Proteste anti regime anche in Siria analisi di Carlo Panella
Testata: Il Foglio Data: 23 marzo 2011 Pagina: 5 Autore: Carlo Panella Titolo: «Che cosa farà l’occidente ora che la crisi contagia anche la Siria?»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 23/03/2011, a pag. I, l'articolo di Carlo Panella dal titolo "Che cosa farà l’occidente ora che la crisi contagia anche la Siria?".
Carlo Panella
Roma. Continua nonostante la dura repressione la protesta contro il regime di Bashar el Assad nella città di Daraa; ieri, i dimostranti si sono radunati nella moschea al Omari al centro della città, che è stata poi circondata da un imponente schieramento di forze di sicurezza, che si è però limitato, a quanto riferiscono testimoni, a una forte sorveglianza. Sempre ieri è morto, a causa dell’intossicazione provocata dai lacrimogeni lanciati due giorni fa dentro la moschea, un bambino, la sesta vittima da venerdì scorso, mentre la polizia ha liberato i 15 bambini di età tra gli otto e i dieci anni che erano stati arrestati un mese fa perché sorpresi a cantilenare per le strade della città slogan antiregime. L’episodio è indicativo delle tensioni che stanno scuotendo il paese arabo sottoposto al regime poliziesco più feroce. I bambini, tutti appartenenti al clan degli Abizayd, compagni di classe di quarta elementare, erano stati arrestati a freddo, nottetempo, nelle loro case, dopo che la mattina precedente erano stati identificati per strada. L’episodio oltre i limiti del grottesco e del tollerabile ha provocato la rabbia popolare e ha innescato la protesta che è sfociata nella “giornata della collera” proclamata venerdì scorso, cui hanno partecipato varie migliaia di manifestanti, duramente repressa dalle forze dell’ordine. Altre manifestazioni si sono svolte venerdì a Jassem e a Banyas, mentre la stazione della polizia veniva presa d’assalto dai manifestanti nella cittadina di Inkhil. Domenica, sempre a Daraa, è stato preso d’assalto il Palazzo di giustizia, dopo che la polizia aveva violentemente attaccato il corteo funebre delle vittime del venerdì. La repressione e l’arresto dei bambini non sono una novità nella Siria baathista, ma in questa occasione la reazione popolare è stata tale da imporre al governo una brusca correzione di rotta. Lo stesso Bashar el Assad – fatto assolutamente inusuale – ha espresso le sue condoglianze alle famiglie delle prime due vittime degli incidenti di Daraa di venerdì, dandone notizia in un comunicato ufficiale in cui si parlava addirittura di “due martiri”. Assad ha poi inviato a Daraa il suo vicepresidente Faruq ash Sharaa per incontrare i leader tribali, mentre veniva annunciata una “inchiesta trasparente per punire i responsabili dell’uccisione di persone”. La liberazione dei bambini, che hanno comunque passato un mese nelle carceri siriane, è stato il frutto di questo tentativo di appeasement. E’ ancora sotto controllo la piazza di Damasco, in cui gruppi di Facebook continuano a chiamare alla mobilitazione. Nel complesso, il regime baathista avverte il forte pericolo di contagio della rivolta araba e alterna la repressione a cauti passi indietro, scaricando sui funzionari locali la responsabilità della violenza. Bashar el Assad ha deciso di mandare un fratello, che è generale, nel sud a “controllare” la situazione. Il rais stenta a intraprendere quella strada di riforme politiche e sociali che ha promesso da anni, e mai attuato e si limita a vaghe promesse. Il vicepresidente Faruq ash Sharaa ha voluto quindi caratterizzarsi con un discorso inedito come leader della componente “riformista”: “Le strade sono quasi pronte per operare importanti riforme politiche e giudiziarie; riforme che ne attireranno altre, in particolare nella lotta alla corruzione; le elezioni amministrative previste per la prossima estate saranno condotte con una nuova legge elettorale che sarà annunciata tra poco e anche quelle legislative (convocate entro il 2011) si terranno con misure diverse dal passato; in Siria bisogna essere realisti: c’è da rivitalizzare il desiderio del rinnovamento, ma impiegare anche il tempo per colmare le lacune ed evitare squilibri; non si può solo criticare. Bisogna trovare il giusto equilibrio tra critica e proposta di alternative”. Il discorso è ambiguo, senza scadenze e impegni precisi, senza alcuna indicazione di riforme economiche e sociali e soprattutto con riferimenti espliciti ai tempi lunghi, a perfetta replica della reazione alle manifestazioni da parte del tunisino Ben Ali e dell’egiziano Hosni Mubarak. Il tutto, in un paese in cui è fortissima la tensione tra la stragrande maggioranza della popolazione che è sunnita, e la piccola e misterica setta degli alauiti (di matrice sciita) che controlla partito e stato.
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