Sul FOGLIO di oggi, 26/03/2011, un articolo dal titolo " La Turchia inquisisce il libro che denuncia l'islamizzazione", un pezzo che dovrebbero leggere quanti ancora non si rendono conto della deriva islamista che ha allontanato la Turchia dall'Europa.
lo scrittore turco Ahmet Sik
Roma. In turco si dice “fethullaci”. Sono le confraternite islamiste del magnate Fethullah Gülen, pioniere della reislamizzazione turca. Doveva intitolarsi “L’esercito dell’imam” il libro del giornalista liberale Ahmet Sik incentrato su Gülen e le confraternite islamiche infiltrate negli apparati di stato turchi, soprattutto nella polizia. Ma l’autore è in carcere da una settimana e il suo libro è stato sequestrato dalla magistratura, che ha anche prelevato dalla casa editrice il file elettronico del manoscritto. Il governo Erdogan accusa Sik e altri giornalisti in carcere di complotto. Quelli che si considerano “custodi del kemalismo” replicano che il primo ministro ha intrapreso un’inquisizione contro il dissenso secolare in Turchia. L’accusa contenuta nel libro è che gli adepti di questa potente setta islamica si siano infiltrati nei gangli delle istituzioni statali allo scopo di minare alle fondamenta lo stato laico di Mustafa Kemal Atatürk, il fondatore della Turchia moderna. L’imam Gülen cominciò la sua attività negli anni Settanta, quando organizzava campi estivi dove si insegnavano i principi dell’islam, dando vita alle prime reti di case per studenti, le “isik evleri” (“case della luce”), passando alla costruzione di scuole e università, mass media e associazioni che lavorano per concretizzare un “islam moderno turco”. Il suo movimento si basa sulla cooptazione volontaria di decine di migliaia di adepti, in grado di insegnare e coordinare centinaia di scuole che portano il suo nome. Non solo in Turchia, ma in almeno novanta paesi. Oggi Gülen (detto “Hodja”, maestro di islam) è a capo di un vero e proprio impero: istituti di beneficenza, agenzie immobiliari, sei università e la rete bancaria Asya Finans. La sua confraternita vanta azioni in emittenti radio e televisive – tra cui la tv Samanyolu (“La via lattea”), seguita da milioni di turchi in patria e all’estero – ed è proprietaria del quotidiano Zaman, che strizza l’occhio al governo Erdogan. Il 5 maggio 2006 un tribunale turco riconobbe Gülen colpevole dell’accusa di voler trasformare la Turchia in uno stato teocratico di tipo iraniano. La condanna venne annullata il 5 marzo 2008, ma il 7 aprile seguente un procuratore della Cassazione chiese l’annullamento della sentenza di assoluzione. Oggi Gülen vive in esilio volontario negli Stati Uniti. Tre giorni fa la polizia è andata persino a casa di Ertugrul Mavioglu, amico di Sik, alla ricerca di una copia del fatidico libro. L’autore lo aveva inviato a Mavioglu per ottenere dei consigli sulla stesura del saggio. La polizia ha setacciato gli uffici della Hürriyet Medya Towers a Istanbul il gruppo editoriale per cui lavora Sik. Commentando l’inquisizione scatenata contro l’autore, gli avvocati di Sik hanno detto: “Il prossimo passo sarà una lobotomia nel cervello di Ahmet”. Sik non è il primo scrittore sotto processo nella Turchia di Erdogan. Nei guai è finito Nedim Gürsel, professore di Letteratura alla Sorbona di Parigi, a causa del romanzo “Le figlie di Allah”. Stavolta l’accusa non riguardava più il cardine dello stato kemalista, ma la religione islamica. Il solo titolo, “Le figlie di Allah”, ha fatto gridare allo scandalo, perché nel monoteismo islamico il solo concetto di “figlio di Dio” è rifiutato come blasfemia. Erdogan ha avviato azioni giudiziarie contro il celebre caricaturista Musa Kart, che l’aveva dipinto come un gatto invischiato in un gomitolo di lana. L’anziana archeologa Muazzez Ilmiye Çig è stata incriminata con l’accusa di aver insultato l’islam per aver sostenuto che l’uso del velo da parte delle donne è tradizione antecedente a Maometto, risale a cinquemila anni fa. Viaggia sotto scorta il direttore del quotidiano liberale Radical, Ismet Berkan. Come lui tanti altri giornalisti. Nedim Sener è in carcere assieme a Sik per aver scritto un libro sugli errori dei servizi di intelligence che hanno portato all’assassinio del giornalista armeno Hrant Dink.
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