"Massacro di Itamar, la lezione fondamentale è questa: ribellarsi, reagire attivamente "
Cari amici, scusatemi se ancora oggi non mi sento di scherzare. Credo di dovervi ancora una riflessione sulla strage di Itamar - non perché voglia dire cose nuove, anzi; ma perché credo che non pensiamo abbastanza ad alcuni aspetti fondamentali della nostra situazione e non ci regoliamo su di essi quanto servirebbe.
Di fronte a ogni azione umana, la più alta e la più bassa, dobbiamo sempre chiedercene la ragione. Che delle bestie umane sgozzino una coppia e i suoi bambini richiede dunque una spiegazione. Bisogna interrogarsi sulle ragioni di questo crimine. Perché dunque gli assassini hanno colpito, e in questa maniera orribile? Non basta addurre il sadismo, né la miseria né la disperazione né la propaganda martellante dei madia e del mondo politico palestinese né la losca comprensione religiosa di un divino che accoglierebbe gli assassini con vergini da violentare. C'è un motivo più fondamentale
Questo motivo è evidente, dichiarato fin dal nome che usiamo: sono terroristi perché vogliono terrorizzare. Il loro è un tentativo di agire sulla mente di chi riceve la notizia del loro crimine. Gli assassini dell'11 settembre non hanno certo pensato di danneggiare economicamente né militarmente l'America abbattendo le Twin Towers, i terroristi di Londra, di Madrid, della stazione di Bologna (arabi palestinesi anche loro, Cossiga docet) non hanno voluto produrre effetti militari diretti ma soprattutto produrre terrore, mostrare quella che un disgraziato fiancheggiatore ha chiamato a suo tempo la "geometrica potenza" espressa dalla Brigate Rosse nel rapimento Moro. Sconcertare e impaurire la popolazione, farsi temere, mostrare che chi si oppone anche passivamente rischia una morte orribile: questo è il terrorismo.
Gli assassini dell'altro giorno, come tutti i terroristi palestinesi se la sono sempre presa coi più deboli, coi più indifesi, coi più innocenti: non solo per vigliaccheria – anche per questo, non bisogna mai dimenticare che sono dei vigliacchi quando si tratta con loro. Ma soprattutto perché pensano che in questa maniera possono mettere in fuga il nemico, terrorizzarlo. E naturalmente ci riescono, per esempio con buona parte dei politici, dei giornalisti e delle classi dirigenti europee, ma anche con gli intellettuali e gli artisti di mezzo mondo, che in maniera "del tutto spontanea" si alleno alle loro tesi, boicottano Israele e si allineano con la loro sensibilità. Un allineamento che è arrivato fino all'uomo più potente del mondo, il patetico e pusillanime premio Nobel della pace preventivo del 2009
E' essenziale dunque non farsi spaventare, non farsi condizionare. E mostrarlo, falo vedere, ribellarsi, reagire attivamente. La lezione fondamentale è questa. Per fortuna Israele la conosce bene e Netanyahu da quell'ottimo politico e conoscitore del mondo che è, ha detto la cosa giusta: "loro sparano e noi costruiamo". Non nel senso che Israele rinunci a perseguire con tutti i mezzi i terroristi; ma che essi (e chi dentro la leadership palestinese li manda) deve sapere che il risultato che otterranno è l'opposto di ciò che desiderano: non il terrore, ma la determinazione a restare e a combatterli. In questo caso, lo sblocco di nuovi appartamenti da tempo necessari agli insediamenti. Il che non significa, come qualcuno dice "divorare" la terra contesa, perché non si tratta di fondare nuovi paesi o di ampliare il perimetro delle cittadine che esistono, come Itamar; ma della determinazione a non soffocarle, come vorrebbero i palestinesi, nella decisione di farli vivere e prosperare. Non sarà ammazzando vittime indifese che si spianteranno gli ebrei dalla loro terra, la pace potrà venire solo dall'accordo, dalla fine della violenza, dal riconoscimento dell'identità dell'altro: questo è il messaggio di Netanyahu e questo noi oggi dobbiamo condividere e sostenere.