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La Repubblica Rassegna Stampa
07.04.2011 Difendere la 'libertà' di portare il burqa ?
Il maldestro tentativo di Timothy Garton Ash

Testata: La Repubblica
Data: 07 aprile 2011
Pagina: 38
Autore: Timothy Garton Ash
Titolo: «In una società libera la politica del divieto non è la soluzione»

Riportiamo da REPUBBLICA di oggi, 07/04/2011, a pag. 38, l'articolo di Di Timothy Garton Ash dal titolo "In una società libera la politica del divieto non è la soluzione".

Timothy Garton Ash scrive a sostegno della 'libertà di indossare il burqa', come se questo fosse un abito folkloristico e non un simbolo di segregazione e sottomissione della donna, una prigione che non ha nulla a che vedere con l'Occidente.
Il multiculturalismo è un modello fallimentare, se ne sono accorti Angela Merkel, David Cameron e Nicolas Sarkozy il quale, con la legge contro il burqa, sta cercando di opporsi a Eurabia. Il multiculturalismo porterà alla morte dell'Europa libera e democratica. La laicità è l'unico modello accettabile.
Ecco l'articolo:

Io credo che si dovrebbe essere liberi di pubblicare vignette su Maometto. E credo che si debba essere liberi di indossare il burqa. In una società libera, uomini e donne dovrebbero poter fare, dire, scrivere, raffigurare o indossare tutto ciò che piace loro, purché ciò non arrechi un danno significativo agli altri. Coloro che sono favorevoli al divieto di indossare il burqa - come quello che entrerà in vigore lunedì in Francia - dovrebbero pertanto poter dimostrare che male può derivare da donne che se ne vadano in giro a volto coperto. Finora chi è favorevole a questo divieto ha avanzato tre motivazioni a supporto di questa idea. La prima è che il velo integrale, che copre completamente il volto di una persona, costituisce una minaccia alla sicurezza pubblica.
Jean-François Copé, capo dell´Unione per un Movimento Popolare, il partito al quale appartiene Nicolas Sarkozy, ha riferito di una rapina a mano armata effettuata «nella periferia parigina da delinquenti che indossavano il burqa». Altri affermano che sotto il burqa potrebbero nascondersi aspiranti attentatori suicidi. Quanti episodi di questo tipo si sono verificati? Nel caso degli attentati di Londra e Madrid, per nascondere le bombe è bastato un semplice e pratico zaino. D´altro canto, per decenni i manifestanti facinorosi che scendevano in piazza si sono coperti il volto dietro ai passamontagna, mentre potremmo dire che una semplice calza di nylon (o il suo equivalente moderno) infilata sulla testa da sempre è il travestimento d´ordinanza del rapinatore a mano armata. È ridicolo ipotizzare che le poco meno che 2000 donne che si ritiene indossino il burqa in Francia, o le appena 500 in Olanda, all´improvviso costituiscano una minaccia per la sicurezza più grave di quegli uomini violenti imbacuccati e incappucciati che sono in attività da decenni.
Questo ci porta alla seconda motivazione: è aperta quella società nella quale è possibile guardarsi in faccia. Mi piace questa prospettiva. Ma Il fatto è che pur essendo oggi presentata in termini universalistici ed egualitaristici, in modo palese e ovvio la legge francese in realtà non è tale. Nel 2009 Sarkozy sollevò a oltranza la richiesta specifica di mettere fuorilegge il burqa. Lo si vieta nel contesto dell´agguerrita difesa propugnata dal suo partito della secolarizzazione alla francese (la laïcité), nello specifico contro l´invasione dell´"Islam". Il divieto adesso attirerà verso il partito di Sarkozy molti elettori di Marine Le Pen e dell´estrema destra xenofoba. Dietro l´evanescente velo universalista si cela pertanto un divieto del burqa fortemente politicizzato.
Infine, si sostiene che il danno inaccettabile è arrecato alle donne stesse. Silvana Koch-Mehrin, vice-presidente del Parlamento europeo, asserisce che il burqa è «una prigione mobile». Spesso, inoltre, si sostiene che le donne se ne vadano in giro in queste prigioni mobili soltanto perché obbligate a farlo da padri o mariti. Anche in questo caso, la mia prima reazione nei confronti di questa motivazione è di simpatia. Prima di saltare alle conclusioni, però, non dovremmo interpellare le donne stesse? O diamo forse per scontato, in modo paterno (o materno), che non sappiano cosa è bene per loro, e debbano essere forzate ad affrancarsi?
Uno studio del progetto At Home in Europe dell´Open Society Foundations che sarà pubblicato lunedì riporta interviste a tutto campo a 32 donne che indossano il velo integrale in Francia. Tutte, a esclusione di due di loro, hanno dichiarato di essere le prime donne della loro famiglia a portarlo, e pressoché tutte hanno ripetuto più volte che la loro è una questione di libera scelta personale. Molte hanno scelto di indossarlo andando contro l´iniziale opposizione di mariti, padri e madri. Alcune hanno anche spiegato che si tratta di un gesto di protesta e di difesa nei confronti di luoghi pubblici connotati in modo fortemente sessuale e voyeuristico: «Per noi si tratta di un sistema per affermare che non siamo pezzi di carne in vendita. Non siamo merce» ha detto Vivi, 39 anni, nel sud della Francia. «Più vicina al te, mio Signore» - e più lontana dal Pubblico Lascivo.
Può non piacerci la loro scelta. Possiamo trovarla sgradevole e offensiva. Ma, a modo suo, è una forma di libera espressione tanto quanto le vignette di Maometto che queste donne - a loro volta - trovano sgradevoli e offensive. Questa è dunque la convenzione in una società libera: chi indossa il burqa deve rassegnarsi alle vignette. Chi disegna o pubblica vignette deve rassegnarsi al burqa.
Cerchiamo nondimeno - nel nome della ragione e del buonsenso - di concentrarci su ciò che è davvero essenziale. Difendiamo dunque la libertà di parola nei confronti delle violente intimidazioni islamiste. Assicuriamoci che i figli dei migranti ricevano una buona istruzione nella lingua, nella storia e nella politica del Paese europeo nel quale vivono, e siano preparati a svolgere un mestiere utile e a contribuire in qualità di cittadini a tutti gli effetti. Non lasciamoci distrarre e distogliere dai nostri obiettivi da una superficiale politica delle apparenze, che legittima i partiti xenofobi dell´estrema destra nel tentativo di riacciuffarne i voti. Il divieto di indossare il burqa è illiberale, non necessario e molto probabilmente sarà controproducente. Nessun altro dovrebbe seguire l´esempio della Francia, e la Francia stessa dovrebbe fare dietrofront.

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