Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 31/03/2011, a pag. 12, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo "Misure autolesioniste di chi vuole privarsi dei beni (leciti e non) prodotti dagli ebrei".
Dimitri Buffa
Buongiorno, ben svegliati. Vi siete accorti che ieri, 30 marzo 2011, era la giornata scelta dagli attivisti pro Palestina e anti Israele per boicottare in tutto il mondo i prodotti industriali che fanno in qualche maniera capo a multinazionali ebraiche o controllate dallo stato che ha per capitale Gerusalemme? Promotori storici, ma anche geografici, quelli di Bds. L’acronimo sta per “boycott, disinvestment and sanctions”. Insomma si tratta di quelli che vorrebbero trattare Israele come il Sud Africa, ma che di fatto veicolano solo pericolosi messaggi anti semiti in tutto il mondo. Dimenticando che l’equazione Israele uguale apartheid esiste solo nella testa loro, visto che nello stato ebraico gli arabi sono di sicuro trattati meglio che nei loro stessi paesi. E infatti nelle università israeliane ricoprono il 20% di posti di rilievo, ben oltre la loro presenza proporzionale nel territorio. Ma è solo un esempio. Come sia nata la campagna di boicottaggio che ogni anno ritene i propri “rallies” il 30 marzo è presto detto, basta leggere il loro manifesto: “Nel 2005 la società civile palestinese ha formulato una proposta unitaria ai movimenti internazionali di solidarietà: individuare modalità di boicottaggio di prodotti israeliani, disinvestimento da attività commerciali in Israele, sanzioni sullo Stato di Israele, boicottaggio accademico o culturale degli israeliani che non prendono posizione contro l'occupazione e l'Apartheid. Tutte queste richieste sono state formulate coerentemente nella campagna Bds. Il movimento di Bds ha già collezionato molti successi (es. contro le compagnie Veolia, Africa-Israel, Motorola...) ed ha trovato adesioni in organizzazioni della società civile, accademiche, sindacali e governative di tutto il mondo, Israele inclusa. Tutti i principali sindacati degli stessi lavoratori palestinesi, spesso usati come forza lavoro nelle società e piantagioni israeliane, sono tra i promotori della campagna di Bds”.
Poi venne vergato un vergognoso appello “al boicottaggio, al ritiro degli investimenti e all'applicazione di sanzioni contro lo stato di Israele fino a quando non rispetterà il Diritto Internazionale ed i Principi Universali dei Diritti dell'Uomo”.
La motivazione dell’epoca (che poi è stata costantemente aggiornata inserendo volta per volta i nuovi eventi bellici che hanno scosso il Medio Oriente)? “Israele continua la costruzione del Muro coloniale in totale disprezzo della decisione della Corte. Dopo 38 anni di occupazione della Cisgiordania Palestinese (compresa Gerusalemme Est), della Striscia di Gaza e delle alture siriane del Golan, Israele continua a espandere le colonie ebraiche. Israele si è annessa unilateralmente Gerusalemme-Est e le alture del Golan e sta ora di fatto annettendosi, per mezzo del Muro, parti importanti della Cisgiordania...”.
Naturalmente nel mondo-a-parte di questa gente il terrorismo, islamico e non, di matrice palestinese, non esiste o è un dettaglio della storia. Ovvero è giustificato da questa occupazione, che però ci si guarda bene dal dire, che riguarda porzioni della Giordania (la West Bank si chiama infatti Cisgiordania) e dell’Egitto (Gaza ne faceva parte), e che è ancora sub iudice di una contesa regolata dal diritto internazionale in quanto quelle terre furono occupate per motivi di sicurezza da Israele durante la guerra dei Sei giorni dei primi di giugno del 1967, e in parte restituite a quegli stessi paesi belligeranti (Egitto, ad esempio) che accettarono un trattato di pace con Israele. Prima di allora uno stato di Palestina non era neppure ipotizzabile e, di fatto, oggi verte su due pezzi di territorio che appartenevano alla Giordania e all’Egitto.
Insomma più che “boicottaggio, disinvestimento e sanzioni”, l’acronimo Bds potrebbe significare “boicottaggio, disinformazione e sciocchezze”.
In Italia probabilmente anche quest’anno vederemo su YouTube i video postati dagli attivisti di Forum Palestina che si recano davanti ai supermercati a molestare qualche massaia o qualche vecchietta pregandola di non comprare i datteri della Samaria al supermercato. E ci sarà qualche polemica politically correct con Coop e Conad che li esibiscono sui banconi. Poi tutti a casa come dopo il Carnevale. Chi però, in Italia e altrove, si pregia di essere amico di Israele e soprattutto della verità delle cose, ha anche organizzato una sorta di contro manifestazione ideale e quindi proprio per il 30 marzo è stata promossa una giornata di “compra israeliano”.
I prodotti si sprecano: dall’iPad, ai profumi, passando per le scoperte farmaceutiche, compresa la probabile cura contro l’Aids che si sta sperimentando nei laboratori israeliani. I frikkettoni che bruciano bandiere di Israele sappiano che lo stato ebraico non è secondo a nessuno nemmeno nei prodotti illegali: la cocaina fu invenzione anch’essa di un ebreo (Albert Niemann, 1860). E che fu esaltata da un altro grande ebreo, padre della psicanalisi, Sigmund Freud. Insomma facile boicottare i prodotti e le invenzioni degli ebrei e degli israeliani, ma solo a parole. Hanno inventato tutto.
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