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Ugo Volli
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I giornali, le agenzie e la semantica 28/03/2011

I giornali, le agenzie e la semantica



Cari amici,
il mestiere vero di Informazione Corretta è criticare i giornali ed è certamente giusto farlo, perché in Italia ci sono poche merci di così bassa qualità come l'informazione. Chi segue questo sito vede ogni giorno le omissioni, le deformazioni, le vere e proprie bugie di cui sono infarcite le  pagine dei giornali (e naturalmente anche delle radio e delle televisioni, più difficili da documentare). Noi parliamo di Medio Oriente, ma questo vale per qualunque argomento, dal calcio all'economia: prevalgono il tifo, la disinformazione, l'ideologia, l'interesse privato. Però i giornali sono colpevoli solo in parte, perché loro stessi per la maggior parte del loro notiziario attingono a dei "giornali dei giornali" che si chiamano agenzie. Ce n'è in genere una grossa per paese (in Italia è l'Ansa) e poi alcune, pochissime, di dimensioni internazionali, da cui dipende tutta l'informazione giornalistica che non arriva direttamente in redazione: l'Associated Press, l'UPI, la Reuters.

Vorrei parlarvi oggi di quest'ultima. "La Reuters è un'agenzia di stampa britannica, tra le più note e vaste al mondo," dice Wikipedia e ha un'origine molto romantica: "Il tedesco Paul Julius Reuter (1816-1899) intraprese nel 1850 un servizio di trasmissione di notizie tra Aquisgrana e Bruxelles utilizzando i piccioni viaggiatori. Da Aquisgrana poi le notizie venivano comunicate a Berlino con il telegrafo. Nel giugno del 1851 si trasferì a Londra e nell'ottobre dello stesso anno aprì un ufficio per la trasmissione telegrafica delle quotazioni di borsa tra Londra e Parigi grazie al cavo telegrafico che stava per essere installato di li a poco sotto la Manica. Nel 1857 Reuter divenne cittadino britannico. Ben presto l'agenzia da lui fondata fu in grado di fornire notizie telegrafiche alla stampa inglese e di altri paesi europei."

Questa splendida agenzia è nota però, più che per i piccioni viaggiatori, per l'uso che fa delle tecnologie moderne. Per esempio qualche anno fa, durante la guerra in Libano, pubblicò una serie di fotografie in parte clamorosamente false (tanto che licenziò il suo fotografo: http://www.malainformazione.it/schede/46/index.htm?c1235656839), tanto come si usa dire, "staged", messe in scena per ottenere certi effetti  (http://www.malainformazione.it/schede/51/index.htm?c1235665377).  Più di recente la Reuters è stata beccata con le mani nel sacco a tagliare le parti imbarazzanti di fotografie, per esempio a riportare le immagini dei "pacifisti" della flottiglia turca diretta a Gaza, già riportate dai giornali turchi, tagliandone però il lato in cui li si vedeva impugnare coltelli insanguinati  (http://www.foxnews.com/world/2010/06/08/reuters-fake-photos-ihh-gaza-blockade-commandos/  ,  http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=2&sez=120&id=35038&print=preview) .

Qualche giorno fa la Reuters ha dato un'altro esempio di giornalismo. Ha riportato l'attentato alla stazione degli autobus di Gerusalemme in cui è morta un'anziana turista inglese e sono state ferite alcune decine di persone, usando queste parole "Police said it was a "terrorist attack" -- Israel's term for a Palestinian strike." (http://www.theatlantic.com/international/archive/2011/03/dear-reuters-you-must-be-kidding/72940/) Capite? "La polizia ha detto che si tratta di un 'attacco terrorista' – il termine israeliano per un attacco palestinese." In sé si tratta di un argomento semantico giustissimo: per esempio le previsioni del tempo italiano dicono che oggi "pioverà" – il termine usato in Italia per dire che cadrà acqua dal cielo.  Ma naturalmente la semantica dei giornali non è mai innocente, e l'uso dell'agenzia è tutto meno che casuale: "La Reuters ha severe linee guida sull'uso di determinati termini, in funzione dell'oggettività. Ciò ha causato critiche, specialmente per il suo non uso della parola terrorista all'interno di servizi giornalistici su eventi importanti, a partire dall'attacco alle Torri Gemelle. Applicando questa linea guida, Reuters ha usato il termine terrorista esclusivamente fra virgolette, sia per riportare citazioni che per distaccato riferimento. Stephen Jukes, redattore per le notizie internazionali, ha spiegato che «ciò che per un uomo è un terrorista, per un altro uomo è un combattente per la libertà», e Reuters non usa la parola terrorista per principio." (http://it.wikipedia.org/wiki/Reuters , da leggere per trovare altri episodi significativi).

Capite, il terrorismo non esiste. ci sono dei "combattimenti per la libertà", degli "attacchi". Anche l'11 settembre per la Reuters era un attacco (http://www.camera.org/index.asp?x_context=2&x_outlet=36&x_article=2013) . Mettere una bomba in una stazione degli autobus e farla esplodere in mezzo alla gente ammazzando una vecchietta non è "terrorismo", termine troppo poliziesco; è un "attacco". Ma in fondo perché chiamarlo con questa parola così violenta? Diciamo che è un'azione. E perché specificare che è stata fatta dai palestinesi? Non sono umani i palestinesi, porelli? Diciamo che è "un'azione umana". No sarebbe bello se i giornali titolassero che a Gerusalemme è avvenuta "un'azione umana". Se poi una donna ci ha perso la vita e molti altri sono stati feriti o mutilati, peggio per loro. Che importa alla Reuters?

Conclusione: una volta gli stati del "Terzo mondo" si lamentavano dell'imperialismo giornalistico dell'Occidente e l'Unesco si diede da fare per costruire fonti di notizie alternative. In effetti poi è nata Al Jazeera, che è difficile da battere come giornalismo anti-occidentale e anti-israeliano. Ma nel frattempo la protesta era diventata del tutto inattuale. Con agenzie come la Reuters, che bisogno c'è di Al Jazeera?

Ugo Volli


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