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La Stampa Rassegna Stampa
13.03.2011 La Lega Araba d'accordo sulla no fly zone
La cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 13 marzo 2011
Pagina: 25
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «La Lega Araba d'accordo sulla no fly zone»

Libia, il pezzo di Maurizio Molinari che riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/03/2011, a pag.25, dal titolo " La Lega Araba d'accordo sulla no fly zone", è un accurato aggiornamento sulla situazione, con una attenzione particolare alla reazione americana.


Maurizio Molinari              Muhammar Gheddafi

La Lega Araba chiede all’Onu di imporre la «no fly zone» sulla Libia consentendo alla Casa Bianca di consolidare il progetto di una coalizione internazionale ma Barack Obama si trova a fronteggiare il rafforzamento di Gheddafi sul territorio e il dissenso del proprio ministro della Difesa sull’intervento.

I 22 ministri degli Esteri della Lega Araba, riuniti al Cairo, hanno adottato una doppia decisione: chiedere al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di imporre una zona di interdizione al volo sopra la Libia e aprire un canale di comunicazione con i ribelli a Bengasi. Le resistenze di Algeria, Siria, Yemen e Sudan non hanno impedito il prevalere del consenso su quella che Amr Moussa, segretario uscente della Lega Araba, definisce «un’azione umanitaria per assistere con una no fly zone il popolo libico che combatte per la libertà contro un regime sempre più disumano». Il ministro degli Esteri dell’Oman, Yussef bin Alawi bin Abdullah, ha sottolineato la comune volontà di «agire come arabi per evitare che lo facciano altri».

La decisione della Lega Araba segue le analoghe scelte del Consiglio di cooperazione del Golfo e dell’Organizzazione della conferenza islamica andando incontro agli sforzi diplomatici della Casa Bianca per costruire un’ampia coalizione che «non si limiti a Usa ed europei» come auspicato dal Segretario di Stato Hillary Clinton. La «prudente pianificazione» della Nato prevede lo scenario di una operazione congiunta con i Paesi arabi e anche africani, sebbene si aspetti ancora il pronunciamento formale dell’Unione Africana.

Ma Obama si trova a fronteggiare un sempre più evidente dissenso sulla «no fly zone» da parte del capo del Pentagono, Robert Gates, che parlando ieri da bordo di un’unità della Us Navy in Bahrein ha rinnovato i dubbi: «La questione non è se possiamo realizzarla o meno ma se sarebbe saggio farlo, di ciò discutiamo a livello politico». A motivare l’opposizione all’intervento è Richard Haass, il presidente del Council on Foreign Relations di New York, difendendo Gates: «Il ministro fa bene a ricordare che la no fly zone significherebbe iniziare una nuova guerra con costi potenzialmente alti per un esercito già sovraimpegnato in Iraq e Afghanistan» senza contare che «gli interessi americani in Libia non sono vitali» al punto da giustificare un conflitto. A spingere Obama verso l’intervento sono invece i conservatori: per l’ex vicecapo del Pentagono

Paul Wolfowitz «bisogna riconoscere i ribelli, armarli e fare la no fly zone» e il senatore repubblicano John McCain ritiene che «è tempo di agire» mentre il Wall Street Journal identifica il ritardo di Obama con l’« assenza di leadership Usa».

Stretto fra due fuochi, il Presidente ha davanti un continuo rafforzamento di Gheddafi sul terreno. E’ l’ex ministro degli Interni libico Abdel Fattah Younis, passato ai ribelli, a riassumere gli eventi delle ultime ore: «I reparti del regime si sono spinti verso Est per 77 km oltre Ras Lanouf e per 40 km oltre Brega» penetrando nel territorio in mano agli insorti «come mai avvenuto dall’inizio della manifestazioni». Anche a Misurata, la città più a Ovest dove i ribelli sono arrivati, è la controffensiva di Gheddafi ad avere la meglio. Secondo testimonianze locali, sono diminuiti di molto i ribelli nelle strade. Il bersaglio è ora Bengasi, e ieri un cameraman di Al Jazeera è stato ucciso in un’imboscata vicino alla città. Il consiglio dei ribelli ammette le difficoltà, rinnovando l’appello all’Onu per «attivare con urgenza la no fly zone».

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