Gli sta bene, se la sono cercata Ecco come la pensa il quotidiano comunista sull'attentato a Gerusalemme
Testata: Il Manifesto Data: 24 marzo 2011 Pagina: 10 Autore: Fausto Della Porta Titolo: «Attacco alla stazione, incubo terza intifada»
Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 24/03/2011, a pag. 10, l'articolo di Fausto Della Porta dal titolo "Attacco alla stazione, incubo terza intifada".
Ecco il commento del quotidiano di Rocca Cannuccia di fronte all'attentato di Gerusalemme e alla condanna che ne hanno fatto Salam Fayyad, Ban Ki-Moon e Barack Obama : "Nessuno però negli ultimi mesi ha mosso un dito da quando Israele ha deciso di sospendere la moratoria della costruzione degli insediamenti in Cisgiordania e riprendere la colonizzazione di massa delle terre che le risoluzioni delle Nazioni Unite attribuiscono a un nascendo Stato palestinese.". Una risposta simile è stata data dai terroristi della Striscia, l'attentato è la naturale risposta dei palestinesi ai 'crimini di Israele'. Ovviamente a Della Porta non interessa che la moratoria sugli insediamenti non sia stata interrotta, ma sia semplicemente scaduta. Abu Mazen non ha fatto niente per far ripartire i negoziati finchè non è scaduta. La colpa sarebbe di Israele ? Della Porta cerca di scagionare Hamas per quanto riguarda il lancio di razzi contro Israele : "Negli ultimi mesi però a sparare i razzi da Gaza verso Israele sono quasi esclusivamente i miliziani della Jihad islamica ". Come se nella Striscia fosse possibile qualche movimento non approvato da Hamas. L'articolo si conclude con queste parole : "il 15 maggio prossimo, in occasione del 63° anniversario della «nakba» la fuga e l’espulsione di 800mila palestinesi dalla loro terra durante il conflitto arabo- israeliano del 1948". Ci chiediamo se Della Porta l'abbia scritta ricopiandola da qualche manuale di Hamas, ricalca perfettamente le menzogne palestinesi sulla nascita di Israele. Gli arabi non furono espulsi, ma convinti a scappare dai Paesi arabi limitrofi. La nascita di Israele sarebbe potuta coincidere con quella di uno Stato palestinese, nessun israeliano si sarebbe opposto. Sono stati gli arabi a rifiutare e a rifiutarsi di riconoscere Israele. Il 15 maggio prossimo sarà l'anniversario della nascita dell'unica democrazia mediorientale, ma gli odiatori preferiscono chiamarla 'catastrofe'. Ecco l'articolo:
Èun’escalation di violenza che ricorda la seconda intifada quella che nelle ultime ore ha colpito i Territori palestinesi occupati, Gaza e Gerusalemme dove ieri, nella parte ebraica della città, una bomba ha ucciso una donna israeliana e ferito una trentina di persone. Secondo le prime indagini, a scoppiare ieri pomeriggio a Gerusalemme è stato un ordigno (un paio di chili di esplosivo reso più letale dall’aggiunta di frammenti di metallo) nascosto all’interno di una borsa abbandonata per terra, adagiata a una fermata dell’autobus nei pressi della stazione centrale. L’ultimo attentato esplosivo nella Città santa risale a quattro anni fa. A colpire in passato erano stati però quasi sempre attentatori suicidi palestinesi. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annullato un viaggio in programma a Mosca. Una «risposta» israeliana potrebbe arrivare nelle prossime ore. Ma sono evidenti i passi falsi che l’intelligence di Tel Aviv sta compiendo negli ultimi tempi: non ha ancora un responsabile l’attacco che pochi giorni fa ha ucciso cinque coloni ebrei nell’insediamento di Itamar, dopo che uno o più attentatori erano riusciti a superare indisturbati la barriera elettrificata che difende l’insediamento. E ieri nessuno aveva previsto la bomba, né la borsa esplosiva abbandonata alla fermata aveva fatto scattare l’allarme. Le rituali dichiarazioni di condanna sono piovute da tutte le parti, dal «premier» del protogoverno palestinese Salam Fayyad, che ha condannato «duramente questo atto di terrorismo», al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che «condanna con forza », fino al presidente Usa Barack Obama, che ha «sottolineato che Israele, così come tutti gli altri Paesi, ha diritto ad auto-difendersi ». Nessuno però negli ultimi mesi ha mosso un dito da quando Israele ha deciso di sospendere la moratoria della costruzione degli insediamenti in Cisgiordania e riprendere la colonizzazione di massa delle terre che le risoluzioni delle Nazioni Unite attribuiscono a un nascendo Stato palestinese. E nelle ultime settimane l’assenza di progressi politici-diplomatici ha fatto salire la tensione tra israeliani e palestinesi e tra le fazioni palestinesi. Raid quotidiani dell’aviazione israeliana contro la Striscia di Gaza, coloni ebrei scatenati contro i contadini palestinesi in Cisgiordania. Poi la strage di cinque membri di una famiglia (tra cui due bambini e un neonato) di settler in Cisgiordania e il massacro l’altro ieri di otto palestinesi (tra cui tre ragazzini che giocavano a calcio). Un’escalation di violenza oscurata dalla guerra alla Libia e dall’emergenza nucleare in Giappone. Anche la seconda intifada (nel settembre 2000) scoppiò in un momento di stallo negoziale e di accentuata conflittualità tra Al Fatah, il partito del «presidente» Abu Mazen, e gli islamisti di Hamas. Negli ultimi mesi però a sparare i razzi da Gaza verso Israele sono quasi esclusivamente i miliziani della Jihad islamica, mentre Fatah continua a scommettere sulla strategia negoziale e sul presidente statunitense Obama e Hamas punta ad amministrare la Striscia e cercare di riguadagnare spazi di agibilità politica in Cisgiordania, dove la sua dirigenza è stata decimata da una campagna di arresti ad opera dell’Autorità palestinese (Anp) e delle forze d’occupazione israeliana. Alla possibilità dell’esplosione di una terza intifada deve credere il ministro della diaspora Yuli Edelstein, che ieri ha scritto una lettera al fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, chiedendogli di rimuovere dal social network una pagina, intitolata «Third palestinian intifada», che in meno di un mese ha raccolto 250mila adesioni. Nella pagina palestinesi e sostenitori dall’estero dell’autodeterminazione palestinese invitano a far scoppiare la nuova rivolta il 15 maggio prossimo, in occasione del 63° anniversario della «nakba» la fuga e l’espulsione di 800mila palestinesi dalla loro terra durante il conflitto arabo- israeliano del 1948.
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