La Francia pronta a bombardare Gheddafi Cronache e analisi di Redazione del Foglio, Christian Rocca
Testata:Il Foglio - Il Sole 24 Ore Autore: Redazione del Foglio - Christian Rocca Titolo: «Toyota War - L'alto prezzo della no-fly zone»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 11/03/2011, a pag. 1-4, l'articolo dal titolo "Sarkozy ha un piano per abbattere Gheddafi. Senza l’Onu e la Nato", a pag. 1, l'articolo dal titolo " Toyota War ". Dal SOLE 24 ORE,a pag. 10, l'articolo di Christian Rocca dal titolo " L'alto prezzo della no-fly zone ". Ecco i pezzi:
Il FOGLIO - " Sarkozy ha un piano per abbattere Gheddafi. Senza l’Onu e la Nato"
Nicolas Sarkozy
Bruxelles. Nicolas Sarkozy ha annunciato ieri di aver riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione di Bengasi come “l’unico legittimo rappresentante del popolo” in Libia. Il presidente francese ha parlato dopo un incontro con i rappresentanti dei ribelli, e oggi proporrà ai capi di stato e di governo dell’Unione europea un piano per fermare il colonnello Muammar Gheddafi. Parigi sta lavorando con Londra su una risoluzione “chiara” del Consiglio di sicurezza dell’Onu che – nel quadro del Capitolo VII della Carta – autorizzi l’uso della forza. Secondo il Monde, Sarkozy non ritiene che la Nato sia l’organizzazione giusta per un’azione coercitiva, né che la “no fly zone” sia lo strumento appropriato. Meglio una coalizione di volonterosi europei, guidata da Francia e Regno Unito, che in una settimana possa avviare “bombardamenti aerei mirati e limitati”. Secondo il Nouvel observateur, Sarkozy ha promesso ai ribelli di “distruggere il bunker di Gheddafi” e di “neutralizzare i tre aeroporti che gli servono per condurre le sue operazioni”. Barack Obama preferisce lasciare ad altri la leadership sulla Libia (lo ha scritto ieri il Washington Post), e Sarkozy ne approfitta per rifarsi una verginità araba, dopo i disastri della sua diplomazia in Tunisia e Egitto. Ma uno scenario simile alla crisi di Suez del 1956, quando Francia e Regno Unito agirono con Israele contro la nazionalizzazione del canale, raggela il resto d’Europa, che ha innescato la retromarcia. Dal vertice dei ministri della Difesa della Nato di ieri non è uscito “nulla di nuovo”, ha detto Ignazio La Russa, nemmeno sull’istituzione di una “no fly zone”. Diversi paesi dell’Alleanza, tra i quali Germania e Turchia, sono contrari a passare subito all’azione. Anche l’Italia vuole una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. “Tutti dicono che è finita la stagione del regime Gheddafi, ma nessuno sa come tradurre in azione questa dichiarazione”, ha detto Franco Frattini dopo la riunione straordinaria dei ministri degli Esteri dell’Ue. E anche: “L’Italia non parteciperà a bombardamenti mirati su territorio libico”. E tra tutti i leader europei ancora prevalgono le divisioni. Nemmeno il riconoscimento del Consiglio di Bengasi ha l’unanimità nell’Ue. La Germania considera “la situazione ancora troppo confusa per decidere come procedere”. Il Regno Unito “riconosce gli stati, non i governi”, ha detto il Foreign Office. La stessa linea dell’Italia, che però ha deciso di riaprire il consolato di Bengasi – un segnale in direzione dei ribelli – e propone all’Ue di “valutare un contatto politico con i capi delle tribù che fanno la differenza”, ha detto Frattini. La decisione di Sarkozy di legittimare unilateralmente i ribelli ha provocato reazioni “di riserva o negative”, ha detto il belga Steven Vanackere. “Il riconoscimento deve essere fatto a Ventisette, altrimenti siamo alla frutta”, dice al Foglio un diplomatico. La confusione dell’Ue appare totale: gli emissari inviati da Gheddafi in Portogallo, Grecia e Malta, “pensavamo andassero a trattare una resa onorevole. Invece era la solita propaganda”, spiega il diplomatico. Anche la Nato “rimane in monitoraggio e attesa”, ha spiegato La Russa: quelle di Sarkozy “non sono le posizioni della Nato”. Secondo il ministro della Difesa, “qualsiasi operazione terrestre è stata esclusa”. Ma diversi segnali indicano che ci si prepara a intervenire, anche se ci vorrà ancora del tempo. Il segretario generale dell’Alleanza, Anders Fogh Rasmussen, ha annunciato il rafforzamento della presenza navale al largo della Libia. Alla Nato “tutti aspettano una decisione politica forte del Consiglio di sicurezza”, spiega al Foglio un ambasciatore dell’Alleanza. I militari preparano “i piani per tutte le eventuali opzioni militari”. Sulla “no fly zone” si studiano tre opzioni: limitata per proteggere i civili; amplia su tutta la costa; su tutta la Libia per impedire l’arrivo di mercenari e armi dal sud. Un veto di Cina o Russia al Consiglio di sicurezza Onu può essere superato dalle organizzazioni regionali. Il segretario alla Difesa americano, Robert Gates, ha detto che si “agirà soltanto se ci sarà un forte sostegno regionale”. Nella bozza di conclusioni del Vertice europeo sulla Libia, non ci sono riferimenti al Consiglio di sicurezza: i leader dell’Ue “sostengono la pianificazione con gli alleati Nato e altri partner, inclusi quelli nella regione, per essere pronti a tutte le evenienze, inclusa una ‘no fly zone’”.
Il FOGLIO - " Toyota War "
Muammar Gheddafi
Parigi. Non è la prima volta che Parigi invoca bombe contro la Libia. Tra la fine degli anni Settanta e sino alla seconda metà degli Ottanta, la Francia è intervenuta per ben tre volte a fermare le mire espansionistiche di Muammar Gheddafi. Erano gli anni del conflitto tra Ciad e Libia, quando Tripoli voleva annettere il nord del Ciad che considerava roba sua. Nel 1977, le forze anti Gheddafi del Ciad chiesero l’aiuto dei francesi, ex colonizzatori, per fermare l’invasione. L’allora presidente Valéry Giscard d’Estaing inizialmente non accolse la richiesta, ma nel febbraio del 1978 lanciò l’operazione Tacaud: 2.500 soldati per garantire la sicurezza nella capitale N’Djamena contro i ribelli vicini a Gheddafi. La superiorità aerea dei francesi fu determinante nel cacciare indietro i rivoltosi. Nel 1983 Parigi fu costretta a intervenire di nuovo, dopo aver dichiarato che non sarebbe rimasta “indifferente” all’ennesimo coinvolgimento libico in Ciad e dopo aver rifornito di armi le forze contro Gheddafi. Partì così l’operazione Manta: 2.700 soldati più una batteria di caccia Jaguar, la più grande missione francese in Africa dopo la guerra d’indipendenza in Algeria. L’anno seguente il colonnello firmò una tregua con François Mitterrand ed entrambi si ritirarono dal Ciad. Ma già nel 1984 Gheddafi violò i patti e nel 1986 la Francia fu costretta a un altro intervento. In quel caso il leader libico sbagliò i calcoli: era anno elettorale a Parigi (per il rinnovo dell’Assemblea nazionale) e Gheddafi pensò che Mitterrand non si sarebbe fatto coinvolgere in un’operazione militare. Ma il giorno di San Valentino il presidente socialista lanciò l’operazione Epervier: 1.200 soldati e i soliti, temibili Jaguar. Due giorni dopo i francesi bombardarono la base libica di Ouadi Doum. Gheddafi reagì colpendo l’aeroporto di N’Djamena. Da lì partì l’ultima fase del conflitto, la cosiddetta “Toyota War”, perché le forze antilibiche usavano camioncini Toyota dotati di missili teleguidati contro i carriarmati. Ma dal bombardamento della base libica in poi, il colonnello Gheddafi iniziò a usare toni ben più concilianti.
Il SOLE 24 ORE - Christian Rocca : " L'alto prezzo della no-fly zone "
Christian Rocca
Barack Obama non vuole cadere nella trappola libica. L'esitazione è strategica. Le decisioni affrettate, del resto, non sono suo costume. Dopo l'imbarazzo iniziale, il presidente americano ha detto che «Gheddafi se ne deve andare». Il problema è che non ha spiegato come farà rispettare l'ordine. La situazione è confusa. I segnali sono contraddittori. Le opzioni a disposizione molteplici.
Immaginare le prossime mosse è impossibile. Alcune indiscrezioni raccontano di pianificazioni militari in corso. Altre spiegano che la Casa Bianca è riluttante a intervenire all'estero, specie in un quarto paese islamico (dopo Iraq, Afghanistan e Pakistan). Il Washington Post scrive che Obama sta lavorando dietro le quinte per lasciare agli europei, Francia e Gran Bretagna in testa, l'iniziativa politica alle Nazioni Unite e per un'eventuale operazione militare. Se ci riuscisse sarebbe un capolavoro politico, ma i precedenti non sono incoraggianti.
I falchi democratici e repubblicani ne sono consapevoli e consigliano un intervento a fini umanitari. I realisti e gli isolazionisti di sinistra e di destra invitano a starne alla larga. Tra gli esperti c'è una leggera inclinazione a favore della no-fly zone sui cieli libici, una misura presa da Bush senior per controllare il cielo al nord e al sud dell'Iraq e da Bill Clinton per la Serbia.
Il Dipartimento di stato aspetta un'iniziativa europea, l'autorizzazione Onu, l'ok della Nato e il lasciapassare della Lega Araba. Il Pentagono avverte che non è una passeggiata, ma una vera operazione militare. Il portavoce della Casa Bianca dice che tra le opzioni in discussione c'è anche la fornitura di armi agli insorti, ma il Pentagono nega. I giornali scrivono che l'aviazione e la contraerea di Gheddafi sono un avversario serio, al contrario di Saddam.
Gli analisti James Thomas e Zachary Cooper suggeriscono sul Wall Street Journal una versione minimalista della no-fly zone, un blocco navale proposto anche dall'Italia che resti a distanza, al largo, ma capace di controllare lo spazio aereo libico con navi, aerei e missili dislocati in acque extraterritoriali.
Il Center for Strategic and Budgetary Assessments (Csba) di Washington, un centro studi indipendente che analizza le strategie di difesa, ha calcolato i costi della no-fly zone. Il think tank ha individuato tre tipi di blocco dei voli. Un controllo del cielo esteso a tutto il territorio libico, uno limitato a quel terzo di Libia a nord del ventinovesimo parallelo e una terza opzione minimale a protezione della costa libica con navi e aerei fuori dai confini libici.
Incrociando l'analisi con i dati del Servizio studi del Congresso e delle operazioni militari precedenti, gli analisti del Csba hanno stimato il costo settimanale della prima ipotesi (no-fly zone completa) tra 100 e 300 milioni di dollari a settimana. La no-fly zone limitata costerebbe tra 30 e 100 milioni a settimana. In entrambi i casi sarebbe necessario bombardare una serie di obiettivi militari sul terreno per indebolire la contraerea libica. In base al numero di target da colpire, il costo iniziale della no-fly zone completa sarebbe tra 500 milioni e un miliardo di dollari. Nel caso di no-fly zone limitata il costo scenderebbe tra 400 e 800 milioni.
Il blocco navale, invece, può essere attuato senza l'attacco iniziale. A settimana costerebbe tra 15 e 25 milioni. Per una campagna di sei mesi servirebbero tra 3,1 e 8,8 miliardi per la no-fly zone completa, tra 1,18 e 3,4 miliardi per l'ipotesi limitata e tra 390 e 650 milioni di dollari per il pattugliamento navale. Ma non saranno i costi a dettare la linea.
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