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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.04.2011 Luciano Canfora, sempre stalinista cerca di negarne l'antisemitismo
Sergio Romano lo smentisce

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 aprile 2011
Pagina: 49
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Stalin e gli ebrei, storia di un'ossessione»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/04/2011, a pag. 49, la risposta di Sergio Romano a Luciano Canfora dal titolo " Stalin e gli ebrei, storia di un'ossessione ".


Luciano Canfora, Sergio Romano, Stalin

Luciano Canfora, da sempre innamorato di Stalin e del comunismo, non si smentisce e arriva a sostenere che Stalin non perseguitò gli ebrei.
Nella sua risposta, Sergio Romano lo smentisce, dimostrandosi l'antistalinista e anticomunista di sempre. Anche Romano ha un lato presentabile.
Ecco lettera e risposta:

Mi pare di cogliere nella sua risposta a un lettore una lieve imprecisione. L’Urss non aveva solo «favorito la nascita» di Israele ma era stata determinante alle Nazioni Unite quando si votò nel novembre 1947 la Risoluzione 181. Si ebbero allora 33 voti a favore, 13 contro e 10 astenuti. Cinque dei 33 furono Urss, Ucraina, Bielorussia, Polonia e Cecoslovacchia e furono decisivi. Se fossero passati nel campo avverso (tale fu il Regno Unito), il risultato sarebbe stato di parità e Israele non sarebbe nato. «L’antisemitismo» , aveva detto Stalin in un suo intervento di qualche anno precedente, «è la più pericolosa eredità del cannibalismo» . Il libro di Mlecin «Perché Stalin creò Israele» (Sandro Teti Editore, con postfazione di Enrico Mentana e di Moni Ovadia) fa giustizia di molti luoghi comuni. Nel 1948 senza le armi cecoslovacche il neonato Israele sarebbe stato travolto dagli Stati arabi armati dagli Inglesi. Il deterioramento dei rapporti Urss-Israele avvenne negli anni seguenti fino all’insensato processo ai medici. Ma il vero mutamento di strategia non va riferito agli ultimi anni di Stalin bensì all’irresponsabile terzomondismo filoarabo di Krusciov e dei suoi successori.

Luciano Canfora, Bari

Caro Canfora,

Ho sempre pensato che le nostre rispettive opinioni su Stalin fossero meno radicalmente diverse di quanto possa apparire a prima vista. Ammiro l’uomo che ha creato lo Stato sovietico, l’economia sovietica e vinto la Seconda guerra mondiale. Non è necessario essere comunisti per riconoscere che fu una personalità per molti aspetti ciclopica. Ma sulla sua diffidenza per gli ebrei e sulle ragioni per cui riconobbe lo Stato d’Israele non ho dubbi. Dei quattro Paesi dell’Europa centro-orientale che votarono con l’Urss, l’Ucraina e la Bielorussia erano soltanto una finzione giuridica, concordata a Yalta per strappare a Stalin un accordo sullo statuto dell’Onu; mentre la Cecoslovacchia e la Polonia erano ancora occupate dall’Armata Rossa. Stalin sostenne Israele perché la sua esistenza era un colpo all’impero britannico, ma l’entusiasmo con cui gli ebrei di Mosca accolsero Golda Meir, primo ambasciatore d’Israele in Unione Sovietica, insinuò nella sua mente patologicamente sospettosa la convinzione che gli ebrei sovietici avrebbero sempre avuto, nel loro cuore, una seconda patria. La pretestuosa campagna contro i medici ebrei, sospettati di complottare l’assassinio della dirigenza sovietica, fu la versione moderna dei processi in cui, nell’Europa medioevale, gli ebrei venivano accusati di omicidi rituali; e si sarebbe conclusa, probabilmente, con il trasferimento forzato di tutto l’ebraismo russo nelle pianure siberiane. Ma già negli anni precedenti, dopo la rottura con la Jugoslavia di Tito, Stalin aveva avviato un’operazione che si proponeva anzitutto di stroncare il contagio della eresia titina, ma anche di ridurre drasticamente la componente ebraica nelle dirigenze comuniste dei Paesi satelliti. Laszlo Rajk, ministro degli Esteri ungherese, processato nel 1949 e condannato a morte, era ebreo. Rudolf Slanskij, segretario generale del partito comunista cecoslovacco, condannato a morte nel 1952, era ebreo come altri dieci dei 14 imputati della vicenda di cui fu protagonista. Nei giorni del processo, Rude Pravo, quotidiano del partito, definì il sionismo «nemico numero uno della classe operaia» . E durante il processo vi furono allusioni frequenti ai legami fra l’ebraismo e gli Stati Uniti a profitto dello Stato d’Israele. Più tardi l’antisionismo servì all’Urss per meglio conquistare l’amicizia dei Paesi arabi. Ma dalla fine degli anni Quaranta all’inizio degli anni Cinquanta fu una delle personali ossessioni di Stalin.

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