La chiave di casa Tatiana Salem Levy
Cavallo di Ferro Euro 12,50
"Non sono religiosa, non frequento la sinagoga. Ma ciò che c'è di ebreo in me si rivela nell'ostinazione a non voler dimenticare. Un'ostinazione che si scontra con la mia cultura brasiliana, perché il Brasile è il paese dell'oblio, dove tutto si dimentica facilmente". Così Tatiana Salem Levy, classe 1979, spiega le maree contrastanti che percorrono il suo esordio La chiave di casa.
Una matassa di storie retta da una narratrice capace di incrociare flusso autobiografico, reminescenza familiare, dialogo madre figlia e persino racconto di viaggio.
In scena c'è una giovane donna bloccata a letto da una malattia o da una depressione. Ricorda la morte della madre amatissima. Ricorda la passione per un uomo in pagine erotiche non scontate. E ripercorre un viaggio in Turchia, intrapreso per scoprire se la chiave che il nonno le ha lasciato apre ancora la porta di una casa di Smirne, abbandonata per emigrare in Brasile molti anni prima.
In ogni pagina la protagonista sente che il suo corpo non le appartiene, come se portasse in sé coloro da cui proviene. Ed è questa "memoria corporale" il pretesto per riflettere sull'esilio come destino. Così l'immagine di una donna confinata nel suo corpo si fa specchio dello sradicamento. "Si parla molto dell'emigrazione come reinvenzione del sé. Ma non c'è dolore più grande di lasciare una casa, una città, la propria gente. Mi piaceva raccontare come queste ferite e insieme questa ricchezza restano nella vita dei discendenti come me".
Lara Crinò
D La repubblica delle donne