Ho letto lo scambio di missive tra il prof. Ugo Volli e la sig.ra Sandra Spina e l'ultimo articolo in polemica con la difesa ad oltranza di Pio XII da parte di "Avvenire". Osservando la questione dal solo profilo storico, prescindendo dall'apologetica e dalla polemica, devo riconoscere che Volli ha ragione circa la chiusura degli archivi vaticani riguardo a quel periodo e a quella vicenda. Non ho l'età per aver vissuto in prima persona quella fase storica e quella tragedia. Peraltro, essendo nato nel dopoguerra ancorché sotto la monarchia sabauda, ho vissuto la mia infanzia e parte della mia adolescenza "sotto il pontificato di Pio XII" e nel clima religioso cattolico di allora. Non credo che il Pio XII e la chiesa cattolica del periodo bellico siano stati tanto diversi dal Pio XII e dalla chiesa cattolica del periodo successivo. E' un dato di fatto incontrovertibile che nella chiesa cattolica di allora si respirava un'aria non certo favorevole agli ebrei in quanto tali. Non dico che si affermasse ancora esplicitamente che tutti gli ebrei di ogni tempo e a tutte le latitudini fossero colpevoli della morte di Gesù, ma certo un'ostilità nei confronti degli ebrei era chiaramente percepibile anche nelle omelie e nella catechesi di allora. L'antigiudaismo era ancora (e per molti versi lo è anche oggi) ben radicato nella chiesa cattolica. Non nascondiamoci dietro un dito. L'esistenza degli ebrei e la vitalità dell'ebraismo sono ancora percepiti come una spina nel fianco del cristianesimo. E' pure vero che Pio XII era angustiato dal comunismo. Se avesse considerato il nazionalsocialismo come un argine al bolscevismo sovietico non ho chiari elementi per affermarlo. Certo è che la chiesa cattolica, con i concordati stipulati con l'Italia fascista e la Germania nazista, si è mossa nell'alveo della sua tradizionale politica: accordarsi con l'avversario, scegliere il male minore. Nel caso della Germania, mal gliene incolse. Personalmente, ritengo che le iniziative per salvare vite umane ebraiche non furono messe in atto nella consapevolezza della mostruosità morale del crimine che si stava perpetrando, ma avevano solo un intento umanitario. In altri termini (qui sta l'aspetto inquietante e repellente), il salvataggio di ebrei in pericolo era né più né meno che un'azione umanitaria, un'opera di misericordia simile a quella posta in atto dalle autorità ecclesiastiche per salvare i nazisti in fuga nel dopoguerra. Pura carità cristiana... Ciò fa riflettere, non poco. Cordialità Maurizio Del Maschio