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Il Foglio Rassegna Stampa
06.03.2011 L'islam visto da Jacob Burckhardt
Un giudizio di fine '800

Testata: Il Foglio
Data: 06 marzo 2011
Pagina: 4
Autore: Ruggero Guarini
Titolo: «L'antimoderno»

Sul FOGLIO del 05/03/2011, una pagina di Ruggero Guarini su Jacob Burckhardt, filosofo e storico eccelso, vissuto nel '800. Il pezzo è intitolato " L'antimoderno", un attributo che noin condividiamo. Riportiamo dall'articolo soltanto quanto riguarda il suo pensiero sull'islam, che gli meriterebbe  il titolo di 'profetico', parole scritte più di cento anni fa, ma che sembrano scritte oggi, tanto sono lucide e, appunto, profetiche.
Ma chi ha l'ansia di vedere nella 'modernità, tutto il male possibile, poi non si accorge di aver capito ben poco del pensiero di un grande come Jacob Burckhardt.


Jacob Burckhardt

................Proprio negli anni in cui rimuginava queste micidiali previsioni sugli accadimenti che di lì a poco avrebbero allietato il Novecento, Burckhardt tenne ai suoi allievi quelle strepitose lezioni che furono pubblicate postume col titolo “Riflessioni sullo studio della storia”. E non è certo privo di significato il fatto che egli, anche nei passi in esse dedicati all’islam, abbia manifestato lo stesso cruccio – il disgusto per ogni fanatismo ideologico e religioso – che aveva espresso discorrendo degli aspetti più inquietanti della “modernità” occidentale. Eccone solo alcuni: “Maometto è fanatico all’estremo, ogni libertà in materia di religione lo riempie di sacro furore, e questa è la sua forza principale. Il suo fanatismo è quello di un semplificatore radicale, e come tale del tutto genuino. Era un fanatismo della specie più tenace, la furia dottrinaria, e la sua vittoria fu una delle più grandi vittorie del dottrinarismo e della banalità”. “L’islam forma gli intelletti e gli animi in modo che essi in seguito (…) siano capaci di produrre solo questa cultura e questa forma statale, e nient’altro”. “Qua e là l’islam ama l’elevata cultura spirituale, ma questa d’altra parte è mantenuta dalla religione entro limiti ben precisi. Esso esclude del tutto il moderno ‘progresso’ occidentale, nelle due accezioni di questo concetto: 1) come stato di diritto; 2) come progresso illimitato dell’industria e del commercio”. “Assai singolare, e difficile a trovarsi in così alto grado nella storia delle religione, è l’orgoglio che questa religione ispira, il sentimento della sua assoluta superiorità su tutte le altre, la totale impermeabilità a qualunque influsso, che si trasforma in innata presunzione e in illimitata arroganza in generale. Il che in pratica si accorda con la mancanza di ogni cultura profonda e di giudizio chiaro nei comuni affari della vita”. “La cultura ebbe l’indicibile fortuna che, almeno in occidente, lo stato e la chiesa non si fusero in un’unità oppressiva. (…) Questa fusione avvenne nell’islam, che domina, condiziona e colora di sé tutta la propria cultura. Esso ha soltanto un tipo di ordinamento statale inevitabilmente dispotico, vale a dire la concentrazione del potere teocratico laico-religioso del grande califfato”. “L’islam, che è una religione così tremendamente scarna, con questa sua aridità e desolante semplicità, è stato prevalentemente nocivo piuttosto che utile alla cultura, se non altro perché rende i popoli che lo professano assolutamente incapaci di passare a un’altra cultura. La semplicità ne facilitò molto la diffusione, ma essa era legata alla estrema unilateralità dovuta a un rigido monoteismo, mentre quella povera cosa che è il Corano si oppose e si oppone a ogni evoluzione politica e giuridica; il diritto rimase praticamente una faccenda religiosa”................

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