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Quando lo sport è propaganda 10/03/2011

Gentile redazione,
delle Olimpiadi di Monaco '72 ho ricordi tragici. Sono abbastanza anziano per averle vissute da spettatore (bambino). Credo, oggi, che i Giochi avrebbero dovuto essere interrotti, l'attentato fu un gesto criminale gravissimo. Lo sport può essere utilizzato e strumentalizzato, da Hitler a Stalin a Mao, a Mussolini, tutti i dittatori del Novecento l'hanno fatto. Le partite di coppa davis giocate a porte chiuse in Svezia - seguo da 25 anni il tennis e ho anche realizzato reportage sulla grande esperienza dell'Israel Tennis Center di Ramat Hasharon - sono state a mio parere una vergogna.
Detto questo ci sono anche tanti esempi di come lo sport sia riuscito a portare la sua pietruzza nella costruzione di una speranza - utopica, certo - di un mondo pieno di identità  capaci di convivere e rispettarsi. Penso a Nelson Mandela e ai Mondiali di rugby del '95, penso agli sforzi che compiono, fra mille amarezze e difficoltà , tenniste come Sha'ar Peer, israeliana, e Sania Mirza, indiana musulmana, per dimostrare che una convivenza è  possibile. Sono due ragazze che con i loro mezzi lottano contro i pregiudizi e gli integralismi. Nei balcani il calcio è  stato usato in maniera abietta dai seguaci di Arkan, ma dai balcani, dalla capacità  di vivere insieme in armonia che hanno oggi tennisti croati e serbi, viene anche un'altra lezioncina che lo sport può suggerire a religione e politica. In un articolo che parla di sport si può appena accennare ad una situazione complicatissima e annosa come quella israelo-palestinese, è utopia - anche questa - pensare che dovendo raccontare di una partita di calcio si possa analizzare in dettaglio l'evolversi delle due Intifade. Israele ha tutto il diritto di difendere la propria sicurezza, ma sono convinto debba trovare anche uno spiraglio da tenere aperto al colloquio, specie ora che tutta la regione è  in subbuglio, e si mescola nella coscienza di tutti la felicità  per l'abbattimento delle tirannie alla preoccupazione per l'influenza che gli islamisti radicali potranno esercitare sui nuovi soggetti politici, all'angoscia per quello che potrebbe essere il destino di Israele se le fazioni più intolleranti prevalessero. Anche all'interno di Israele ci sono posizioni estremiste, per fortuna non maggioritarie, che pochissimo hanno di laico, anzi nulla. Da umilissimo cronista sportivo mi limito a sperare che lo sport possa offrire un piccolo spazio disarmato, grande quanto un campo da calcio o da basket, nel quale cercare di allentare le tensioni e aumentare la comprensione reciproca. Suona un po' naif, me ne rendo conto, e le mie analisi personali in realtà  non sono spesso ottimistiche. Ma senza questo brandello di speranza mi sentirei molto meno vivo. Vi mando un cordiale saluto nella speranza che siano in futuro altre occasioni, pacifiche e un po' utopiche, di confrontarsi su questi temi.
stefano semeraro

Gentile Stefano Semeraro,
prendiamo buona nota del suo impegno quale cronista sportivo, ci auguriamo che nei suoi articoli saprà distinguere tra sport e l'uso strumentale che ne viene fatto nei paesi non democratici.
IC redazione


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