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Riceviamo da l'e-mail che segue da Stefano Semeraro (La STAMPA). Gentile redazione di Informazione Corretta, sono stefano semeraro - stefano, non francesco, anche questa è una piccola informazione da correggere -, l'estensore del pezzo di oggi sulla Stampa. Il mio intento nello scrivere il pezzo di oggi era semplicemente di informare il lettore sulla chance che ha lo sport di unire, e non dividere i popoli, non certo quella di disinformarlo sulla realtà complessa e drammatica del Medio Oriente. Ho molti amici in Israele, qualcuno nei Paesi Arabi, nel pezzo non ho affatto scritto che L'Intifada è stata scatenata da Israele, ma che durante l'Intifada bombe sono cadute sullo stadio: è una falsità ? Se è così chiedo scusa. Che i giocatori palestinesi non possano circolare liberamente non è una invenzione mia, ma una realtà. Ovviamente ci sono di mezzo questioni di sicurezza che non giudico, perchè non è il mio compito. Nè sono io a definire "Nazionale" la rappresentativa palestinese: è la FIFA, la federazione internazionale. Sulla preghiera dei giocatori in campo non mi esprimo e non giudico. Non sono credente, ma rispetto tutte le istanze religiose, e del resto nel rugby, ad esempio, ci sono nazionali di paesi australi che prima o dopo la partita si riuniscono in cerchio senza suscitare - giustamente - la condanna di nessuno. Detesto l'integralismo, e tutti i disastri che provoca, ho orrore dell'antisemitismo purtroppo ancora oggi diffuso, conosco benissimo i problemi che il terrorismo causa a un Paese che amo come Israele, che ho visitato più volte, e ai suoi cittadini, l'ultima cosa che mi auguro sono futuri governi dove politica e religione vengano mischiati. Non mi sembra del resto che nel pezzo sia espresso, da parte mia, altro che la speranza che in futuro le (sane) rivalità fra i Paesi possano trovare un luogo pacifico di manifestazione su un campo da gioco. Nel pezzo viene citato anche il centro Peres, che organizza match interetnici. Credo, forse mi illudo, che tutti gli israeliani e i palestinesi di buona volontà si augurino un futuro dove issare una bandiera su un campo e giocare a calcio non venga considerato un gesto ostile, ma semplicemente un momento di sport. Meglio allevare giovani atleti che nutrire futuri terroristi, non vi pare? Cordiali saluti Gentile Stefano Semeraro, la ringraziamo per averci scritto e ci scusiamo per averla chiamata Francesco, abbiamo provveduto a correggerlo. IC redazione |
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