Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 04/03/2011, a pag. 1-4, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Resta solo Asia Bibi ".
Giulio Meotti, Asia Bibi, Salman Taseer, Shahbaz Bhatti
Roma. Asia Bibi è rimasta sola, dopo che il governatore Salman Taseer e il ministro Shahbaz Bhatti sono stati uccisi dai fondamentalisti islamici. Erano i due politici pachistani che si erano impegnati per la sua grazia, dopo la condanna a morte in nome della blasfemia. Adesso Asia Bibi è il bersaglio principale degli islamisti che hanno mosso guerra contro chiunque tenti di modificare la legge sulla blasfemia. Ieri tombe e chiese cristiane sono state attaccate. Con l’uccisione della donna cristiana si chiuderebbe il ciclo fondamentalista. In attesa del processo d’appello, Asia Bibi “rischia ogni giorno la vita”, come spiega il marito Ashiq Masih.
L’imam della più grande moschea di Peshawar ha anche offerto una ricompensa di 4.500 euro per chiunque uccida Asia Bibi. Maulana Yousuf Qureshi ha decretato che “a chi ucciderà Asia Bibi saranno date in premio 500 mila rupie”. L’imam ha poi detto che, se l’appello giudicherà Asia Bibi innocente, saranno i mujaheddin a ucciderla in modo extragiudiziario. La donna è oggi nel reparto femminile del carcere di Sheikhupura. Una donna poliziotto assicura il controllo all’interno, cinque agenti si occupano della vigilanza all’esterno del perimetro.
Due pattuglie di motociclisti pattugliano i dintorni della prigione. Troppo poco, secondo gli attivisti e le organizzazioni per i diritti umani che adesso chiedono che l’appello si svolga in cella e fra imponenti misure di sicurezza. Non ci si fida più nemmeno delle guardie del corpo, visto che il bodyguard che ha ucciso Taseer, Malik Muntaz Qadri, era stato assegnato a 509 scorte e aveva protetto anche delegazioni straniere a Islamabad. I movimenti di Asia Bibi sono segreti e si svolgeranno di notte, perché i terroristi sarebbero pronti a sfruttare qualsiasi opportunità per ucciderla.
Si sposterà in elicottero. Bibi attualmente si trova in un cella singola, con due telecamere che la riprendono 24 ore su 24. Persino il cibo che le viene somministrato è controllato. Per evitare rischi di avvelenamento alla donna viene fornito soltanto cibo crudo e le è stato concesso di cucinarlo per conto suo. Politicamente si chiude la battaglia per abolire la legge sulla blasfemia. Basta pensare che il presidente Asif Ali Zardari – vedovo di Benazir Bhutto – non si è neppure presentato al funerale di Taseer. E il primo ministro Yusuf Raza Gilani ha già annunciato che è esclusa ogni riforma della legge. Di chi dovrebbero avere paura – scrive sul quotidiano Dawn Nadeem Paracha – i fanatici? “Lo stato, il governo, la legge hanno capitolato di fronte alla psicosi che in tv, nelle moschee e nel cyberspazio ci presentano come ‘la vera fede”. Sherry Rehman, la deputata che lo scorso anno ha presentato in Parlamento la proposta di modifica alla legge sulla blasfemia, è stata costretta dal suo stesso partito a fare marcia indietro.
Oggi vive nascosta, subissata di minacce ogni mezz’ora. Lo scorso anno Rehman aveva proposto l’eliminazione della pena di morte dalla Sezione 295-C del Codice penale (inerente la blasfemia), scatenando le ire degli estremisti che avevano lanciato una fatwa nei suoi confronti. Mehdi Hassan, a capo della Commissione indipendente per i diritti umani del Pakistan, conferma che l’uccisione di Bhatti non porterà ad alcun cambiamento. “L’assassinio è la continuazione dell’uccisione di Taseer che seguiva il caso di Asia Bibi”. Intanto uno studente cristiano di diciassette anni è stato incarcerato con l’accusa di blasfemia, per aver profanato – questa la denuncia del professore – il nome del Profeta Maometto in un compito scritto.
Il movimento islamico pachistano Jamiat Ulema-e-Islam ha chiesto di processare anche il cittadino americano Raymond Davis per blasfemia, accusandolo di aver oltraggiato la chiamata alla preghiera. Il popolare movimento pachistano ha chiesto al governo di “impiccare Asia Bibi e fare di lei un esempio per tutti quanti vivono nel paese”. Le sorti della più lunga e atroce guerra religiosa del Pakistan sono appese alla vita di una donna minuta. A dicembre è stata condannata all’impiccagione. Se sarà graziata, ha detto l’imam del suo villaggio, “prenderemo la legge nelle nostre mani”.
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