rischio per quanti vivono nei villaggi adiacenti la Striscia. Per ora si limita a proteggerli con lo scudo di Iron Dome o con altre azioni».

Nelle ultime settimane ci sono stati attentati e rappresaglie. Venti di guerra?

«Non so cosa voglia fare Israele. Ma so che farà di tutto per proteggere civili innocenti».

Il suo nome, ambasciatore Bolton, circola fra i candidati alla nomination repubblicana. C’è qualcosa di vero?

«Sto pensando seriamente a correre. Ma è una decisione difficile che ha delle conseguenze. Se lo farò è perché ritengo che Obama non presta sufficiente attenzione ai temi della sicurezza nazionale».

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