Riportiamo da SHALOM n°4 di aprile, a pag. 4, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo "Una strage che non fa notizia".
La carneficina della famiglia Fogel è passata inosservata alla maggioranza della stampa italiana. I media si sono ben guardati dal diffonderne le immagini.
di Angelo Pezzana
Niente strage, niente massacro, niente assassinio, la famiglia Fogel è stata sgozzata secondo un rituale il cui significato va al di là della condanna a morte, vuol dire 'vi uccidiamo così come si ammazzano degli animali, come noi riteniamo voi siate'.
Ugo Volli ha scritto su informazione corretta che "da millenni l'esperienza ebraica conosce da vicino a ogni generazione dolori e lutti paragonabili a quelli che hanno colpito la famiglia Fogel z.l.", ha ragione Volli, gli ebrei sono sempre, da millenni, fuori posto, hanno diritto al rispetto solo se accettano di essere sottomessi oppure nel giorno dedicato al ricordo della eliminazione più grande, la Shoà.
Al di fuori di questi parametri, non è neppure una notizia che quasi una intera famiglia sia stata sgozzata durante la notte. I giornali italiani, ma anche quelli di altri paesi, hanno dato la notizia in modo sommario, alcuni non l'hanno giudicata degna di stampa e l'hanno relegata al solo sito internet, come vergognosamente ha fatto Repubblica. Di questo fatto non bisognava scriverne, neanche parlarne, infatti nessun telegiornale ne ha dato notizia. Sarebbe rimasto un dolore privato, se non fosse accaduto un fatto radicalmente nuovo, che ha interrotto l'abituale comportamento che Israele ha sempre tenuto quando i suoi figli vengono ammazzati, mai esibirne le immagini, prima di tutto, per una forma che fino ad oggi era ritenuta equivalente al rispetto che ognuno deve portare a chi, da innocente, ha perso la vita per mano di un criminale che uccide per motivi abietti, il terrorista che toglie la vita inneggiando alla morte, l'unico valore che ha guidato la sua mano omicida.
E' nata anche un’organizzazione di volontari, Zaka, che di fronte a un attentato terroristico, nel quale corpi innocenti sono esplosi, si è data il compito di raccoglierli affinché nulla di quei poveri resti potesse essere dimenticato sul terreno. Un dolore profondo da comunicare con chi già ne condivideva lo strazio. Ma lo sgozzamento dei Fogel ha interrotto la tradizione. Con l'approvazione del governo e dei famigliari superstiti, le orribili fotografie di quei corpi immersi nel sangue sono ridiventate vere su internet, hanno fatto il giro del mondo, anche se Youtube, soltanto due ore dopo ha rimosso il video che rivelava l'accaduto. Ma quelle due ore sono state sufficienti a far esplodere in rete l'importanza di sapere, di conoscere, di far vedere, per non dimenticare nei nostri cervelli quelle gole tagliate. N Non hanno trovato spazio sui mezzi tradizionali di informazione, la maggior parte dei giornali e tutte le Tv si sono ben guardati dal diffonderne le immagini, chissà, forse i loro lettori avrebbero incominciato a chiedersi quale lotta contro l'oppressore sia mai quella che taglia la gola a Ruth e Udi, i genitori di Yoav (11 anni), Elad (4), Hadas (3 mesi), i tre figli sgozzati anche loro mentre dormivano.
Deve essere stata una scelta difficile, quella del Ministro Edelstein, dei due figli sopravvissuti, degli amici del villaggio di Itamar, rendere pubblico ciò che fino a ieri apparteneva al privato, ma se l'hanno fatto un motivo c'è, anche se non tutti lo condivideranno. Israele si trova oggi di fronte ad una guerra totalmente diversa da quelle che ha affrontato con Zahal nei decenni scorsi, il nemico che vuole cancellare Israele adotta oggi tecniche raffinate di disinformazione che sull'opinione pubblica mondiale contano più di una guerra, l'abbiamo verificato dalla seconda intifada ad oggi. Boicottaggio delle istituzioni accademiche, della cultura, dei prodotti, tutto quanto può essere etichettato come israeliano, al quale si aggiungono accuse che hanno facile presa su un pubblico in genere poco o nulla informato. 'Apartheid' è una parola che tutti conoscono, è sufficiente affiancargli qualche menzogna che diffama Israele e il gioco è riuscito. Caroline Glick ha scritto sul Jerusalem Post che "la guerra è uno sporco affare, ma che la guerra attraverso l'informazione è una ancora più sporca forma di guerra, e se non vogliamo perderla, sarà meglio che cominciamo a combatterla".
Riflettano, quelli che hanno espresso un giudizio negativo sulla pubblicità data allo sgozzamento della famiglia Fogel, sulle tecniche di delegittimazione che vengono impiegate, purtroppo con successo, contro un paese che per difendersi non può usare altre armi che quelle consentite dalla democrazia. Il mondo è come intontito da parole come pace, dialogo, e crede che si possano applicare a chiunque, perché è la convinzione che traggono dalla disinformazione che ricevono. I Fogel erano in fondo dei 'coloni', una parola che è diventata sinonimo di colpa, mentre chi gli ha tagliato la gola sembra quasi che delle motivazioni almeno comprensibili le avrà pure avute. Gli strumenti di difesa tradizionali non bastano più, è l'opinione pubblica che guida le sorti degli stati. Ignorarlo non è più possibile.
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