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Riflessioni su Dershowitz 06/04/2011
Dershowitz è uno dei massimi teorici mondiali della teoria sul terrorismo per sistemi esperti. E' stato lui a individuare nel terrorismo palestinese il predicato costante rinvenibile poi in tutto il terorrismo islamico successivo, formulando la teoria della "remunerazione" e cioè che il fronte di resistenza palestinese continua col terrorismo perchè rende, è remunerato, è premiato, è ammirato e fa da modello.
Arafat ricevette il Nobel per la pace e i soldi che lo corredano; oggi l'autorità palestinese riceve istituzionalmente aiuti finanziari da tutti i paesi occidentali e questo accade per tenerli buoni, per la paura che hanno imparato ad incutere e sfruttare, e quindi per scongiurare ulteriori attività di terrorismo.
Ne deriva che la minaccia di riattivare il terrorismo costituisce per il fronte palestinese la fonte principale di reddito, perchè al di fuori della finanza di sussidio internazionale non è possibile indicare fonti di produzione industriale finanziata da cespiti palestinesi autonomi: se è vera la teoria di Aaron Cohen secondo la quale i servizi di sicurezza occidentali, in particolare quelli anglosassoni, sono concepiti e vanno bene per la criminalità comune ma non per il terrorismo, rispetto al quale solo Israele è in grado di sostenerne l'impatto, allora diventa possibile attribuire a Dershowitz la sua autentica importanza nella teoria classica di previsione dell'evento di strage. Non è quindi importante, questo giurista, perchè ha difeso imputati come Simpson o Mandela, perchè quei processi li poteva fare anche un difensore d'ufficio; è importante perchè la sua teoria costituisce un criterio di previsione stocastica (o della probabilità) in ordine ad eventi di terrorismo rispetto ai quali la teoresi dell'intelligence anglosassone non dispone di una sufficiente preparazione. Una teoria formale ha legittimità e prestigio in ambito terroristico solo se assicura una previsione di evento; al di fuori di questa virtualità, la teoria potrà operare in altri campi, ma non in ambito terroristico, perchè qui l'informazione vale se induce cognizione.
Dershowitz ha assiomatizzato elementi teorici (la remunerazione, il calcolo di convenienza, l'emulazione islamica) che in ambito europeo sono ancora oggi guardati con sufficienza da teorici dell'intelligence propensi alla organizzazione del lavoro di ricerca su basi informative concrete non su basi razionali e di congettura assiomatizzata.
Lo scarso entusiasmo riservato dalle università norvegesi alle sue conferenze si iscrive in questo ambito. Poco spazio, quindi, a questo ebreo che, come tutti gli altri giudei, dopo mezz'ora di lezione ti fa capire che voi ariani potete distinguere la vita in due fasi: quella che precede la sua lezione e quella che la segue, giacchè il resto è prevalentemente wurstel e krauti. A differenza di quello germanico, che aveva pur sempre il fondamento nella teoria (mein kampf) di un sifilitico, l'antisemitismo scandinavo ha un suo specifico statuto di origine nella becera invidia che la Kultur ariana oppone da sempre al razionalismo ebraico, soprattutto mitteleuropeo. Il rifiuto di Dershowitz va ricercato in questa acrimonia secolare, bigia, immemore, questo fastidio insopprimibile per l'idea liberale e laica di Israele e dei suoi teorici di intelligence che, per i valori intellettuali scandinavi, costituisce l'elite del sapere scientifico, soprattutto se si considera che l'efficienza scandinava in materia di terrorismo equivale a quella dei servizi italiani negli anni della strategia della tensione, in cui gli inquirenti erano i mandanti. Una civiltà che privilegi il mondo delle fiabe di Gaarder o l'estetica della morte di Bergman e la filosofia della depressione di Kierkegaard è la meno adatta ad apprezzare l'immenso lavoro intelligente che ha determinato la nascita la crescita la sopravvivenza e la superiorità intellettuale di Israele e dei suoi autori nel mondo.
Dershowitz è in grado di costruire una ipotesi teorica astratta in ordine ad una congettura di dipendenza stocastica in ambito terroristico che affascina i ragazzi delle università norvegesi, ma che i loro professori continueranno sempre ad ostacolarne ed impedirne l'happening, per le stesse ragioni per le quali i ministri delle finanze europee hanno cercato di sminuire l'happening dell'economista israeliano Fisher, governatore della banca d'Israele, a Venezia qualche mese fa.
Perchè chi lo è andato a sentire è tornato dal ministro sbigottito del fatto che non solo Israele è stato l'unico paese al mondo a non perdere un euro nella bolla speculativa mondiale, ma soprattutto del fatto che il prof. Fisher in venti minuti ha spiegato come si fa e lo hanno capito tutti. Un fenomeno raro, sia nella Scandinavia di Ilan Pappe che nella Venezia di Cacciari.
Vitaliano Bacchi

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