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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Nathan Wachtel, La logica dei roghi 28/03/2011

La logica dei roghi               Nathan Wachtel
A cura di Franco Motta
UTET                                          Euro 24

Nella mole crescente di studi sull'Inquisizione, emerge un volume recente di Nathan Wachtel, La logica dei roghi. Il volume è rilevante sia per il suo oggetto, lo studio della struttura inquisitoriale, sia per la domanda che si pone, quella della sua modernità. Una modernità, naturalmente, priva di giudizi di valore, intesa in senso puramente tecnico. L'analogia che Wachtel richiama a proposito dell'Inquisizione, vista però esclusivamente dal punto di vista della sua "configurazione strutturale", è quella con il moderno totalitarismo che ha caratterizzato il Novecento. Gli elementi che Wachtel utilizza, rifacendosi ad Hannah Arendt, sono la repressione volta a suscitare il terrore, la delazione e la confessione, la razionalità poliziesca, e infine l'antisemitismo di tipo razziale.
L'Inquisizione di cui Wachtel si occupa è quella portoghese, che agisce quasi esclusivamente contro i giudaizzanti, i cosiddetti marrani. I processi analizzati risalgono agli anni tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento: una distanza quindi di due secoli dalla conversione forzata degli ebrei portoghesi. E allora, potremmo domandarci, ci troviamo di fronte a una macchina inquisitoriale che continuava a creare colpevoli, come molti storici hanno sostenuto, oppure «l'Inquisizione non sbagliava mai», per citare con Wachtel un grande studioso del marranesimo, Israel Salvador Révah? In realtà nel libro ci sono due o tre casi in cui l'Inquisizione sembra prendere un abbaglio, ma generalmente la repressione sembra centrare davvero il suo obiettivo, quello di scoprire nei discendenti degli ebrei convertiti, quasi tutti brasiliani portati di fronte al tribunale di Lisbona, fin la minima traccia di "eresia giudaizzante". Gli strumenti adoperati a questo fine sono talvolta invenzioni dell'Inquisizione portoghese, come nel caso della vigia, cioè la pratica di spiare sistematicamente il detenuto, senza che questi se ne accorgesse, attraverso dei pertugi nelle pareti del carcere, in modo da dedurre dal suo comportamento conferme o smentite della sincerità della sua confessione, una pratica questa che Wachtel accosta al Panopticon. La confessione resta naturalmente, come in ogni processo di tipo inquisitoriale, al centro della procedura giudiziaria. Gli inquisiti ben sanno, d'altronde, quello che si vuole da loro: la denuncia di tutti i loro parenti, il coinvolgimento dell'intera rete famigliare. Ne deriva da parte degli imputati una sorta di strategia della confessione, in cui ciascuno accusa gli altri famigliari, in modo da far coincidere le varie confessioni. Una volta confessato in modo credibile e soprattutto completo, la strada era aperta alla riconciliazione, cioè al perdono giudiziario, sempre che non si trattasse di persone già una volta processate e "riconciliate", nel qual caso l'unica possibilità di salvarsi dal rogo stava nel negare ogni addebito. In questo meccanismo, la tortura ha poco peso, viene applicata raramente e, come sottolinea Wachtel, in contesti favorevoli all'imputato, quando cioè sussistono dei dubbi, degli indizi che necessitano di essere o confermati, o "purgati", appunto dalla tortura. Interessante notare come l'Inquisizione portoghese respingesse radicalmente qualunque traccia di sincretismo, qualunque confessione di aver praticato l'ebraismo pur restando fedele a Cristo nel cuore, una strategia difensiva invece pienamente accettata dall'Inquisizione romana nel Seicento nel caso dei rinnegati cristiani all'Islam. E ancora, a passare attraverso la macchina processuale, a distanza di qualche decennio, sono i figli e i nipoti degli imputati precedenti. Il che non è sorprendente in un contesto come quello portoghese caratterizzato dalla dottrina della limpieza di sangue, cioè da un'ideologia che sottolinea la valenza del sangue e considera tutti i discendenti di conversos di per sé sospetti di giudaizzare, ma che richiama molto da vicino, come Wachtel sottolinea, la dottrina della razza dei nostri giorni. Ed è questo contesto, tanto specifico della penisola iberica, e molto diverso da quello in cui opera l'Inquisizione romana, quello che più sostiene l'interpretazione in chiave modernizzante di Wachtel: un contesto che finisce per annullare ogni distinzione e trasformare la macchina dell'Inquisizione in una macchina volta a macinare, attraverso le generazioni, i portatori di sangue impuro.

Anna Foa
Il Sole 24 Ore


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