Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 31/03/2011, a pag. 17, l'articolo di Marina Verna dal titolo "Sharia in Bangladesh. 'Adultera' di 14 anni muore dopo 70 frustate".
A destra, Samuel Huntington
L’ avevano condannata a 101 frustate per aver avuto rapporti con un uomo sposato - uno zio, che l’aveva violentata. Hena Akhter aveva solo 14 anni e al settantesimo colpo non ha più retto: è stramazzata a terra, pesta e sanguinante. L’hanno portata in ospedale e lì è morta dopo una settimana. Poi le hanno fatto l’autopsia e sul referto il medico legale ha scritto «suicidio», perché, ha precisato, non c’era traccia di ferite. È successo a Shariatpur, nel Bangladesh, il 31 gennaio ma soltanto adesso la notizia è arrivata a noi, attraverso «Ain o Salish Kendra» (Ask), un’organizzazione per l’assistenza legale e i diritti umani.
Hena era la più giovane dei cinque figli di un bracciante agricolo, Darbesh Khan. La famiglia vive in una capanna di legno nel distretto rurale di Shariatpur, terra fertile intersecata da fiumi che irrigano orti e risaie. Un anno fa la loro esistenza viene stravolta dal ritorno di un nipote, Mahbub Khan, che era andato a lavorare in Malesia. Mahbub, che ha tre volte l’età di Hena, le ha messo gli occhi addosso e la tormenta mentre va e torna da scuola. Lei lo racconta al padre, che si rivolge agli anziani del villaggio. Ottiene giustizia: Mahbub dovrà pagare un risarcimento di mille dollari. Interviene però suo padre, che è il fratello maggiore di Darbesh e gli chiede di lasciar perdere. Darbesh cede, confidando nella riconoscenza. Illuso.
Qualche mese dopo, Mahbub tira un’imboscata a Hena: la aspetta nel buio quando esce per andare al gabinetto esterno, le chiude la bocca con un cencio, la trascina dietro un cespuglio, la picchia e la violenta. Lei si divincola, prova a urlare, dal cencio escono suoni soffocati. Li sente la moglie di Darbesh, che esce dalla sua capanna e li sorprende insieme. Trascina in casa la ragazzina, la picchia, la getta a terra, la calpesta.
Il giorno dopo l’imam e gli anziani del villaggio vanno a casa di Mahbub a discutere il caso. Il verdetto è rapido: adulterio, 201 frustate per lui, 101 per lei. In Bangladesh la pratica della sharia è vietata per legge, la Corte suprema l’ha proibita dieci anni fa, eppure continua a essere applicata: cinquecento casi in questo decennio, dicono le associazioni per i diritti umani. Hena è l’ultimo. I suoi genitori, impietriti e impotenti, non possono che assistere all’esecuzione. Hena li guarda un’ultima volta, mormora «sono innocente», e la frusta comincia ad abbattersi sulla sua pelle sottile. Resiste, a lungo, poi cede. Mahbub invece riesce a scappare.
Questa volta i responsabili di tanto obbrobrio non ne escono indenni. Lo scandalo per il referto dell’autopsia è stato grande e ha indotto la Corte a riesumare il corpo e ripetere gli esami, in un altro ospedale. Viene certificato che la morte è avvenuta per emorragia interna e il corpo aveva i segni di ferite profonde. I medici vengono accusati di «falsa autopsia per nascondere le vere ragioni del decesso», Mahbub Khan viene ritrovato e arrestato. E adesso la famiglia di Hena è sotto la protezione della polizia: potrebbe pagare cara la denuncia dell’imam e degli anziani del villaggio.
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