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Libero Rassegna Stampa
06.04.2011 L'Egitto post-Mubarak è sempre più simile all'Iran
Commento di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 06 aprile 2011
Pagina: 15
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «L’Egitto 'liberato' si inchina all’Iran»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 06/04/2011, a pag. 15, l'articolo di Andrea Morigi dal titolo "  L’Egitto “liberato” si inchina all’Iran".

Sullo stesso argomento, invitiamo a leggere l'analisi di Zvi Mazel che pubblichiamo oggi in altra pagina della rassegna


Andrea Morigi

Prima è stato concesso il transito alle navi militari iraniane per il Canale di Suez, poi si è spianata la strada al ristabilimento dei rapporti diplomatici fra Il Cairo e Teheran. Nabil al- Arabi il ministro degli Esteri egiziano, non vede l’ora di «aprire una nuova pagina nelle relazioni con l’Iran». Le avevano interrotte dal 1979, quando Anwar Sadat firmò la pace con Israele in seguito alla ratifica degli accordi di Camp David. Quando poi lo Scià deposto Mohammad Reza Pahlavi, aveva ottenuto l’asilo politico al Cairo, l’ayatollah Khomeini aveva lanciato il proprio anatema, invitando gli egiziani a «scendere nelle strade senza temere il regime militare, proprio come ha fatto la popolazione iraniana, e a liberarsi delle marionette degli americani». Un anno più tardi, nel conflitto Iran- Iraq, l’Egitto decise di schierarsi con il secondo.
ISRAELE NEL MIRINO
Comprensibilmente, il disgelo sta avvenendo con ogni cautela, attraverso le timide aperture di Teheran nei giorni scorsi, a cui ha fatto seguito un incontro fra al-Arabi e un rappresentante del governo iraniano, Mojtaba Amani. Presto una delegazione parlamentare iraniana si recherà in visita ufficiale al Cairo e il Majlis potrebbe avviare delle iniziative per formare un gruppo parlamentare d’Amicizia Iran- Egitto. Ma il progresso dipenderà dalla volontà dell’Egitto di «romperecompletamente i rapporti » con Israele, ha avvertito la parlamentare iranianaFatemeh Alia, membro della commissione per la Sicurezza nazionale e la politica estera, insistendo sull’influenza dei due Paesi nel mondo islamico - l’Egitto fra i sunniti, l’Iran fra gli sciiti - e sull’importanza di un miglioramento delle relazioni bilaterali su tutta la regione del Medio Oriente. Se sugli equilibri nel rapporto bilaterale fra i due Paesi pesano le alleanze internazionali, il riallineamento sembra avvenire in modo univoco verso il fondamentalismo. All’interno dell’Egitto si moltiplicano le spinte verso l’islamizzazione delle istituzioni. C’è chi, come Issam Durbala, esponente della Al-Gama’a al-Islamyya, domenica scorsa invocava già, sul quotidiano Al-Masri al-Youm, l’istituzione della hisbah, la polizia della virtù, che dovrebbe «arrestare coloro che commettono atti immorali». Il modello proviene direttamente dall’Iran e dall’Arabia Saudita, dove le autorità vigilano sul rispetto delle pratiche imposte dalla legge coranica, la separazione dei sessi e l’osservanza degli orari della preghiera. Non sono esattamente le stesse prospettive di libertà indicate dalla piazza che nel febbraio scorso era riuscita a rovesciare il regime di Hosni Mubarak. Nagib Gibrail, avvocato copto e presidente dell’Unione egiziana per i diritti umani, è convinto che la rivoluzione sia stata presa in ostaggio dai fondamentalisti e dipinge un clima di terrore in cui «le ragazze cristiane non possono camminare all’aperto dopo le otto di sera per timore di essere rapite». Ma al pericolo non sfuggono nemmeno i musulmani moderati, «che dovrebbero essere più terrorizzati dei cristiani. È preoccupante che il regime militare non abbia emesso dichiarato che l’Egitto è uno Stato laico». Sulla libertà religiosa, in particolare si è espresso Abd al-Azim, leader salafita di Alessandria, parlando con Al-Masri al-Youm: «Se i cristiani vogliono sicurezza devono sottomettersi alle regole divine ed essere fiduciosi che la sharia li proteggerà». Non sarà nemmeno necessaria una battaglia politica per inserire un richiamo alla legge coranica nella costituzione. C’è già. Al parlamento, che sarà eletto in settembre e dovrà procedere a una riforma della Carta fondamentale, basterà applicare alla lettera l’attuale secondo emendamento, in cui si stabilisce che la sharia è la fonte principale della legge egiziana.
LA POLITICA È JIHAD
Tutto sembra indicare un ulteriore avanzata dei Fratelli Musulmani, così come si è delineata nel referendum sulle modifiche alla Costituzione del 19 marzo, con la vittoria dei sì, sostenuta dai partiti islamici e dall’ex partito di Mubarak, contro i no per cui erano schierati i giovani della rivoluzione, i copti, Mohamed El Baradei e il segretario generale della Lega araba, Amr Mussa. Anche gli ex terroristi islamici, ormai, hanno scelto la strategia dell’entrismo. Abboud al-Zomor, l’ex ufficiale dei servizi segreti che procurò i proiettili per l’attentato in cui morì Sadat, proclama ormai che «non c’è più alcun bisogno per me di utilizzare la violenza contro coloro che ci hanno dato la libertà e ci hanno consentito di prendere parte alla vita politica». Come se la politica fosse il proseguimento della guerra santa, con altri mezzi.

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