Israele bandito dalle università norvegesi Commento di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 31 marzo 2011 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Il re del foro Dershowitz può stare in Norvegia purché non dica 'Israele'»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 31/03/2011, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Il re del foro Dershowitz può stare in Norvegia purché non dica 'Israele'".
Roma. Alan Dershowitz è il principe del foro americano, docente di legge ad Harvard ad appena ventotto anni, consulente legale del fondatore di Wikileaks Julian Assange, lo “squalo” delle aule giudiziarie dalle parcelle milionarie, l’avvocato progressista più famoso d’America e impegnato in casi celebri come quelli di Claus von Bulow, Mike Tyson, Patricia Hearst e O. J. Simpson, è stato immortalato nel film “Reversal of Fortune”, ha trascorso una vita sul fronte dei diritti civili. Ma il più prestigioso penalista americano è anche uno strenuo difensore di Israele. Nei giorni scorsi Dershowitz, invitato da alcuni studenti, aveva accettato di realizzare un tour gratuito di lezioni sul diritto internazionale, Israele e le guerre in medio oriente nelle principali università della Norvegia. E’ successo che tutte le università si sono rifiutate di ospitarlo, opponendogli un diniego radicale e giustificato chiaramente in nome del boicottaggio antisraeliano: “Non parli d’Israele”. Quelle stesse università non avevano esitato a ospitare accademici di fama globale, come l’autore della fatidica “Israel Lobby” Stephen Walt e l’accademico antisraeliano Ilan Pappe. Ieri dalle colonne del quotidiano Wall Street Journal Alan Dershowitz ha raccontato l’antisemitismo che infesta il paese scandinavo. Il preside della facoltà di Legge di Bergen gli ha risposto che sarebbe stato “onorato” se il giurista statunitense avesse parlato di O. J. Simpson, ma che non doveva neppure pronunciare la parola “Israele”. L’Università di Oslo gli ha semplicemente opposto un secco “no”. Il maggiore quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth, ha pubblicato un editoriale di Manfred Gerstenfeld: “C’è del marcio in Norvegia”. Lo studioso israeliano ha scritto: “Non a caso il nome di Quisling, il primo ministro norvegese durante la guerra, divenne sinonimo di traditore”. Il governo di Oslo è da tempo impegnato nella militanza antisraeliana. Ha disinvestito da colossi economici israeliani che hanno lavorato negli insediamenti. Da anni sui quotidiani norvegesi appaiono vignette antisemite. Sul giornale Dagbladet, l’ex primo ministro israeliano Ehud Olmert è apparso come il capo di un campo di sterminio. La leader socialista norvegese Kristin Halvorsen guida molte campagne di boicottaggio d’Israele. E il professor Yehoshua Jurtner, dell’Accademia israeliana per le scienze, ha detto che fra i suoi colleghi in Norvegia è stato espresso l’auspicio che Israele riceva un trattamento “pari a quello che sarebbe oggi riservato al Terzo Reich”. Dershowitz ha ricordato che soltanto un altro paese aveva boicottato le sue lezioni: il Sudafrica dell’apartheid. “Perché ero l’avvocato di Mandela”, ricorda il professore. “Nel 1993 la Norvegia fu ritenuta il luogo appropriato per lanciare gli accordi di Oslo, perché il paese era ritenuto neutrale. Oggi la Norvegia è nemica della pace. La petizione contro di me non riguarda il 1967. E’ sul 1948, la fondazione d’Israele, su ogni oncia della terra israeliana”. Il primo firmatario del boicottaggio di Dershowitz è stato Trond Andresen, professore a Trondheim, che ha usato sugli ebrei parole che vanno oltre la critica d’Israele: “C’è qualcosa di immensamente compiacente e autoreferenziale nella mentalità tribale prevalente fra gli ebrei. Non è illegittimo dire questa cosa sugli ebrei oggi quanto non lo era in Germania nel 1938”. Il massimo rappresentante dell’antisionismo norvegese è il letterato eroe nazionale Jostein Gaarder, autore del fenomeno globale “Il mondo di Sofia”. Il 6 agosto 2006, in piena guerra fra Gerusalemme e i terroristi libanesi, il quotidiano norvegese Aftenposten pubblicò un articolo di Gaarder intitolato “Il popolo eletto”. L’editoriale si apriva con queste parole: “Non riconosciamo più lo stato d’Israele”.
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