Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 07/04/2011, a pag. 51, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " La Turchia e l'Europa dopo le crisi nordafricane ".
Sergio Romano
Sergio Romano, come al solito, sostiene che l'ingresso della Turchia in Europa sarebbe un fattore positivo e si spinge a descrivere la Turchia per ciò che non è, un Paese democratico.
Romano scrive : " La Turchia ha dimostrato che esiste nel mondo islamico un modello che può essere contemporaneamente democratico, rispettoso delle tradizioni religiose, intraprendente. ". In Turchia non c'è libertà d'espressione, gli scrittori come Oran Pamuk vengono processati per alcune frasi 'ambigue' nei loro romanzi, non si può nemmeno menzionare la responsabilità turca del genocidio degli armeni. Uno Stato in cui c'è la censura non può essere definito democratico. Inoltre, 'grazie' a Recep Erdogan, la Turchia non è più uno Stato laico. I garanti della democrazia erano i militari, ma Erdogan ha limitato il loro potere.
La deriva dei rapporti con Israele non è un buon segnale, specie se a questa consegue un rafforzamento di quelli con la teocrazia iraniana.
La gestione della crisi del Maghreb non ha nulla a che vedere con l'eventuale ingresso della Turchia in Europa. La Turchia non condivide con l'Europa i valori fondamentali delle democrazie, per questo non è possibile accettare il suo ingresso.
Romano storce il naso all'idea di Israele in Europa. Ma lo Stato ebraico che, per altro non ha mai avanzato richieste del genere, è una democrazia di tipo occidentale. L'Europa assomiglia di più a Israele che alla Turchia.
Ecco lettera e risposta:
Darei ora la parola a tutti coloro che fino a pochi anni fa non vedevano l’ora di accogliere la Turchia a pieno titolo nell’Ue, la nazione che avrebbe contribuito pesantemente con il suo ingresso a spostare il baricentro religioso europeo un po’ più verso l’Islam. Si sarebbe iniziato con la Turchia per poi procedere con l’estensione ad altre nazioni che con la geografia europea non hanno nulla a che fare. Di desideri particolari se ne sono visti un po’ di tutti i colori. Pareva perfettamente normale sognare di vedere dentro anche Israele con tutti i suoi problemi di convivenza con la comunità palestinese, Mosca e le sue questioni ancora irrisolte nel Caucaso, e chissà quanti altri, in un processo che a lungo andare avrebbe portato nell’Unione anche altri Paesi che (a quei tempi) erano profondamente amici dell'Italia.
Clementina Nosemi
nosemi@libero.it
Cara Signora, A nch’io credo che l’ingresso di Israele e della Russia nell’Unione Europea siano impossibili e del resto, probabilmente, neppure desiderato dai due Paesi. Ma il caso della Turchia è diverso e i recenti avvenimenti del Nord Africa dimostrano che la sua presenza a Bruxelles ci sarebbe stata alquanto utile. Il premier Erdogan ha adottato sin dall’inizio della crisi una linea impeccabile. Ha esortato i leader autoritari, da Hosni Mubarak in Egitto a Bashar al Assad in Siria, ad ascoltare le richieste dei dimostranti. Ha lasciato intendere la sua disapprovazione per le iniziative unilaterali della Francia, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti. Ha esortato i Paesi della coalizione a non trascendere gli obiettivi iniziali della no fly zone. E ha parlato con l’autorità di un Paese economicamente dinamico in cui il prodotto interno lordo è cresciuto nel 2010 dell’ 8,9%e il pil pro capite ammonta a 10.079 dollari. La Turchia ha dimostrato che esiste nel mondo islamico un modello che può essere contemporaneamente democratico, rispettoso delle tradizioni religiose, intraprendente. Gli arabi conservano ancora qualche vecchio rancore per i loro antichi padroni ottomani ma gli esempi positivi offerti da un Paese musulmano sono più convincenti, per le società mediorientali, del tono cattedratico e supponente con cui l’Occidente impartisce le sue lezioni di democrazia ed economia. È questa la ragione per cui Istanbul, come ho scritto in altre occasioni, è divenuta per il mondo arabo ciò che Londra e Parigi hanno lungamente rappresentato per le società europee. So che l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea non è per il momento una ipotesi realistica. Ma credo che le ultime vicende mediorientali dovrebbero avere convinto molti europei che la Turchia ci permetterebbe di affrontare meglio il problema dei nostri rapporti con la regione.
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