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Stefano Semeraro e lo stadio di Ramallah 08/03/2011

Riceviamo da l'e-mail che segue da Stefano Semeraro (La STAMPA).
L'articolo a cui fa riferimento è http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=6&sez=110&id=38773. uscito ieri su IC.
Segue la nostra risposta:

Gentile redazione di Informazione Corretta, sono stefano semeraro - stefano, non francesco, anche questa è una piccola informazione da correggere -, l'estensore del pezzo di oggi sulla Stampa. Il mio intento nello scrivere il pezzo di oggi era semplicemente di informare il lettore sulla chance che ha lo sport di unire, e non dividere i popoli, non certo quella di disinformarlo sulla realtà  complessa e drammatica del Medio Oriente. Ho molti amici in Israele, qualcuno nei Paesi Arabi, nel pezzo non ho affatto scritto che L'Intifada è stata scatenata da Israele, ma che durante l'Intifada bombe sono cadute sullo stadio: è una falsità ? Se è così chiedo scusa. Che i giocatori palestinesi non possano circolare liberamente non è una invenzione mia, ma una realtà. Ovviamente ci sono di mezzo questioni di sicurezza che non giudico, perchè non è il mio compito. Nè sono io a definire "Nazionale" la rappresentativa palestinese: è la FIFA, la federazione internazionale. Sulla preghiera dei giocatori in campo non mi esprimo e non giudico. Non sono credente, ma rispetto tutte le istanze religiose, e del resto nel rugby, ad esempio, ci sono nazionali di paesi australi che prima o dopo la partita si riuniscono in cerchio senza suscitare - giustamente - la condanna di nessuno. Detesto l'integralismo, e tutti i disastri che provoca, ho orrore dell'antisemitismo purtroppo ancora oggi diffuso, conosco benissimo i problemi che il terrorismo causa a un Paese che amo come Israele, che ho visitato più volte, e ai suoi cittadini, l'ultima cosa che mi auguro sono futuri governi dove politica e religione vengano mischiati. Non mi sembra del resto che nel pezzo sia espresso, da parte mia, altro che la speranza che in futuro le (sane) rivalità  fra i Paesi possano trovare un luogo pacifico di manifestazione su un campo da gioco. Nel pezzo viene citato anche il centro Peres, che organizza match interetnici. Credo, forse mi illudo, che tutti gli israeliani e i palestinesi di buona volontà  si augurino un futuro dove issare una bandiera su un campo e giocare a calcio non venga considerato un gesto ostile, ma semplicemente un momento di sport. Meglio allevare giovani atleti che nutrire futuri terroristi, non vi pare? Cordiali saluti

Gentile Stefano Semeraro,

la ringraziamo per averci scritto e ci scusiamo per averla chiamata Francesco, abbiamo provveduto a correggerlo.
Il suo articolo sarà stato animato dalle migliori intenzioni, non lo mettiamo in dubbio, ma mancava di fornire parecchie informazioni utili a comprendere la situazione. Lo sport unisce, scrive lei. Che cosa ne pensa delle Olimpiadi di Monaco nel '72, quando la delegazione israeliana è stata sterminata da terroristi palestinesi, gli stessi che Abu Mazen rimpiange ? Anche questo è un modo per unire? Rimpiangere dei terroristi che hanno massacrato degli atleti disarmati dopo averli tenuti in ostaggio ?
La sua visione dello sport non è troppo utopica ? In Svezia le partite in cui giocano squadre o atleti israeliani vengono disputate a porte chiuse per evitare tafferugli con la popolazione musulmana locale. Le sembra che questo sia un sinonimo di quanto unisce lo sport ?
Nel suo pezzo non ha scritto a chiare lettere che l'Intifada è partita da Israele, ma ha scritto solo delle bombe cadute sullo stadio. Che cosa dovrebbe evincere un lettore poco informato da una frase simile? Magari che Israele si diverte a bombardare stadi tanto per il gusto di farlo.
Quando scrive che non si augura l'avvento di governi che mischiano politica e religione, a che cosa allude ? Potrebbe citare un solo governo islamico e laico ?
Israele non ha rivalità nei confronti dei palestinesi, cerca semplicemente di difendere la sicurezza dei propri cittadini.
Un saluto cordiale,

IC redazione


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