Sono ormai evidenti i danni di Obama in Medio Oriente
di Piera Prister
Dov’e’ il Presidente Barack Obama mentre infuria la guerra in Libia? Ce lo immagineremmo attorniato dai suoi generali e dal ministro della Difesa, Robert Gates, a monitorare la situazione in Medio Oriente, a discutere di strategia militare, tra mappe e carte topografiche. Invece e’ assente, sia con il corpo – e’ appena ritornato dal suo viaggio in America Latina – e sia con la mente -pensa a fare il tifo per le squadre di basketball dei college americani- salvo poi parlare alla nazione e leggere con faccia sdegnata, un bel discorso al teleprompter che gli ha scritto magari uno studente brillante, un quattrocchisparapidocchi dell’universita’ di Harvard.
Ha aspettato che si muovessero per primi in Libia le nazioni europee e la Nato, e poi si e’ accodato, come per dire: “armiamoci e partite”. E’ rimasto cosi' fedele al suo cliché di uno che disdegna la politica estera. Nel suo viaggio in Cile non si e’ sconfessato, ha ancora chiesto scusa al presidente cileno per l’appoggio” degli Stati Uniti al dittatore Pinochet, mentre avrebbe dovuto cancellare quel viaggio e rientrare a Washington alla svelta, perche’ i tempi ferali lo richiedevano.
Un comandante in capo dovrebbe rimanere al suo posto di comando. Bibi Netanyahu, come si legge sul Jerusalem Post del 23/3/2011, in un articolo della redazione,“Netanyahu delays Russia departure after explosion” ha rimandato il suo viaggio importantissimo in Russia e l’incontro con le autorita’, Medvedev e Putin, per chiedere loro di non vendere piu’ armi ad Hamas ed Hezbollah, subito dopo l’esplosione della bomba alla stazione degli autobus a Gerusalemme, successiva all’escalation del lancio di missili su Israele e al massacro di Itamar.
Ma Obama non vuole opporsi al Male ma piuttosto si oppone a chi combatte contro il Male, questa e’ la sua dottrina e cosi’ fa il gioco dei cattivi e nuoce ai buoni. Le rivoluzioni nel mondo musulmano si preparavano da tempo, data l’estrema deprivazione sociale e culturale delle masse oppresse dai regimi dai rubinetti d’oro, ricchi di petroldollari.
Pero’ Obama, quando ha elargito milioni di dollari per la ricostruzione di Gaza, ha teso la mano agli oppressori, non agli oppressi, non ha posto alle autorita’ palestinesi, per giunta antagoniste, ne’ ai signori del petrolio precondizioni, come la dissociazione dall’integralismo islamico, l’avvio delle riforme per l’elevazione sociale e culturale delle masse e per la promozione delle donne. Anzi paradossalmente vorrebbe vederle avvolte nel velo e lo ha sostenuto apertamente nei suoi discorsi pubblici.
Dopo il viaggio nel 2010 del vicepresidente Joe Biden in Israele e nel territorio dell’Autorita’ Palestinese, amministrato da Al-Fatah’, Obama era proprio molto arrabbiato con Bibi Netanyahu che difendeva il principio dell’indivisibilita’ di Gerusalemme, capitale di Israele, e il diritto di costruirvi abitazioni; mentre non era nemmeno risentito con Abu Mazen, che pur stava inaugurando a Ramallah, in mezzo a scolaresche, una statua in onore di Dalal Mughabi, una terrorista palestinese che in Israele nel 1979, massacro’sugli autobus 37 civili. E’ stata quella la crisi piu’ grave in 35 anni tra Washington e Gerusalemme come ha detto l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti, Michael Oren. Intanto, approfittando della svagatezza di Barack Obama, “commander in chief”, che non certo brilla per decisionismo, il Medio Oriente brucia, la situazione e’ fuori controllo e sta degenerando in conflitti di guerra civile da cui di sicuro ne trarranno vantaggio le forze eversive del terrorismo islamico che hanno appena fatto esplodere una bomba assassina a Gerusalemme, seminando il terrore tra la popolazione gia’ provata per l’eccidio di Itamar in Samaria, dove quegli scellerati palestinesi hanno infierito profanamente persino contro un bambino di pochi mesi, oltre che contro gli altri membri della famiglia, e dal lancio di missili nel sud di Israele, malgrado l’intervento militare delle democrazie occidentali in Libia.
Intanto si teme con spavento una terza Intifada, essendo vivo il ricordo della precedente che causo’ circa duemila morti. Obama, malgrado le parole di condanna, tentenna, vuole e disvuole, all’ultimo con spirito gregario, ha aderito all’intervento militare in Libia, ma dopo che i paesi della della Nato avevano gia’ deciso, senza pero’chiederne l’approvazione al Congresso, per cui ora e’ indiziato.
Con quello che stava accadendo in Libia, era partito in un viaggio in America Latina lasciando a Washington le sue donne Hillary Clinton e Susan Rice, l’ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, a sbrigar tutto e a reggere la pesante situazione. Intanto proprio in Libia hanno abbattuto un aereo americano, non si sa se per fuoco amico o nemico. Piu’ confusi di cosi’! La verita’ e’ che l’elezione di Obama alla Casa Bianca , con tutto quello che di torbido c’e stato dietro, sta dando i suoi frutti maligni.
Gli Stati Uniti invece di difendere Israele, il loro tradizionale alleato, sembrano far il gioco dei suoi nemici come di Abu Mazen che e’un grande rimestatore di odio ed indegno di sedersi al tavolo della pace, perche’ e’ come Arafat, predica bene e razzola male. Inneggia alla terrorista palestinese, Mughabi e arma la mano degli assassini di Itar. I terroristi non sono fessi, sanno che quando il gatto dorme i topi ballano.
Sono loro, Ahmadinejad, Khamanei, Nasrallah, Hezbollah, Hamas, Fratelli Musulmani, Al-Awlaki e Al-qaeda che, stando dietro le quinte, muovono le fila del terrorismo internazionale, tutti quanti si staranno fregando le mani dalla contentezza in attesa della vittoria. Mentre a Teheran quel visionario negazionista di Ahmadinejad continua a preparare la bomba nucleare malgrado la guerra cibernetica che Stuxnet gli ha dichiarato. E’ ovvio che ai cosiddetti ribelli si stiano mescolando i terroristi, quegli stessi che uccidono i soldati americani e italiani in Iraq ed Afghanistan. A questi non andavano bene il tunisino al-Abidine Ben Ali e l’egiziano Mubarak, come non va bene il libico Gheddafi e lo yemenita Saleh. Perche’ ritenuti tutti fedigrafi, alleati piu’ o meno degli Stati Uniti, con il piede su due staffe.
Quelle terre le vorrebbero tutte per se’, dominate a perdita d’occhio da un unico califfato, sotto la spada dell’Islam e sotto la Legge Islamica o Shariah Law. Quello che ci preparano e’ un blocco di paesi apertamente terroristi che faranno del terrore la loro legge.
Il presidente italiano Giorgio Napolitano parla erroneamente di Risorgimento dei popoli arabi, stando cosi’ le cose non ci sara’ nessun risorgimento. La sua e’ una visione vetero-marxista delle rivoluzioni, da quella bolscevica a quella cinese che hanno prodotto i peggiori e i piu’ truculenti regimi che da nessuna parte hanno aperto alla democrazia, ne’alle liberta’ individuali, ne’ tanto meno alla felicita’. Molti tra quelli che ora si ribellano sono si’ motivati dalla fame, dalla miseria, dall’angherie e dai soprusi, ma saranno doppiamente tenuti in scacco, se si aspettano d’essere riscattati dal marxismo. Solo la democrazia puo’ farlo. Piera Prister Bracaglia Morante