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In polemica con Franco Cardini 08/03/2011

tre e-mail pubblicate sul TEMPO del 2 marzo 2011, segue la risposta di Franco Cardini, conclude Emanuele Piano . Sono tre lunghe lettere, ma vale la pena leggerle, Franco Cardini è uno dei più accaniti denigratori di Israele  e del mondo occidentale in generale, gode di credito sulla stampa cattolica e su quella terzomondista.

Gentile direttore
Le scrivo dopo aver letto il lungo articolo a firma del professor Cardini sugli avvenimenti che sconvolgono il nordafrica. Tra le tesi sostenute vi è quella dell'inesistenza di Al Qaeda, una invenzione occidentale, secondo il professore, che servirebbe ad infangare il buon nome del fanatismo islamista e per una spericolata proprietà transitiva quello di ogni buon musulmano. Cardini arriva apargonare la letteratura sul terrorismo islamico al falso storico e antisemita "i protocolli dei savi anziani di Sion" che costò agli ebrei russi ed europei decenni di persecuzioni, e dunque sarebbero i musulmani ad essere infamati e perseguitati, non cristiani ed ebrei nel medio oriente (e persino in europa). Tralascio il giudizio sui Fratelli musulmani che sarebbero una forza politica "equilibrata" (mentre al Cairo Qaradawi arringa la folla sulla futura riconquista di Gerusalemme). Cardini si avventura poi su una distinzione tra nostra democrazia e loro democrazia, dove non si capisce cosa voglia dire v visto che la democrazia è una prassi e che essa ha riscosso un disreto successo anche in terra islamica (Filippine, Turchia, Libano e persino Iraq), almeno laddove è comparso un cero pluralismo politico, quello assente sia in Libia, che in Tunisia, che in Egitto, dove in caso di "libere elezioni" vincerebbero cero i gruppi musulmani, ma proprio perché non esistono forze politiche alternative, mentre i primi hanno avuto decenni per organizzarsi e creare strutture sociali parallele a quelle statali. Dunque la sperequazione economica c'entra poco (Libia ed Aarabia Saudita hanno redditi procapite più alti di alcuni mebri UE), c'entra invece l'assenza di libertà di pensiero, la piattaforma indispensabile perché fiorisca una democrazia, nostra o loro che sia.
Emanuele Piano

6 marzo Caro Direttore,
credo che la lettera del signor Emanuele Piano meriti una risposta dettagliata. Te la invio, ma – ignorando se avrai spazio sufficiente per pubblicarla integralmente – ne invio per correttezza copia completa e-mail all’interessato: a evitare equivoci, ho riproposto le sue domande con le parole esatte con cui egli el ha poste. Sappiano i lettori più interessati al problema che la mia risposta integrale, con altro materiale, sarà pubblicata subito nel mio sito www.francocardini.net, dov’essi potranno consultarla. Ecco la mia risposta, punto per punto: 1. “Tra le tesi sostenute vi è quella dell'inesistenza di Al Qaeda, una invenzione occidentale, secondo il professore, che servirebbe ad infangare il buon nome del fanatismo islamista e per una spericolata proprietà transitiva quello di ogni buon musulmano”. Nessuna invenzione, bensì pura adesione ai fatti obiettivi. Il termine al- Qaeda, “la base”, cominciò a venir usato negli Anni Novanta per indicare alcuni gruppi terroristi. Sulla scorta poi di alcuni equivoci e di una buona dose di manipolazioni – delle quali sono responsabili anzitutto i “servizi” statunitensi – si andò creando l’immagine di una sorta di organizzazione centralizzata, piramidale, gerarchica, con i suoi programmi e i suoi quadri dirigenziali. All’equivoco alimentato dai servizi si aggiunsero anche quelli voluti da molti degli stessi gruppi terroristici, che cominciarono ad arrogarsi l’etichetta “fortunata” e a rivendicare nel suo nome attentati e azioni vari. La costruzione della mitologia alquaedista serviva e serve agli “opposti estremi”: ai servizi e ai settori dell’opinione pubblica legata agli ambienti oltranzisti, che intendono così giustificare misure repressive e spese del pubblico denaro; e agli ambienti terroristici – in perenne lotta tra loro, e discordi su quasi tutto in una fitna infinita - che intendono così guadagnare credito e rendere più temibile, con tale mossa propagandistica, la loro azione. Ciò fu già denunziato fino dal 12 gennaio 2003 in un articolo di Jason Burke uscito sull’”Observer”, mentre il 19 luglio 2008 Marc Sageman – figlio di un sopravvissuto all’Olocausto e tra i principali esperti del City Police Departement di New York – si esprimeva in termini analoghi in un’intervista raccolta da Christopher Dickey su “Newsweek”. L’opinione che al- Qaeda, come organizzazione coerente, non esista, è stata sostenuta con forti argomenti da Adam Curtis in un documentario che il 18 gennaio 2005 fu diffuso dalla BBC (cfr. news.bbc.co.uk/2/hs/programmes/3755686,stm). A tutt’oggi, nonostante le ripetute notizie sulla cattura o l’uccisione di leaders di al-Qaida, nessuno ha mai fornito notizie e prove obiettive a proposito dell’organizzazione, dei suoi strumenti, delle sue sedi, del suo apparato. Che credere nella sua esistenza serva ai nostalgici di G.W.Bush jr. e agli orfanelli dell’ingegner Bin Laden, non prova nulla. Il signor Piano mi attribuisce poi intenzioni apologetiche nei confronti del “fanatismo islamista” che non mi appartengono e che non sono congrue nemmeno con le sue stesse argomentazioni. Rimando comunque, su ciò, agli autori più qualificati: Gilles Kepel, François Brugat, Olivier Roy, che ricostruiscono la complessità di questo genere di argomenti. 2. “Cardini arriva a paragonare la letteratura sul terrorismo islamico al falso storico e antisemita I protocolli dei savi anziani di Sion che costò agli ebrei russi ed europei decenni di persecuzioni, e dunque sarebbero i musulmani ad essere infamati e perseguitati, non cristiani ed ebrei nel medio oriente (e persino in Europa)”. In realtà, il paragone – che trova una sua “attualità” nel successo del romanzo di Umberto Eco, Il cimitero di Praga – non riguarda affatto la letteratura sul terrorismo islamico nel suo complesso, ma soltanto la manovra mediatica che è stata appunto costruita attorno ai pochi, incerti e confusi dati disponibili su al-Qaeda per farne appunto un oggetto adatto all’innesco di un “caso” utile a costruire un altro episodio dell’ormai celebre “teoria del complotto”. L’illazione che con questo io vorrei far passare i musulmani, nel loro complesso, come perseguitati, è – come quella di cui al punto 1 – gratuita e incoerente con il contesto nel quale si muovono le stesse argomentazioni del signor Piano. 3. “Tralascio il giudizio sui Fratelli musulmani che sarebbero una forza politica "equilibrata" (mentre al Cairo Qaradawi arringa la folla sulla futura riconquista di Gerusalemme)”. No, guardi, signor Piano, vediamo di non tralasciare proprio niente. Anzitutto, Qarawadi non è un “Fratello Musulmano”, per quanto in passato abbia aderito, da giovane, a tale organizzazione. Oggi è un pensatore indipendente che, giovandosi del suo prestigio religioso, emette delle fatwa che non sono però vincolanti per nessuno. Egli appartiene comunque alla wasatiyya, una corrente di pensiero islamista moderato (su cui il riferimento più autorevole è R. Baker, Islam without fear. Egypt and the new islamists, Harvard University Press, 2003. Che i “Fratelli Musulmani” abbiano avuto e abbiano una posizione moderata, incline al confronto con le istituzioni e all’accettazione dei metodi della democrazia rappresentativa è cosa ampiamente trattata e dimostrata da H. al-Awadi, In pursuit of legitimacy. The Muslim Brothers and Mubarak, London-New York, Tauris, 2004, quindi da B. Rutherford, Egypt after Mubarak, Princeton University Press, 2008, e recentissimamente dal fondamentale I fratelli musulmani nel mondo contemporaneo, a cura di M. Campanini e K. Mezran, Torino, UTET, 2010, che evidentemente il signor Piano ignora: il che mi stupisce,m dal momento che egli mostra di interessarsi appassionatamente al problema. Ovviamente, in un’organizzazione vasta e ramificata le correnti sono molte e non mancano quelle radicali: ma il mainstream dell’organizzazione ha abbracciato una linea molto moderata, come dimostrano i due partiti fondati dai “Fratelli Musulmani” in Egitto (“Giustizia e Libertà”) e in Tunisia, dove il leader Rashid Gannusi, che sotto ben Ali ha subito trant’anni d’esilio, al suo ritorno ha immediatamente costituito un partito che sta agendo con grande correttezza, al-Nahda. Dei “Fratelli Musulmani” ha parlato con favore in febbraio anche il quotidiano della CEI, “Avvenire”, sottolineando come essi si siano sempre opposti alle violenze contro i cristiani copti e al trattamento discriminante contro i cristiani. Le debolezze e le contraddizioni dei “Fratelli Musulmani” sono invece rilevate con attenzione e dottrina da A. Elshoabki, Les Frères Musulmans des origines à nos jours, Paris, Karthala, 2009. Il riferimento di Qarawadi a Gerusalemme è certo allarmante, ma va inteso nel contesto delle reazioni alla dichiarazione unilaterale di pieno, completo e perpetuo possesso della Città Santa da parte dello stato d’Israele, una dichiarazione contestata dalle nazioni unite e dagli stessi Stati Uniti d’America. 4. “Cardini si avventura poi su una distinzione tra nostra democrazia e loro democrazia, dove non si capisce cosa voglia dire visto che la democrazia è una prassi e che essa ha riscosso un discreto successo anche in terra islamica (Filippine, Turchia, Libano e persino Iraq), almeno laddove è comparso un cero pluralismo politico, quello assente sia in Libia, che in Tunisia, che in Egitto, dove in caso di "libere elezioni" vincerebbero cero i gruppi musulmani, ma proprio perché non esistono forze politiche alternative, mentre i primi hanno avuto decenni per organizzarsi e creare strutture sociali parallele a quelle statali”. Se il signor Piano non capisce i miei argomenti, ciò dipende dal fatto che egli ignora del tutto, evidentemente, il denso dibattito che proprio di recente si è svolto proprio attorno al concetto di democrazia (non semplice “prassi”, bensì - l’ha sottolineato con lucidità Luciano Canfora - “ideologia” accompagnata da una forte dinamica che, proprio nel nostro Occidente, sta facendola virare verso meccanismi oligarchici). Tale ignoranza è una sua lacuna o una sua scelta, ma comunque non è colpa mia: gli consiglierei la lettura di K. Basu, Elé Belè. L’India e le illusioni della democrazia globale, Roma- Bari, Laterza, 2009, e dello stesso saggio di Amartya Sen sulle “democrazie degli altri”, che peraltro mi sembra piuttosto debole ma che può servire per cominciare a porre i problemi. Non citerei tra le democrazie e le semidemocrazie riuscite il triste caso irakeno, dove il tentativo di “importare la democrazia” si è risolto in sette anni di occupazione militare straniera, una serie di elezioni truccate, una lotta feroce tra sunniti e sciiti e perfino l’affacciarsi di una violenza anticristiana prima del tutto inesistente. Trovo inoltre contraddittorio con le Suee convinzioni democratiche il fatto che Lei si lamenti del fatto che in caso di libere elezioni in Egitto vincerebbero partiti che non Le sono graditi: come democratico, lei dovrebbe anzitutto tenere alla vittoria delle maggioranze, comunque siano. O preferisce “educare” le maggioranze, come fanno i dittatori? 5. “Dunque la sperequazione economica c'entra poco (Libia ed Arabia Saudita hanno redditi procapite più alti di alcuni mem bri UE), c'entra invece l'assenza di libertà di pensiero, la piattaforma indispensabile perché fiorisca una democrazia, nostra o loro che sia”. No, signor Piano, la sperequazione economica c’entra moltissimo, esattamente come l’assenza di libertà di pensiero, che le potenze occidentali - l’operato politico delle quali Lei sembra apprezzare – non si sono mai curate di chiedere fosse rispettata nei casi dell’Arabia Saudita, della Libia, dell’Egitto, della Tunisia, dell’Algeria ecc., per l’ottima ragione che i governi tirannici e corrotti di quei paesi erano (e taluni sono) buoni partners economici e anche politici. In Siria e in Giordania, i governi locali hanno immediatamente risposto ai primi moti calmierando i generi di prima necessità: una manovra affrettata ma efficace almeno come primo intervento, anche se poi ci vorranno le riforme. Che Arabia e Libia abbiano alti redditi procapite è verissimo: solo che il reddito procapite è un dato teorico (se io mangio un pollo e tu nulla, abbiamo mangiato mezzo pollo a testa, diceva Trilussa). In realtà, quel che esiste nel mondo arabo accanto alla repressione è una fortissima, intollerabile sperequazione economica, che rende la situazione politica ancora più grave proprio nei paesi più ricchi. E’ ovvio che ogni popolo deve trovare la “cifra” politica che meglio gli è adatta (per cui è assurdo pretendere che seguano i nostri modelli). Ma sta di fatto che la libertà politica nasce sempre dallo sviluppo compiuto o dalle rivoluzioni imposte dalle classi medie, proprio quelle che nel mondo arabomusulmano non sono mai riuscite ad emergere non a causa dell’Islam, bensì per colpa delle malefatte del colonialismo prima e poi dai regimi postcoloniali strumentalizzati fino agli Anni Ottanta dai giochi della Guerra Fredda e poi dal neocolonialismo messo in atto dalle istanze “neoconservatrici” statunitensi. Per stendere questa risposta ho chiesto al consulenza di due tra i migliori esperti di storia e di cultura arabo-islamica d’Italia, i professori Massimo Campanini dell’Università di Napoli e Paolo Branca dell’università Cattolica di Milano. Ecco quanto mi scrive Branca: “La primavera araba di questi giorni dovrebbe dimostrarci che, specie laddove la metà della popolazione ha meno di 30 anni, i vecchi schematismi non funzionano più e che nell’interesse della nostra stessa sicurezza (oltre che a quella d’Israele) un Egitto, ad esempio, che fra 25 anni potrebbe avere 150 milioni di abitanti che non stanno neppure decentemente a casa loro sarebbe un disastro per tutti”. Il problema, signor Piano, è politico e morale; è un problema di giustizia distributiva oltre che di libertà di pensiero; il fanatismo religioso non c’entra. Del resto, i terroristi sono, negli attuali moti arabi, talmente emarginati che non hanno mai nemmeno provato a rivendicare azioni di sorta. Sanno di non essere credibili. E’ solo Gheddafi a volerci far credere che è al-Qaeda a tentare di rovesciarlo.
Cordiali saluti. Franco Cardini

contro replica del 7 marzo
Gentile Professor Cardini, intanto la ringrazio per avermi inoltrato la risposta, così ampiamente argomentata e dalla quale, peraltro, dissento. "nessuna invenzione, bensì pura adesione a fatti oggettivi" non comprendo come possa definire le opinioni di alcuni, pur rinomati, opinionisti in tal modo, esistono difatti altri opinionisti che ne dissentono totalmente. Inoltre vi è il bel lavoro di Lawrence Wright pubblicato da Adelphi sulla storia dell'organizzazione. La quale, personalmente, non giudico essere una Spectre islamica, ma l'insieme di sigle "oltranziste" che hanno goduto e godono di finanziamenti anche onerosi. tali organizzazioni sono infatti riuscite a colpire importanti obbiettivi causando migliaia di morti a New York, Madrid, Londra ed in tutto il medio oriente. E' possibile che queste sigle agiscano del tutto indipendentemente? E' vero o no che in Afghanistan ed Iraq esistevano campi adibiti all'addestramento di aderenti a tali sigle e volontari per prepararli ad azioni terroristiche? Chi li gestiva, proteggeva e finanziava? A mio parere no regge neppure la tesi di una "manovra mediatica" tesa a costruire e rafforzare una "teoria del complotto". Quale sarebbe il complotto da dimostrare? Chi finanzia tale manovra? Lei non lo specifica. Sostiene poi che i media occidentali tendano a far passare i musulmani anti occidentali come fondamentalisti e i fondamentalisti come terroristi, così il gioco è fatto, tutti i musulmani anti occidentali sono terroristi, dalle Sue parole questo si comprende. Qaradawi: dall'alto del suo prestigio religioso ha pronunciato parole gravissime, sostenendo di voler morire da martire nel tentativo di conquistare, riconquistare, Gerusalemme, ha emanato delle Fatawa incitanti alla violenza, che possono essere legittimamente adempite (anche se non vincolanti) dai fedeli che hanno in lui un punto di riferimento teologico. La contestualizzazione da lei fatta è poi debole: ONU e USA condannano il fatto che Israele abbia unilateralmente dichiarato Gerusalemme capitale nel '67, dopo 19 anni di occupazione giordana durante la quale agli ebrei, come saprà, era vietato di recarsi presso il muro occidentale a pregare. Un uomo religioso egiziano non ha alcun diritto di rivendicare alcunché a proposito di una città, Gerusalemme, che è contesa da Israele e ANP. A proposito delle tesi per cui la Democrazia sarebbe un'ideologia: non le ignoro, non le condivido. Non Chiedo che i paesi arabi assumano il modello "occidentale" (come se ne esistesse UNO), semplicemente che gli arabi vengano coinvolti dai governi nelle decisioni che li coinvolgono, non soppressi. Il pluralismo è insito alla natura del genere umano, quando con la violenza un gruppo ne prevarica un altro questa è una ingiustizia per ogni uomo, a parte naturalmente colui che compie tale violenza. Questo purtroppo succede oggi in Algeria, Sudan, Somalia, Arabia Saudita, Siria, Iran, Striscia di Gaza. Non in iraq, dove grazie a << sette anni di occupazione americana >> esistono giornali indipendenti, partiti tra loro diversi, scuole libere, libertà di opinione e religione. Con Saddam, che non perseguitava i cristiani come fanno oggi i terroristi islamici, non gli americani (sarebbe come accusare gli americani dei crimini nazisti in nord italia durante la II guerra mondiale). Saddam però massacrava gli sciiti ( a decine di migliaia ) ed i curdi ( a centinaia di migliaia ). Oggi un curdo, Talabani, è presidente della repubblica federale iraqena. Vi è un governo eletto (elezioni truccate?) ed un parlamento realmente rappresentativo di diversità etniche e politiche. Meglio questo o il regime nazionalsocialista di un dittatore paranoico e sanguinario, il primo dopo Hitler a gassare i suoi stessi "sudditi"? Mi fa piacere che non contesti il fatto che esistano democrazie funzionanti in terra islamica. Le mie convinzioni democratiche: Lei dice < >, quando io sostengo che non possono definirsi tali (libere) elezioni in cui esista un solo partito organizzato, contro cui si scontrino forze politiche assolutamente escluse, per decenni, alla < >. Quando vi saranno condizioni paritarie tra i partiti vedrò di buon grado liberi egiziani scegliere liberamente tra diversi partiti, e se dovessero vincere i Fratelli Musulmani spererò che bene governino e che a fine mandato rimettano il giudizio in mano agli egiziani in nome dei quali hanno ottenuto il potere. non intendo educare le masse, vorrei che le masse avessero la libertà di accedere a opinioni diverse, a non dover trovare solo quelle del regime fascista e delle forze islamiste, ma anche degli arabi liberali, che esistono, e di quelli democratici, che esistono, e di chiunque intenda esprimere la propria. Non è forse questa una convinzione democratica? Sulla sperequazione economica: Bin laden era un ricco faccendiere, eppure è divenuto un islamista violento e sanguinario. La sperequazione, in paesi come arabia saudita e libia e algeria e iran non c'entra nulla. I regimi sono ricchissimi, navigano nell'oro nero, nulla fanno per il progresso economico dei loro stati, vanno avanti attraverso la distribuzione, centro-periferia, della ricchezza che dal petrolio deriva: la Libia è ricca, i libici no, di chi è la colpa? dell'occidente o di Gheddafy? ed in Algeria? A proposito dell'Iran poi, dove una classe media esiste, tutto dipende da forze paramilitari di chiara derivazione Hitleriana, che non si fanno scrupoli di alcun genere nel uccidere giovani donne disarmate che pacificamente marciano. L'indipendenza dall'occidente legittima, o comunque giustifica, per il suo mantenimento, un tale prezzo? Le chiarisco la mia opinione: il fatto che i regimi di alcuni stati siano intrisi di ideologie violente e repressive nei confronti del dissenso non vuol dire che il popolo che governano pensi lo stesso, se così fosse lascino decidere a loro. Ma questo vorrebbe appunto dire che in caso di dissenso perderebbero legittimità e dunque il potere. Io poi mi schiero, idealmente, con gli arabi liberali, ed il fatto che prima non esistessero non fa di loro un corpo estraneo e illegittimo, da eliminare. La ringrazio per avermi dedicato del tempo.
ennio emanuele piano


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