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Il Foglio Rassegna Stampa
17.03.2011 Afghanistan, la dottrina Petraeus non dà i risultati sperati
Commento di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 17 marzo 2011
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Le valli abbandonate»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 17/03/2011, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "Le valli abbandonate".


Daniele Raineri, gen. David Petraus

Sana’a, dal nostro inviato. Il generale David Petraeus è a Washington per fare rapporto al Congresso sulla guerra in Afghanistan. Per i giornali americani il tono usato dal comandante martedì con la commissione Forze armate del Senato e ieri con quella della Camera è “positivo”. Le forze di sicurezza afghane che sostituiranno i soldati Isaf, compresi gli italiani, sono aumentate di un terzo, settantamila uomini in più, “e sono cresciute anche in qualità, non soltanto in quantità”. Grazie alle offensive militari, i guerriglieri sono stati cacciati da zone in cui la loro presenza era fortissima, come l’area a ovest di Kandahar e vaste parti della provincia di Helmand. Seth G. Jones, un analista indipendente che l’anno scorso ha scritto uno dei saggi più sobri e dettagliati sulla guerra americana a Kabul, “La tomba degli imperi”, riconosce su Foreign Policy che il surge funziona: “Il mese scorso i comandanti si sono riuniti in un vertice segreto vicino a Quetta, in Pakistan, per discutere la perdita di territori. Ammettono che il controllo da parte del governo sta aumentando, e così le alleanze di Kabul con i locali”. Una ragione nel declino talebano, spiega Jones, è l’arrivo di altri militari occidentali. Oggi nel sud ci sono 70 mila uomini della Nato, nell’aprile del 2009 erano 20 mila. Petraeus definisce i progressi con le stesse parole usate nel 2007 per quelli ottenuti in Iraq: “Fragili e reversibili”. Il generale a capo della Defense Intelligence Agency, Ronald Burgess, usa toni più negativi: è vero che i talebani non sono mai stati così sotto pressione, ma “il gruppo è resistente e tenace”. Quello che dal rapporto non traspare è che la strategia di Washington è a una svolta. La counterinsurgency larga del generale, in stile Iraq, che vince portando l’intera popolazione dalla parte del governo centrale ora sta perdendo peso a favore di un’ibridazione con la dottrina appoggiata dal vicepresidente Joe Biden, pochi soldati e tanti blitz mirati con droni e squadre speciali. All’inizio del mandato di Obama, la dottrina Biden era risultata troppo “light” e perdente a confronto con il pur elefantiaco e impegnativo invio di truppe. Ora la counterinsurgency sta regredendo e il pedale è schiacciato a tavoletta sull’azione delle squadre speciali: negli ultimi sei mesi del 2010 hanno compiuto 7.000 raid e hanno ucciso o catturato 600 capi, ucciso 2.000 talebani e catturati altri quattromila. I soldati invece si stanno ritirando e stanno abbandonando le basi ai talebani in zone importanti. La difesa di quelle aree è costata anni di combattimenti durissimi, ma i comandi si giustificano: la nostra strategia fa perno sulla difesa della popolazione, abbiamo risorse limitate, il gioco non vale la candela laggiù, preferiamo concentrarci sulle aree più popolose. Il colpo di propaganda per i talebani è stato però grande, al Jazeera ha trasmesso filmati di loro dentro le basi americane abbandonate. E, hanno detto ufficiali Nato senza nome, “gli afghani stanno soltanto aspettando di capire chi prevarrà. Cosa penseranno ora che i talebani puniscono chi ha collaborato con noi nei luoghi che abbiamo lasciato?”.

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