Ci rendiamo conto che il giornalismo coraggioso, quello che non cucina aria fritta, attorcigliato al politicamente corretto, affezionato ai buoni sentimenti che tutto nascondono, non è cibo adatto ai nostri giornaloni.
Per questo non ci ha impressionato più di tanto il pezzo di Cecilia Zecchinelli sul CORRIERE della SERA di oggi, 09/04/2011, a pag.58, dal titolo " Curdi e Cristiani, Ebrei e Berberi, essere minoranza in tempi di rivolte ". A dire il vero si potevano includere i Copti, i Curdi, gli Armeni, e chissà quanti altri, ma quello che colpisce nel ragionamento di Zecchinelli è l'attaccamento quasi morboso alla narrativa del dialogo, definitivamente scalzata dalla realtà dei fatti. Certo, i vari Pizzaballa, Cardini, e tutta la coorte che ne condivide le opinioni, non pronunceranno mai la parola proibita, per loro il terrorismo islamico non esiste, e, se esistesse, non è altro che 'resistenza' all'oppressione del colonialismo occidentale. Andando avanto così, alla cieca, ci ritroveremo entro breve a doverci porre diverse domande, piuttosto sgradevoli, e le Zecchinelli di tutto grideranno 'ma come abbiamo fatto a non accorgercene in tempo' , già, come abbiamo fatto, sentendo solo i vari Pizzaballa, Cardini, Charitas, Sant'Egidio, e compagnia cantante, così abbiamo fatto.
Ecco il pezzo:


Cecilia Zecchinelli
Dove lo slogan delle rivoluzioni si è già realizzato, in Tunisia e in Egitto. E dove «il popolo vuole la caduta del regime» è ancora un sogno. Ovunque sulla riva Sud del Mediterraneo la questione delle minoranze è esplosa, insieme alla voglia generale ed esplicita di democrazia. Dai berberi del Maghreb ai curdi del Mashreq, dai copti d’Egitto agli armeni in Turchia: etnico linguistiche o religiose che siano, le comunità minoritarie sono state e restano oppresse dai regimi, spesso ignorate dall’Occidente. Ora, con il risveglio delle società civili, anche le loro voci sono più alte. E arrivano alla riva Nord del Mare Nostrum: a Torino, nell’appassionata conferenza organizzata dal Centro italiano per la pace in Medio Oriente, rappresentanti di molte minoranze hanno confrontato percorsi di discriminazione, come quello degli arabi israeliani illustrato da Yousef Jabareen direttore del centro studi Dirasat di Nazareth, o quello dei cristiani in Medio Oriente raccontato dal Custode di Terra Santa frate Pierbattista Pizzaballa. Hanno spiegato le loro conquiste, perché qualcuna c’è stata, come la nuova solidarietà tra cristiani e musulmani egiziani uniti a pregare in piazza Tahrir, o i recenti riconoscimenti culturali di Algeri ai berberi della Kebilia. Hanno insistito tutti, pur nelle differenze, sull’obiettivo: piena cittadinanza e riconoscimento dei diritti. Non con l’assimilazione del modello francese, che nega in sostanza le differenze, né con il multiculturalismo all’inglese, che le differenze invece sottolinea. Ma con un dialogo interculturale nella democrazia. Il caso della minoranza italiana in Alto Adige è significativo, impossibile da replicare oggi altrove, e forse nella stessa Italia del 2011. Ma un esempio importante anche per l’Europa, che di minoranze ne ha molte: dalla Spagna al Belgio, dagli ebrei ai musulmani. «Nel Mediterraneo, il continente liquido come lo chiamava Braudel, non ci sono scontri di civiltà ma una Storia che ci unisce e tutti dovremmo conoscere meglio, che continua a cambiare» , ha detto lo storico Franco Cardini. «Oggi la grande sfida comune è la globalizzazione. La si vincerà anche liberando, finalmente, le minoranze»
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