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Il Foglio Rassegna Stampa
07.04.2011 Continua la guerra segreta di Israele contro le armi di Hamas e Iran
Cronaca di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 07 aprile 2011
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «La guerra segreta d’Israele accelera contro il network Hamas-Iran»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 07/04/2011, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "  La guerra segreta d’Israele accelera contro il network Hamas-Iran".


Daniele Raineri

Roma. Ricordate l’assassinio controverso di Mahmoud al Mahbou nel gennaio 2010 in una stanza d’hotel a Dubai? Mahbou era il grossista clandestino di Hamas che comandava l’acquisto e il trasferimento di armi verso la Striscia di Gaza. L’operazione per eliminare al Mahbou costò a Israele infiniti guai diplomatici per una storia di passaporti clonati usati dalla squadra di sicari, ma quasi fermò i traffici di Hamas: sei mesi dopo, secondo l’intelligence israeliana, l’arrivo di armi dentro Gaza era soltanto un quinto rispetto a prima. Il network palestinese ha assorbito la perdita e ora lavora di nuovo con intensità, e anche la guerra clandestina di Israele fuori dai confini è ripresa. Martedì un’automobile con a bordo un iraniano e un palestinese è stata incenerita da un missile sulla strada dell’aeroporto di Port Sudan, in Sudan. I pochi testimoni hanno raccontato di avere visto un aereo scomparire sul mar Rosso. Il Parlamento sudanese ha accusato Israele, che, come succede sempre quando si tratta di operazioni esterne, non ha commentato. Port Sudan è una tappa naturale del traffico di armi dall’Iran verso Gaza. Nel gennaio 2009, durante l’operazione “Piombo fuso” dell’esercito israeliano, laggiù arrivarono le navi iraniane con un carico d’emergenza di missili a lunga gittata destinati a Hamas. I missili furono trasferiti su 23 camion coperti e una spedizione mista di agenti iraniani e contrabbandieri sudanesi imboccò la strada costiera che porta verso nord, verso il Sinai e verso il confine tra l’Egitto e la Striscia. Da lì, attraverso i tunnel sotterranei, i missili sarebbero dovuti passare nelle mani dei lanciatori. Secondo il settimanale Time, che ricostruì l’operazione, in pochi giorni gli israeliani organizzarono una missione per bombardare il convoglio: bombardieri F-15 colpirono con una prima passata i camion, protetti da caccia F-16 in caso di reazione da parte dei sudanesi e, quando i droni di appoggio trasmisero immagini del carico non ancora completamente distrutto, fecero una seconda passata. L’operazione di martedì ha evidentemente colpito un paio di uomini chiave della rete mista di Iran e Hamas in una fase preliminare. A febbraio, una squadra israeliana ha rapito un ingegnere palestinese in Ucraina mentre viaggiava in treno. Abu Sisi Dirar, 42 anni, sposato con l’ucraina Veronica, sei figli, viveva con i suoceri a Kharkov e negli anni Novanta aveva frequentato i corsi tecnici dell’Accademia militare ucraina, tenuti dall’inventore del sistema Scud sovietico, per imparare a costruire razzi migliori. Forse se Abu Sisi fosse stato un semplice “irritante”, un esperto di ordigni, sarebbe stato ucciso. Il suo trasferimento segreto in Israele e gli interrogatori fanno invece pensare che possieda informazioni preziose, oltre ovviamente a quelle sull’arsenale di Hamas: per esempio, su Gilad Shalit, il caporale israeliano rapito vicino a Gaza nel 2006. Il “Padrino dei razzi” a partire dal 2002 è stato un asset prezioso per Hamas: grazie alla sua esperienza il gruppo conosciuto per i rudimentali attacchi suicidi si è trasformato in una gueriglia armata capace di sfide strategiche all’esercito di Israele. La gittata dei razzi artigianali Qassam nel 2002 era di 6 chilometri: dal 2007 è di 22 chilometri. La capacità dei razzi anticarro Yassin di perforare una corazza nel 2002 era di 6 centimetri: nel 2008 era passata a 26 centimetri. Lunedì Abu Sisi è stato immesso nel sistema regolare di giudizio, davanti al tribunale israeliano di Beersheba. L’intensità del traffico d’armi con tutti i mezzi verso la Striscia cresce. Il 13 marzo le guardie di frontiera egiziane hanno bloccato cinque camion appena a nord del confine tra Egitto e Sudan. C’è stata una sparatoria e i guidatori sono fuggiti, lasciando dietro di loro un carico di mortai, razzi, esplosivo e fucili d’assalto. Gli egiziani hanno detto: “Erano per Hamas”. Due giorni dopo, i commandos di marina israeliani hanno fermato e abbordato al largo di Cipro il mercantile Vittoria, nella rotta che dalla Siria va verso l’Egitto – dopo una tappa in Turchia. Dentro i container, all’insaputa dell’equipaggio, erano stipate cinquanta tonnellate di armi: 2.400 colpi di mortaio, 67 mila proiettili per kalashnikov, sistemi radar e sei missili terra-mare C-704, capaci di affondare una nave a 35 chilometri dalla costa. Il giorno dopo ancora, i caccia turchi hanno costretto un aereo cargo Ilyushin dell’Iran in rotta verso la Siria ad atterrare ad Ankara. E’ il secondo aereo iraniano fatto atterrare in un mese. In almeno uno dei due sono state trovate armi. L’accelerazione del contrabbando di armi e delle contro operazioni israeliane e il botta e risposta giornaliero tra Hamas e l’esercito israeliano rafforzano il senso dell’avvicinarsi di una nuova guerra a Gaza, come nel gennaio di due anni fa.

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