domenica 24 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Shalom Rassegna Stampa
27.03.2011 Quanto è ebreo Bob Dylan ?
Il commento di Alessandra Farkas

Testata: Shalom
Data: 27 marzo 2011
Pagina: 15
Autore: Alessandra Farkas
Titolo: «Quel moderno cantautore che parla con la voce dei profeti della Torah»

Sul n° di marzo di SHALOM un accurato ritratto di un Bob Dylan inaspettato, di Alessandra Farkas. Una lettura del cantante molto particolare, forse anche aldilà del possibile, ma che si accompagna bene alla prossima tournée in Israele del grandissimo artista americano.
Ecco l'articolo:


Bob Dylan                                  Alessandra Farkas

  NEW YORK – Quanto è ebreo Bob Dylan? E quanto centrali sono le tematiche ebraiche nella sua opera? Alla vigilia del 70° compleanno di una delle figure più importanti della cultura mondiale dell’ultimo secolo, (Dylan, Robert Allen Zimmerman all’anagrafe, è nato a Duluth, in Minnesota, il 24 maggio 1941), abbiamo rivolto la domanda a Greil Marcus, uno dei massimi ‘dylanologi’ americani, autore di Bob Dylan Writings e Lipstick Traces, editi in Italia da Odoya. “In Dylan l’ossessione del peccato è centrale, come dimostra Christopher Ricks nel suo bel libro Vision of Sin”, spiega Marcus, “e nella sua accezione più profonda, il peccato è un’idea alla base del Vecchio Testamento”. Anche il Nuovo Testamento include il peccato. “Si, ma il peccato cristiano, più corporeo che morale, è all’acqua di rose, se paragonato a quello con la P maiuscola, da vero anatema divino, che aleggia nella narrativa dylaniana. Un mondo in cui chi sbaglia paga e alcuni crimini sono così irreparabili che non esiste un castigo commensurato per punirli”. Dylan è forse favorevole alla pena capitale? “Non me ne stupirei. Basta rileggere l’ultimo verso di Masters of War: “spero che moriate/e la morte vi colga ben presto/Seguirò la vostra bara/in un pallido meriggio/ resterò a vedervi calare/nel vostro letto di morte/e rimarrò sul bordo della fossa/finché sarò sicuro che sarete proprio morti”.
Quali altre canzoni incarnano di più la sua filosofia del ‘peccatore senza perdono’? “E’ un leitmotiv in tutta la sua opera, da The Lonesome Death oh Hattie Carroll a Idiot Wind e da Ballad of Hollis Brown a Ain’t Talkin, tanto per citarne alcuni. Sin dall’inizio della sua attività di cantautore Dylan ha considerato il tradimento come il peggiore dei peccati. Per Giuda, da lui spesso evocato, non esiste confessione né assoluzione”. Giuda è un personaggio del Nuovo Testamento. “Però il Dylan più profondamente ebraico è quello che parla con la voce dei grandi profeti della Torah: Geremia, Isaia, Amos. Come per loro, anche nella letteratura dylaniana non conta solo ciò che si dice - il contenuto - ma come lo si dice, cioè l’intonazione. In Dylan quest’intonazione diventa la voce morale dietro la voce fisica”.
Questo binomio è presente in tutta la sua opera? “Da Like a Rolling Stone in avanti. Blind Willie Mc Tell è un ottimo esempio di come la sua conversione cristiana e il suo background ebraico siano amalgamati fino a diventare una religione unica e nuova”. Dylan è cresciuto in un ambiente molto religioso? “La sua è stata probabilmente un’infanzia più conservatrice della mia. Ma l’ebraismo Reform del Minnesota, e lo conosco bene perché mia moglie viene dalla stessa comunità, era piuttosto aperto. Non mi risulta che la sua famiglia fosse kosher”. Che tipo di Bar-Mitzvah ha avuto Dylan? “Due zie di mia moglie erano tra i 400 invitati: praticamente ogni singolo ebreo del Nord Minnesota e certamente tutti i clienti del negozio di suo padre Abe Zimmerman. Sua madre Beatty, una donna molto cordiale e amichevole, ha raccontato ad alcuni nostri parenti che Bob era sempre stato affascinato dalla religione. Al punto da frequentare, oltre alla sinagoga di Hibbing, anche tutte le chiese del villaggio”.
Quella del Minnesota è una comunità ebraica molto diversa rispetto al resto degli Stati Uniti? “A Hibbing c’erano pochi ebrei, anche se avevano una sinagoga. La maggior parte di loro veniva dall’Europa dell’Est. I suoi antenati erano arrivati dalla Russia, ma non mi risulta che Dylan abbia mai cercato di approfondire le proprie radici”.
Esiste una parentela artistica tra la musica di Bob Dylan e i film dei fratelli Coen, anche loro originari del Minnesota? “Sono certo che i Fratelli Coen abbiano chiesto a Dylan di collaborare con loro, così come lo so che lui abbia tratto ispirazione da film quali Fargo, Fratello, dove sei? e A Serious Man. Chi ha visto quest’ultimo film capisce l’affinità elettiva tra i tre artisti”. Qual è la canzone più ebraica di Dylan? “Le sue canzoni più ebraiche sono anche le più cristiane. In Blind Willie McTell ad esempio, Dylan pone un parallelo tra Gerusalemme e New Orleans, la servitù degli ebrei in terra d’Egitto e la schiavitù degli africani in America. La prima strofa cita Esodo 12,7, il segno sulle porte degli ebrei che li salva dalla morte dei primogeniti d’Egitto, mentre un’ulteriore citazione viene dalla Prima Lettera di San Pietro 1, 23: “Perché voi siete stati rigenerati non da un seme corruttibile ma da un seme incorruttibile”. 

Per inviare a Shalom la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.


feedback@shalom.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT