mercoledi` 27 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Informazione Corretta Rassegna Stampa
20.03.2011 Cambiare tutto per non cambiare nulla?
Federico Steinhaus analizza i pericoli delle teocrazie islamiche

Testata: Informazione Corretta
Data: 20 marzo 2011
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: «Cambiare tutto per non cambiare nulla?»

Cambiare tutto per non cambiare nulla?
di Federico Steinhaus

Oramai, lentamente, per scossoni, cominciamo ad intravedere anche le opzioni del “dopo” (dopo Mubarak, dopo Gheddafi...), che non sono del tutto tranquillizzanti. Avere più libertà in patria non è la stessa cosa, per il mondo arabo, che avere rapporti migliori con il mondo occidentale e con Israele. Liberarsi di una tirannia non è la stessa cosa che dare spazio alla democrazia intesa secondo i canoni occidentali. L’Islam non è qualcosa che è stato loro imposto dall’esterno, il Corano non è un testo che si possa mettere da parte: sono alla radice dell’educazione, dell’anima stessa degli arabi, che nelle predicazioni del venerdi in ogni moschea sentono anche le interpretazioni politiche della parola di Allah. E queste predicazioni, come l’insegnamento scolastico e come i media di informazione, non trasmettono alcun apprezzamento che getti una luce positiva sul mondo degli “infedeli”. Nella migliore delle ipotesi sarà la prossima generazione di arabi a poter godere di una relativa libertà di giudizio su di noi, come già è avvenuto dopo la caduta dell’impero sovietico: questa generazione è stata allevata nella convinzione manichea che il male è tutto annidato oltre i confini dell’Islam. La brutale strage di Itamar, genitori e tre bambini sgozzati nei loro letti, può forse servire come un primo parametro per valutare il futuro. Le parole di dura condanna, di ribrezzo, pronunciate in inglese da molti leader politici del mondo palestinese ed arabo sono probabilmente, come in passato, solamente un paravento per celare quanto essi invece dicono ai loro confratelli in arabo. Sulla stampa palestinese della Cisgiordania possiamo anche leggere le considerazioni meno empatiche che accusano Israele di uccidere sistematicamente bambini (e pertanto di non avere titolo morale per indignarsi sull’uccisione dei bambini Fogel) e di sfruttare ora a fini propagandistici quell’eccidio. Hamas, invece, festeggia platealmente, e la mattina di sabato 19 marzo lancia almeno 49 colpi di mortaio su Israele, distruggendo case, ferendo persone e costringendo la popolazione a passare la giornata nei rifugi – tanto per far sapere che loro sono saldi al potere. Una parte importante della partita si gioca in Bahrein, dove si fronteggiano un re sunnita che ha offerto il proprio territorio agli Stati Uniti come base militare avanzata nell’area più delicata del mondo ed un gruppo di ribelli sciiti che lo vogliono abbattere per spalancare le porte all’Iran. Che la Turchia di Erdogan, forse per l’approssimarsi delle elezioni politiche, freni l’aiuto militare che l’Iran invia a Hamas, che Hezbollah sia in una posizione d’attesa in Libano e che in Siria Assad non si faccia intimidire da quanto avviene nel Maghreb sono solamente indicatori di una complessiva instabilità regionale che durerà ancora molto a lungo. Alla fine del 2010 la televisione palestinese ha mandato in onda un programma per bambini in cui si affermava che gli arabi erano a Gerusalemme duemila anni prima che ci venisse il primo ebreo e quella iraniana ha trasmesso un programma in cui si accusava Mark Zuckerberg (creatore di Facebook) di aver istituito un premio in denaro per ogni uccisione di un arabo da parte di un israeliano; un prete iracheno, Suheil Qasha, ha affermato dalla televisione NBN che il sionismo considera ogni non ebreo peggio di una bestia e pretende che sia servo degli ebrei; il 2 marzo di quest’anno Hussein Triki, ex rappresentante della Lega Araba in Argentina, ha infine affermato alla televisione iraniana Al Alam che la Shoah è un’invenzione degli ebrei che, attraverso il sionismo, vogliono conquistare il mondo. Insomma, la collezione di perle di questo genere continua ad arricchirsi: come potranno gli arabi insorti divenire consapevoli di un tale lavaggio del cervello di cui sono stati per decenni le vittime? La sconfitta dei tiranni da parte del popolo non è il toccasana per tutto il male né esclude che altri tiranni li possano sostituire. E la peggiore di tutte le tirannie è quella del fanatismo religioso, con l’avallo del quale l’umanità ha sempre commesso i crimini più efferati.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT